Usa 2024: l'America consegna il futuro dei suoi giovani (e del mondo) a due strambi ottantenni
- di: Redazione
Il Paese delle opportunità, quello che si ammanta, in ogni sua espressione, del gusto di celebrarsi, mettendosi un gradino sopra gli altri, ha deciso: nel quadriennio che comincerà, ufficialmente, nei primi giorni del 2025, affiderà sé stesso e il suo futuro a un anziano. Una definizione che si attaglia perfettamente ai due contendenti, Joe Biden e Donald Trump, che, in quella data, avranno rispettivamente 82 anni e 78 anni.
Uno di questi due anziani (tali almeno dall'incontrovertibile punto di vista anagrafico), quindi, si insedierà in un luogo fisico, politico, economico e, purtroppo, anche militare, di importanza a dir poco fondamentale, quando invece la quasi totalità dei loro coetanei americani stanno a casa, a godersi la famiglia, a guardare in tv la finali del campionato universitario di football magari sbocconcellando popcorn e a pensare al prossimo barbecue nella backyard.
Loro no, sapendo che, come diceva Victor Kruger in ''Highlander'', alla fine non ne resterà che uno.
Usa 2024: l'America consegna il futuro dei suoi giovani (e del mondo) a due strambi ottantenni
Loro, che pure infilano quasi quotidianamente delle gaffe che ne sottolineano l'età non è più verde, hanno deciso di tornare a mettersi alla prova, in quella che, già oggi, appare una lotta tra traballanti persone, una delle quali avrà responsabilità enormi, che nemmeno il collaudato sistema democratico statunitense può mettere al riparo da un errore che potrebbe avere conseguenze irreparabili.
Qui non stiamo facendo il processo all'età dei due contendenti, ma all'evidenza che la loro età non è un indicatore di esperienza, ma, in questo caso, una variabile da tenere in conto per il futuro.
È certo comunque che Biden e Trump hanno visioni diverse, anzi antitetiche.
Cosa che, nel caso di vittoria del repubblicano, porterebbe ad esempio ad una applicazione selvaggia del principio dello spoil system, che, per quanto accettato, se attuato in modo massiccio comporta il pericolo di un vuoto di potere nella delicatissima fase della transizione.
E, in alcuni specifici settori, il rischio che si potrebbe correre è che Trump voglia dare esecuzione immediata alle promesse che sta facendo nella sua campagna elettorale. A cominciare dalla lotta all'immigrazione irregolare che, al confine con il Messico, porta migliaia di disperati quotidianamente a tentare di raggiungere il loro El Dorado.
Una bomba sociale, ma anche di pubblica sicurezza, cui Trump vuole rispondere alla luce di misure muscolari che lascerebbero, a sud del confine con il Messico, una situazione a dir poco esplosiva, in un Paese che peraltro affronta quotidianamente la sanguinaria sfida dei cartelli dei narcos.
A guardare come sta evolvendo la situazione politica negli Stati Uniti, chiunque in Europa abbia a cuore le sorti future dei popoli del Vecchio Continente dovrebbe avere un minimo di preoccupazione. Perché, senza considerare le pecche che Biden si porta dietro (a cominciare dell'evidenza del suo progressivo apparire distaccato dalla realtà fattuale), quello che Trump prevede, ipotizza, minaccia è uno scenario con una forte incidenza di politiche protezionistiche che, in un panorama di economia globale, avrebbero ripercussioni in casa nostra.
Una ondata di nuove e più alte barriere doganali nuocerebbe in prima battuta all'economia europea che ha nel mercato americano il suo principale sbocco. Ma la speranza è che, nel caso di sua elezione, Donald Trump ricorra non al solito armamentario di misure annunciate con toni da Capitan Fracassa e poi saggiamente addolcite, ma a politiche ''ragionate'', dopo avere messo in cassaforte la vittoria. E magari che ripensi alla palese avversità verso la Nato, in un momento storico in cui l'Alleanza atlantica appare come l'unico baluardo all'espansionismo (verso ovest) di Mosca.