L’isola che non c’è
- di: Andrea Colucci
L'estate 2023 verrà ricordata per una serie di cose. Tre, a mio modo di vedere, eclatanti.
La prima. Il caldo torrido degli ultimi tre mesi che non accenna ancora a smettere e ci ricorda come i cambiamenti climatici incidono e incideranno sempre di più sulla nostra quotidianità.
La seconda. L'imposta sugli extra profitti delle banche, che la Presidente del Consiglio con un blitz agostano ha imposto al sistema bancario italiano con una decisione unilaterale, anzi avocando a sé la decisione. Imposta per me sacrosanta. Speriamo solo che non venga annacquata dal subdolo istituto degli “emendamenti”. Tutto sommato un bello stimolo per ricordare al settore il suo ruolo di sostegno e accompagnamento sociale e imprenditoriale del Paese.
La terza. Le rapine con destrezza che si sono svolte in questa lunga estate su tutto il territorio nazionale. Nessuno le ha chiamate con il nome che meritano. Mi riferisco Alle migliaia e migliaia di pratiche scorrette rivolte a danno dei consumatori, italiani o stranieri che siano, da una serie infinita di categorie commerciali. I carburanti, i trasporti (soprattutto quelli aerei), la ristorazione, i servizi balneari, ma chi più ne ha, più ne metta. Ci siamo capitati tutti, nessuno escluso. Sinceramente, per quel che mi riguarda avrei preferito essere rapinato con destrezza da un gentiluomo alla Arsenio Lupin piuttosto che subire impotente lo sfacciato e incontrollato aumento dei prezzi nella gran parte delle località di villeggiatura, grandi città comprese. Altro che extra profitti, qui siamo alla distorsione totale dei parametri del settore economico che dovrebbe essere il volano del Paese, nonché il suo fiore all’occhiello.
Il ministero del turismo cosa fa? A proposito, dopo anni di comproprietà abbiamo un ministero che si occupa solo di turismo. Cosa fa, dicevamo? Invece, chessò, di istituire, d’accordo con le forze dell’ordine, una task force con ispettori preposti ai controlli - pratica molto facile, peraltro, basta prendere a modello dai manuali base di marketing il “mystery shopping” -, ecco che nel torpore di agosto, con grande clamore mediatico, scopriamo attraverso un annuncio che i tecnici del ministero stanno studiando “ferie accessibili per tutti”. Così, un po’ alla Woody Allen quando, agli inizi della sua carriera, faceva dire al suo indimenticabile Fielding Mellish: “D’ora in avanti la lingua ufficiale del Bananas sarà lo svedese”.
Eppure, basterebbe guardare poco lontano.
Se qualcuno è stato in vacanza recentemente in un'isola della Grecia potrà ben testimoniare di come lì il turismo sia una macchina perfetta, impossibile da incepparsi. Flotte di ultima generazione per i trasferimenti verso le isole, servizi balneari realmente accessibili a tutti (ombrellone e due lettini tra i 7 e i 10 euro come prezzo imposto e praticato da tutti), pranzi e cene in riva al mare o nelle taverne dell'entroterra con prezzi a portata delle tasche di tutti. Una formula sempre uguale a sé stessa ma di infinito successo. Ecco perché in Grecia ci si sente sempre giovani.
È tanto difficile applicare la stessa formula al nostro ineguagliabile patrimonio turistico? Ne beneficerebbero tutti: turisti e categorie commerciali. Anche le istituzioni ci farebbero una bellissima figura, invece di essere in imbarazzo per scontrini con 2 euro sul conto per un piatto vuoto dove dividere una pietanza. Se, tralasciando l’utopia delle vacanze uguali per tutti, fossero garantiti qualità dei servizi e controlli sulle tentate fregature, sicuramente gli italiani si organizzerebbero da soli, come hanno sempre fatto, scegliendo le vacanze che più gli aggradano e alla portata delle loro tasche.
Ma forse qui da noi questa è l’isola (o, Penisola) che non c’è.