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Eni stoppa la quotazione di Plenitude, accorgendosi ora delle turbolenza dei mercati

- di: Redazione
 
Eni stoppa la quotazione di Plenitude, accorgendosi ora delle turbolenza dei mercati
Gli annunci, quando la materia è delicata come quella dei mercati azionari nei Paesi maggiormente industrializzati o dalla forte ''corteccia'' finanziaria, devono essere sempre calibrati. Sia quando si fanno, sia, come nel caso di Eni, che ha rinviato la quotazione in Borsa di Plenitude, quando si cancellano, peraltro infilandosi nella palude delle spiegazioni che non chiariscono nulla. Plenitude è la controllata al 100% di Eni che si muove nel settore del gas, delle fonti rinnovabili e, in ottica molto produttiva, del rafforzamento della rete di punti per la ricarica dei veicoli elettrici, probabilmente uno dei business più redditizi del futuro prossimo. La società, in base agli annunci, tanto cari ad Eni (quando ne fa uno è molto brava a pubblicizzarlo, anche se non sempre lo merita), doveva fare il suo ingresso trionfale in Borsa a metà luglio. Questo sino a ieri, perché, a somiglianza del classico fulmine che attraversa inatteso un cielo nitido che più nitido non si può, è arrivato un altro annuncio, questa volta per dire: scusate, ci siamo sbagliati, non se ne fa nulla per il momento, perché i tempi non sono maturi o, comunque, favorevoli. Non una gran bella figura per il gruppo guidato da Claudio Descalzi che volava ancora sulle ali dell'entusiasmo dopo avere incassato l'accordo con il Qatar sul gas. Ma ora il dietro-front su Plenitude non è che deponga molto a favore del ''divo Claudio'' che, implicitamente, ha dovuto ammettere che i sogni di gloria erano malriposti e che lo scenario quasi idilliaco che si era disegnato per la società verde era leggermente esagerato. 

Non una gran bella figura per il gruppo guidato da Claudio Descalzi

Per dire che non se ne fa nulla, per il momento, si è attesa la chiusura delle contrattazioni, come giusto, peraltro in una giornata che ha punito i mercati, per annunciare la decisione di non procedere, seguendo l'agenda prevista, l'offerta pubblica su Euronext Milan. La nota recita testualmente: ''Dall’annuncio da parte di Eni e Plenitude dell’Intention to Float, lo scorso 9 giugno le condizioni di mercato si sono deteriorate. Malgrado le due società abbiano riscontrato da parte degli investitori un forte e diffuso interesse per Plenitude, nonché un significativo consenso sulla sua strategia, Eni ha valutato che la volatilità e l’incertezza che attualmente coinvolgono i mercati richiedano un’ulteriore fase di monitoraggio. Eni e Plenitude continueranno quindi a monitorare il mercato e a sviluppare la propria strategia di offerta di un’energia decarbonizzata a tutti i propri clienti, attraverso lo sviluppo degli investimenti nelle rinnovabili e nella mobilità elettrica''. Il testo, per quanto chiarissimo, appare quasi autoassolutorio rispetto ad una eventuale critica che possa essere mossa al management per avere agito, annunciando la quotazione, con eccessiva fiducia o, guardandola dal lato opposto, con troppa leggerezza. Un piccolo investitore può consentirsi di sbagliare tempi e modi dei suoi interventi, perché la potenzialità di fare fruttare il suo denaro è proporzionale all'agilità con cui si muove sui mercati, passando da un titolo all'altro, pur rischiando. 

L'Eni simili errori di valutazione non se li può permettere

Ma una azienda come Eni, forse l' ''azienda'' italiana per eccellenza, simili errori di valutazione non se li può permettere. Perché, per assurdo, un conto è dire: ok, sorry, ci siamo sbagliati e ci ritiriamo dall'impresa. Un altro è ammettere di non avere valutato non le oscillazioni del prezzo dei broccoletti di Bruxelles, ma il clima di ''volatilità e incertezza'' dei mercati. Poco importa dello sbandierato ''forte e diffuso interesse per Plenitude'' da parte degli investitori, che lascia il tempo che trova. E', invece, importante e preoccupante, insieme, pensare che un colosso come Eni possa avere ''cannato'' le proprie previsioni al punto da dovere stoppare una operazione che, se fosse andata a buon fine - nonostante le difficoltà dei mercati - avrebbe spianato a Descalzi la strada verso l'Olimpo, piastrellandola di unanimi consensi.  Ma c'è un ultimo interrogativo: su chi cadrà, alla fine, la responsabilità dell'operazione abortita? Perché di qualcuno la colpa deve pure essere, come in ogni brava famiglia italiana quando non ci si accorge, se non aprendolo, che il pacco di biscotti messo in dispensa è scaduto e qualcuno ne paga le conseguenza. Non importa se mamma o papà. 
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