Confcooperative: Gardini, mancano 233mila lavoratori, per economia danno da 21 mld

 
«Oltre 21 miliardi, l’1,2% del Pil, è il conto, salato, che il Sistema Italia paga a causa del mancato incontro tra l’offerta e la domanda di lavoro.  Quello che il nostro Paese sta vivendo è un paradosso che non possiamo continuare ad alimentare: l’economia è in ripresa, le aziende vogliono assumere, ma mancano all’appello oltre 233mila profili professionali adeguati alla richiesta. Se le imprese fossero riuscite ad assumere tutto il personale di cui hanno bisogno, la crescita del Pil nel 2021 sarebbe salita dal 5,9% al 7,1%». Così Maurizio Gardini presidente di Confcooperative commenta il focus Censis Confcooperative “Mismatch, il grande gap da sanare. La ripresa c’è, i lavoratori no”. 

«Il lavoro non può diventare un vincolo al consolidamento della ripresa, occorre uno scatto in avanti, passando da politiche passive a politiche attive per l’occupazione. Un “Patto sociale” tra governo, imprese e sindacati. Non vedere le cose da questa prospettiva – aggiunge Gardini – significa non solo rischiare di perdere le opportunità di crescita per i prossimi anni, ma anche di alimentare quella disaffezione al lavoro che si aggira minacciosamente e che può condizionare negativamente gli esiti di tanti impegni orientati alla ripresa con 2,3 milioni di disoccupati, 1 su 3 giovani e 3 milioni di Neet, la metà donne».

La mancanza di competenze e di profili che le imprese reclamano per sostenere i propri obiettivi di crescita e di sviluppo si aggirano come uno spettro lungo il cammino della ripresa post – Covid per l’Italia. Sono mancati strumenti e meccanismi di sistema in grado di affrontare il disallineamento fra domanda e offerta di lavoro. Va rilanciata la formazione di competenze che supportino i processi di cambiamento e appare fondamentale il protagonismo che possono assumere gli Istituti tecnici. La soluzione praticata in questi ultimi anni di tamponare l’insorgenza della povertà anche di chi è occupato è stata sacrosanta, ma senza affrontare alla radice il tema dell’occupabilità. Vanno migliorati gli strumenti di collocamento pubblici con l’aiuto dei privati.

La mancanza di oltre 233mila lavoratori pesa sul PIL per l’1,2%: Nel secondo trimestre 2021 nell’Industria e nei Servizi, il numero dei posti vacanti supera la soglia di 233.500 persone. Il potenziale valore economico annuale di questo aggregato – misurato attraverso il prodotto interno lordo per occupato dipendente - si aggira intorno ai 21 miliardi di euro. Si tratta in sostanza di un “patrimonio” che a causa delle frizioni e dei disallineamenti fra domanda e offerta resta inerte, senza essere immesso nel circuito economico.

Per il 2021, dando per confermata la stima di crescita del Pil al 5,9% accreditata dall’OCSE, si prevede un prodotto interno lordo pari a 1.751 miliardi di euro, 97,6 miliardi in più rispetto al “terribile 2020”, sebbene non sufficienti a recuperare i valori precedenti la crisi.

Se le imprese italiane attive nell’industria e nei servizi avessero potuto inserire nei loro organici tutta questa forza lavoro, il Pil del 2021 avrebbe raggiunto una cifra di poco superiore ai 1.770 miliardi, senza contare gli effetti positivi sui livelli di occupazione e reddito disponibile e nei tempi di recupero della ripresa.
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