Addio a Toto Cutugno, un signor autore sempre snobbato dai radical chic. Almeno fino a oggi

- di: Barbara Leone
 
Nell’Italia di oggi, dove basta un reality o un pugno di like sui social per diventare famosi, Toto Cutugno molto probabilmente sarebbe una star. Di sicuro riceverebbe meno critiche snob. Perché basterebbe il suo successo internazionale ad innalzarlo nell’Olimpio dei grandi, come successe anni addietro a Bocelli o più recentemente al Volo. La storia per lui è andata diversamente, perché successo e riconoscimento non sono quasi mai andati di pari passo. La verità è cha a Toto Cutugno, spentosi ieri a Milano all’età di 80 anni appena compiuti, non ce lo siamo mai filati. Perché era l’autore sanremese per antonomasia, tutto patria e famiglia, amori, mamme e figli. E poi quell’Italiano vero… roba da orticaria. Lo snobbavamo noi, figli ribelli degli anni Ottanta, e pure i più attempati giornalisti. Che pure quando nel 1990 a Sanremo gli conferirono il Premio per la critica, e per Toto Cutugno quella fu una immensa gioia, lo fecero solo (o quasi) per omaggiare Ray Charles che duettò con lui. Salvo poi denigrarlo con titoli sprezzanti come “Dio salvi Ray Charles” (su Repubblica dell’epoca, giusto per dirne uno). Eterno secondo anche se, per la cronaca, un Festival di Sanremo lo vinse nel 1980 con “Solo noi”. In un Paese come il nostro, che per un niente ti appioppa addosso un’etichetta, Toto Cutugno era, e forse sempre sarà, quello dei buoni sentimenti. Come se i buoni sentimenti siano qualcosa di cui vergognarsi o, peggio, da disprezzare. Troppi ignorano, o fanno finta di ignorare, che fu un signor autore. Soprattutto per Celentano.

È morto Toto Cutugno

Due titoli su tutti: “Soli” e “Il tempo se ne va”. Troppi ignorano, o fanno finta di ignorare, che Toto Cutugno ha dato luce alla cosiddetta melodia, senza la quale non esisterebbe nessuna canzone di successo. Che possa piacere o non piacere, se ascoltiamo il suo immenso repertorio troviamo progressioni armoniche bellissime e di altri tempi, difficilmente (per non dire impossibile) rintracciabili nelle produzioni musicali dei giorni nostri. Troppi ignorano, o fanno finta di ignorare almeno fino a ieri perché da oggi è come sempre un profluvio di ipocrite lodi, che al di là dei personali gusti Toto Cutugno è stato un grande ambasciatore della musica popolare italiana nel mondo. Schietto, a tratti ruvido, indiscutibilmente genuino, Toto Cutugno ha tratteggiato con candore e senza grandi pretese un’Italia semplice, essenziale. Ma non povera. Anzi. Più ricca di ora,  sia come valori umani sia dal punto di vista politico sociale ed economico. Un’Italia senza troppi ingredienti, un po’ come le sue creazioni, ma buona e sincera come il profumo del pane appena sfornato. Un’Italia di cui si poteva ancora essere romanticamente innamorati, autentica e vera, riecheggiando il titolo della sua canzone più famosa. La verità è che, piaccia o non piaccia, Toto Cutugno è stato un egregio artista ed un eccellente professionista spesso disistimato ed osteggiato da una spocchiosa critica esterofila e da chi forse mai ha toccato un sol tasto di pianoforte nella propria vita. Ed è stato una persona perbene. Un italiano perbene. Vero come le sue canzoni che sapevano di buono….  Perché alla fine le canzoni, tutte anche quelle che non ci piacciono, nel tempo diventano fotografie del nostro tempo più bello. Il tempo che se ne va, e che ci mette sempre addosso un po’ di malinconia.
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Italia Informa n° 2 - Marzo/Aprile 2024
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