Dai fornelli al pc: il pranzo in 3D è servito!

- di: Barbara Leone
 
Tira proprio una brutta aria per gli amanti del cibo. Anzi, del buon cibo. Quando oramai pensavamo di averle viste, e assaggiate, tutte (farina di grillo in primis), ecco che arriva lei. L’ultima frontiera della cucina 2.0: la stampa in 3D. A dire il vero, se ne parlava già da un po’. Ma adesso gli studiosi stanno mettendo il turbo per arrivare a dama. La notizia arriva dritta dritta dagli States (e come ti sbagli), dove un gruppo di ricercatori del dipartimento di Ingegneria agraria e biologica dell’Institute of Food and Agricultural Sciences dell’Università della Florida stanno sperimentando con successo le applicazioni della stampa in 3D per la riproduzione degli alimenti. Il fine, per carità, è anche nobile. Dal momento che lo studio nasce per fronteggiare a problematiche gravi, come nel caso delle persone che soffrono di problemi di deglutizione (ad esempio la disfagia) e sono costrette ad alimentarsi con cibi morbidi e umidi come lo yogurt o i purè di frutta e di verdura. O ancora in caso di guerre o carestie: aggiungendo un po’ di acqua, infatti, i cibi disidratati ritrovano la forma originaria e la stampa in 3D conferisce loro un aspetto più attraente. L’idea a cui stanno lavorando i ricercatori è dunque quella di riuscire a ripristinare l’aspetto estetico dei cibi: ad esempio, restituire a una carota frullata il suo aspetto originario. Parlando di spreco alimentare, invece, si vuole addirittura trasformare il cibo avanzato.

Stampa 3D per il cibo: il futuro dell'alimentazione?

Come? Facile: il pane che resta viene ricaricato nella stampante e diventa una ciotola. Idem per altri alimenti. Quindi in pratica ci riempiremo la casa di piatti e tazze che altro non sono se non broccoli e bignè avanzati. Anzi no, i bignè non avanzano mai. La più grande svolta, però, sarà sicuramente quelle delle diete. Perché finalmente potremo buttar giù i chili di troppo mangiando finocchi e lattuga sotto forma di lasagna. Vabbè, c’è il piccolo dettaglio delle papille gustative ma quello è, appunto, un dettaglio. Tutto bello, bellissimo e ipertecnologico. E però sta fissa che oramai hanno gli scienziati di smontare e rimontare i cibo manco fosse una libreria dell’Ikea ha un che di sgradevole. Semplicemente stride con l’essenza stessa del cibo quale nutrimento e momento di convivialità. O anche di educazione. Perché le nostre mamme ci hanno giustamente insegnato che quello che trovi in tavola ti mangi. E chi più chi meno, tutti da piccoli abbiamo protestato davanti ad un triste piatto di minestrone o all’ancor più triste merluzzo bollito. Ma abbiamo fatto pippa e zitti. Anche perché l’alternativa era il digiuno, e comunque quello che lasciavi a pranzo te lo ritrovavi a cena. Col cibo in 3D le mamme potranno facilmente risolvere il problema trasformando una insignificante carotina lessa in una appetitosa pizza margherita. Stiamo esagerando, certo. Ma pure la scienza forse esagera un po’. Che esista un problema legato all’alimentazione è più che vero. Perché siamo tanti a mangiare troppi, e troppi a mangiare poco o niente. Detto chiaro chiaro: se non ci diamo una regolata in un futuro neanche troppo lontano le risorse del pianeta non basteranno a sfamare se non una minima parte della popolazione. E no. La soluzione non è né la farina di grillo né la carne sintetica. Ma, molto più banalmente, la graduale riduzione dei consumi e, soprattutto, della produzione. Specie di certi alimenti, carne in primis. Finchè non capiremo che abbiamo tutti una quota di responsabilità, che inizia dal carrello della spesa e finisce nel piatto, non ne usciremo mai. Hai voglia poi a stampare panini e lasagne. Per molti, la maggior parte, il cibo resterà una chimera. O un disegno sul foglio. 

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