Covid-19: un giro di vite necessario, ma doloroso

- di: Redazione
 
Il governo ha dovuto prendere atto che questo Paese non ha la maturità necessaria per fronteggiare il dilagare del Covid-19 (spinto dalla grande aggressività della variante Omiron), decidendo una serie di misure che dovrebbero fronteggiare il riesplodere della pandemia.

Misure necessarie perché i numeri dei contagi e dei decessi sono diventati nuovamente preoccupati, soprattutto in un periodo in cui, tradizionalmente, le occasioni per incontrarsi e stare assieme aumentano in modo esponenziale e con il rischio che gli spostamenti domestici (da regione a regione) diventino un moltiplicatore di nuovi casi.

Ma la stretta, necessaria per quanto possa essere, è anche una piccola sconfitta per chi sperava che, anche grazie ad una informazione che ha ormai assunto la forma di un bombardamento quotidiano, la gente prendesse consapevolezza che con questo virus non si scherza e che solo la prevenzione (i vaccini) può aiutare ad uscirne con i minori danni possibili.

Questo messaggio però stenta ad arrivare, come dimostrano alcuni elementi. 

Innanzitutto la ritrosia di chi, pensando che il virus con il progredire della campagna vaccinale, sia sotto assedio, ritiene che la cautela (come l'uso delle mascherine anche all'aperto) sia un atto di prudenza esagerata.

 C'è, poi, però anche un certo lassismo di chi, avendo la responsabilità che le ordinanze (comunali e regionali) in materia sanitaria siano attuate, non si è attrezzato perché questo accada. Così, purtroppo, non è, come dimostrano i dati della Capitale che segnalano centinaia di sanzioni dei vigili urbani per chi non indossava la mascherina in un determinato quartiere, mentre nel resto della città è scattato un 'tana libera tutti', con migliaia di persone a passeggiare, nelle ultime ore dedicate allo shopping, senza un minimo di protezione del virus.

Qui poco o nulla c'entra il fanatismo dell'ala più estremistica dei no vax (che hanno fatto delle scelte, accettando che magari ci possano anche lasciare la vita), ma il fatto che, una volta adottate le misure, bisognava approntare la macchina repressiva nei confronti di chi non le applica.

Come comunità nazionale (senza includervi coloro che rifiutano i vaccini e, specie peggiore, quelli che simulano d'averli ricevuti e fanno finta di niente, aumentando il pericolo di contagi) abbiamo affrontato, nei quasi due anni della pandemia, delle prove durissime che però non sono ancora finite. 

L'impegno dello Stato (o, per meglio dire, del Governo) dovrebbe essere innanzitutto quello non solo di licenziare ordinanze e provvedimenti, ma anche di creare la necessaria rete di controlli oggi solo abbozzata. Solo così, solo frapponendosi al dilagare dei contagi con misure di contenimento che siano fatte rispettare, potremo dire che la pandemia può essere sconfitta. Scrivere delle regole e non dotarsi degli strumenti minimi di controllo è sparare ad un rinoceronte con un fucile caricato a salve.
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