Donald Trump, presidente degli Stati Uniti e promotore del celebre slogan “Make America Great Again”, si trova oggi a fronteggiare un livello di impopolarità mai registrato da un leader occidentale contemporaneo. La promessa di riportare la potenza americana ai fasti del passato sembra essersi trasformata in un boomerang politico.
Trump, l’America e l’ombra del declino: "Make America Great Again" non funziona più
Secondo il sondaggio pubblicato dal network europeo Euronews e rilanciato dal think tank ECFR, Trump è oggi percepito come il leader più impopolare del pianeta tra le opinioni pubbliche delle grandi democrazie. In diversi Paesi europei, asiatici e sudamericani, la fiducia nella sua leadership è ai minimi storici, con effetti tangibili sulla percezione globale degli Stati Uniti.
Lontano dagli alleati, vicino alla diffidenza
Il distacco tra Washington e le cancellerie europee, già evidente in passato, si è allargato con il ritorno di Trump alla Casa Bianca. Le sue posizioni unilaterali, il disimpegno da alcuni trattati multilaterali e il costante ricorso alla retorica del primato americano hanno isolato gli Stati Uniti in più di un’occasione. L’idea di un’America leader morale e politico del mondo è oggi messa in discussione da chi, fino a pochi anni fa, ne era il principale alleato. L’ultima indagine mostra come la fiducia nei confronti di Trump sia crollata anche in Paesi tradizionalmente vicini come Germania, Francia, Giappone e Canada.
La crisi dello storytelling presidenziale
Lo slogan che aveva galvanizzato milioni di americani nel 2016 oggi sembra svuotato. “Make America Great Again” non mobilita più con la stessa forza, soprattutto al di fuori dei confini interni. La retorica della supremazia americana, che per decenni ha rappresentato un pilastro dell’influenza globale, oggi produce diffidenza, resistenza e persino derisione. Il linguaggio bellico, i toni muscolari, le sfide frontali con i media e le istituzioni internazionali appaiono come strumenti logori, inadeguati a fronteggiare una realtà multipolare. La leadership statunitense, sotto Trump, appare più autoreferenziale che trainante.
Il confronto con altri leader globali
Nel confronto con altri capi di Stato e di governo, Trump emerge come il più divisivo. Anche figure con posizioni dure, come Vladimir Putin o il cinese Xi Jinping, risultano in alcuni Paesi meno temute o respinte. La ragione è duplice: da un lato, la prevedibilità strategica degli avversari dell’Occidente, dall’altro l’imprevedibilità trumpiana, vista come una minaccia tanto agli equilibri geopolitici quanto agli standard democratici. L’idea che gli Stati Uniti non siano più un modello, ma un problema, si fa strada nei sondaggi, modificando la narrativa sul ruolo globale americano.
L’Europa si interroga sull’alleanza atlantica
La crisi di consenso del presidente americano non è solo un fatto di immagine: mette in discussione la tenuta dell’intero patto transatlantico. In molte capitali europee cresce la tentazione di emanciparsi dall’ombrello statunitense, tanto in campo militare quanto economico. Il progressivo raffreddamento delle relazioni, già evidente con la gestione dei dossier Nato, Medio Oriente e Ucraina, potrebbe accelerare una ridefinizione degli equilibri. In questo contesto, l’isolamento personale di Trump diventa il simbolo di una superpotenza che fatica a riconoscere e ad accettare il proprio ridimensionamento.