Columbia Threadneedle Inv- Inflazione in calo: quali sono i prossimi passi?

- di: Steven Bell, Chief Economist EMEA di Columbia Threadneedle Investments
 
Rispetto ai livelli registrati nella prima parte dell’anno, l’inflazione, compresa la componente core, dei principali Paesi ha registrato un calo significativo che non ha innescato una recessione. Di conseguenza, le principali banche centrali hanno mantenuto stabile la loro politica monetaria, portando a termine, o comunque ad una battuta di arresto, l’aggressiva strategia rialzista. Nonostante l’ottima notizia, adesso i banchieri si trovano ad affrontare livelli di inflazione core ben al di sopra del 2%, senza alcuna garanzia che le tendenze al ribasso proseguiranno. Tuttavia, la situazione risulta alleggerita dalla presenza di mercati del lavoro stabili: la disoccupazione, infatti, è ai minimi storici o quasi.

Il Regno Unito presenta, tuttavia, un netto ritardo nel processo di disinflazione rispetto alle altre economie. Il divario dovrebbe ridursi in modo significativo questa settimana: le stime indicano un calo del 2% per l’inflazione complessiva in UK, passando dal 6,7% al 4,7%; mentre, per quanto riguarda l’inflazione core, è probabile che questa scenda al 5,8%, attestandosi comunque ben al di sopra dell’obiettivo della Banca d’Inghilterra. In questo scenario, la BoE ha davanti due opzioni: aumentare i tassi o tenerli fermi. Durante l’ultima riunione, sei membri hanno votato per mantenere stabili i tassi, mentre solo tre membri hanno espresso la loro preferenza per un ulteriore rialzo. A ben vedere, la maggior parte delle banche centrali sta vivendo una situazione più o meno simile.

Daro il contesto economico attuale, prevediamo un aumento della disoccupazione nel prossimo semestre. A tal proposito, i recenti dati sulla disoccupazione negli Stati Uniti mostrano un rialzo di mezzo punto percentuale: dal 3,4% di aprile al 3,9% di novembre. Sebbene si tratti di un piccolo aumento, se questo si verificasse su una media mobile a 3 mesi, farebbe scattare la regola di Sahm. Quest’ultima, in precedenza, aveva definito con precisione la tempistica delle passate recessioni statunitensi, superando la più nota regola della curva dei rendimenti. Negli Stati Uniti l'occupazione continua a crescere, ma l'offerta di lavoro, guidata dall'immigrazione, aumenta più rapidamente. Al momento prevediamo che la regola di Sahm possa verificarsi all'inizio del 2024.

Nel resto dell’Europa, invece, non esiste un equivalente della regola di Sahm. In effetti nell'Eurozona la disoccupazione è ai minimi storici ma, considerando una crescita stagnante, è possibile ipotizzarne un aumento durante i mesi invernali. Un trend che dovrebbe essere accompagnato da un'inflazione di fondo molto più bassa; JP Morgan stima che il tasso annualizzato a 3 mesi scenderà al 2,4% entro la fine dell'anno.

Nel Regno Unito, la misurazione dei salari e della disoccupazione risulta maggiormente complessa, dato che le principali fonti di dati in questo settore sono state abbandonate dall'Office for National Statistics (ONS) a causa del basso tasso di risposta al sondaggio. Fortunatamente, l'ONS dispone di fonti alternative che dimostrano un forte calo dell'inflazione salariale. Se, come sembra probabile, questo si tradurrà in un ulteriore miglioramento dell'inflazione di fondo, la banca centrale potrà prendere in considerazione la possibilità di tagliare i tassi di interesse.

Nel complesso, ci aspettiamo che si verifichino tagli significativi dei tassi di interesse da parte delle principali banche centrali nel 2024. I dati sull'inflazione statunitense di questa settimana potrebbero suggerire che il calo dell'inflazione di base si sia arrestato. Crediamo che la lotta contro l’inflazione non sia ancora stata vinta, ma i venti giocano ora a nostro favore, portando un sospiro di sollievo sia per le obbligazioni che per le azioni.
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