Usa 2020: le agenzie della sicurezza bocciano le teorie complottiste di Trump

- di: Brian Green
 
Mentre i pretoriani di Donald Trump, seguendo l'esempio del ''comandante'', continuano a sostenere che le elezioni presidenziali sono state inquinate da brogli, corruzione e violenze anche fisiche nei confronti di votanti di fede repubblicana, la agenzie americane di sicurezza respingono ogni ipotesi complottista.
Le agenzie di sicurezza elettorale americane hanno dichiarato giovedì di non avere "prove" di un attacco presidenziale, contraddicendo così Donald Trump, che l'opposizione accusa di avvelenare la democrazia rifiutandosi di riconoscere la sua sconfitta.

Con una dichiarazione congiunta - che non è pratica frequente negli Stati Uniti - diverse autorità di sicurezza elettorale, sia a livello locale che statale, hanno attestato che quelle del 3 novembre sono state le elezioni più sicure della storia degli Stati Uniti. A definire meglio la qualità della dichiarazione contribuisce il fatto che è stata sottoscritta, tra gli altri, anche dalla Cybersecurity and Infrastructure Security Agency (CISA), che dipende dal potente Dipartimento per la sicurezza interna, la Homeland Security.

Nella nota si sottolinea che il sistema di voto non sia stato ''in alcun modo" violato con il ricorso a schede cancellate, perse o modificate.
"Sebbene sappiamo che il nostro processo elettorale è oggetto di molte affermazioni infondate e campagne di disinformazione, possiamo assicurarvi - dicono le agenzie - che abbiamo assoluta fiducia nella sicurezza e nell'integrità delle nostre elezioni".

Questa presa di posizione delle agenzie preposte alla sicurezza, anche al massimo livello, è giunta a distanza di poche ore dalle ennesime esternazioni di Trump su Twitter a sostegno dell'ipotesi di essere vittima di un complotto su scala nazionale. Poi, a rendere ancora più amara la giornata del presidente, il sistema elettorale chiamato Dominion ha ''cancellato'' 2,7 milioni di voti a suo favore in tutto il Paese (a cominciare dalla Pennsylvania), riassegnandone centinaia di migliaia al suo rivale democratico.
Secondo alcuni media statunitensi, Trump starebbe decidendo se licenziare il capo dell'agenzia governativa CISA, Chris Krebs, che, dopo il voto, si è ripetutamente espresso contro le accuse di frode elettorale su larga scala, diventato il cavallo di battaglia del presidente.

La situazione che si è determinata, soprattutto a causa della decisione di Trump di contestare, ovunque sia possibile, l'esito delle elezioni a lui avverso sta avendo contraccolpi in casa repubblicana. Mentre solo uno sparuto gruppo di congressmen repubblicani ha subito riconosciuto la vittoria di Biden, altri hanno scelto il silenzio o si sono schierati con Trump, che continua a sostenere che le elezioni gli siano state "rubate", anche se, sino ad oggi, non ha portato prove a sostegno delle sue accuse.
Il perché di questo atteggiamento è, secondo Chuck Schumer, leader della minoranza democratica al Senato, facilmente spiegabile: "I repubblicani del Congresso stanno deliberatamente seminando dubbi sulla nostra elezione semplicemente perché temono Donald Trump. (...). Abbiamo appena attraversato un'elezione presidenziale divisiva e conquistata a fatica, ma invece di riunire il Paese in modo da poter combattere il nostro nemico comune, il Covid-19, i repubblicani al Congresso stanno diffondendo teorie del complotto, negando la realtà e avvelenando le basi della nostra democrazia".

Una analisi cui fanno eco le parole di 150 ex alti funzionari statali che, in una lettera rivolta a Biden, hanno affermato che "il rifiuto dell'amministrazione Trump di ammettere la sconfitta - una rottura storica con gli usi tradizionali della politica statunitense - pone un serio rischio per la sicurezza nazionale".
I firmatari (sia democratici che repubblicani. Come l'ex capo del Pentagono Chuck Hagel e Michael Hayden, che ha guidato la National Security Agency e la Cia) chiedono a Biden di poter accedere alle informazioni necessarie per affrontare pressanti questioni di sicurezza nazionale, come il rapporto quotidiano che il presidente riceve sulle minacce agli Stati Uniti e al mondo.
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