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Terre rare, la Cina stringe il controllo: più licenze ma sotto sorveglianza

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Terre rare, la Cina stringe il controllo: più licenze ma sotto sorveglianza

La Cina rafforza la presa sul mercato delle terre rare annunciando un’accelerazione nella revisione delle domande di esportazione. Il Ministero del Commercio ha confermato che diverse richieste sono già state approvate e che il governo intende “rafforzare ulteriormente il processo di autorizzazione”, segnalando così una doppia traiettoria: più celerità, ma anche più controllo.

Terre rare, la Cina stringe il controllo: più licenze ma sotto sorveglianza

Il messaggio è chiaro: la Cina vuole mantenere il primato su una filiera globale decisiva, rassicurando i mercati ma continuando a dettarne le condizioni. È una mossa calibrata che arriva in un momento in cui l’Occidente tenta di emanciparsi dalla dipendenza cinese senza avere ancora alternative solide.

La leva strategica delle materie critiche
Le terre rare, fondamentali per tecnologie verdi e dispositivi ad alta intensità tecnologica, sono ormai un punto nevralgico nella geopolitica globale. Con oltre il 60% della produzione mondiale e quasi tutta la capacità di raffinazione, Pechino è consapevole di detenere una leva strategica che può influenzare l’economia di interi continenti. I precedenti parlano chiaro: già in passato, la Cina ha usato la leva delle esportazioni come strumento di risposta politica, limitando l’accesso a Paesi con cui i rapporti erano deteriorati. Ora però il messaggio è più sofisticato: cooperazione sì, ma alle condizioni di Pechino.

Controllo normativo e apparente apertura
Il portavoce del ministero ha chiarito che l’approvazione delle licenze seguirà le leggi interne, senza deroghe o corsie preferenziali. Dietro l’impegno per la “stabilità delle catene di approvvigionamento” si cela in realtà una centralizzazione ancora più rigida del processo autorizzativo. È un messaggio che rassicura gli attori industriali globali solo in parte: l’accesso non è negato, ma è sempre condizionato dalla volontà politica e dalla convenienza strategica di Pechino. La Cina si presenta come attore affidabile, ma non rinuncia a governare il flusso con criteri che riflettono le sue priorità interne.

Dialogo internazionale sotto osservazione

Pechino ha lasciato intendere di voler migliorare il dialogo con i partner esteri, in particolare con l’Unione Europea e gli Stati Uniti. Ma questo dialogo avviene in un quadro di profonda asimmetria: mentre l’Occidente cerca di diversificare le fonti e ricostruire filiere alternative, la Cina consolida la propria posizione e rafforza i meccanismi interni di sorveglianza. L’apparente apertura non equivale a una rinuncia al controllo. Al contrario, la trasparenza promessa sembra funzionale a rafforzare il potere di regolazione del governo cinese, evitando critiche ma senza cedere su nulla di essenziale.

L’equilibrismo cinese tra mercato e dominio
Il nuovo corso sull’export di terre rare conferma la strategia cinese di presidio attivo sulle risorse critiche. Accelerare le autorizzazioni non significa liberalizzare: vuol dire rendere più efficiente un potere di controllo che resta pienamente nelle mani di Pechino. Mentre le economie occidentali si affannano per ridurre la dipendenza e rilocalizzare produzioni strategiche, la Cina affina gli strumenti per rimanere arbitro del gioco. Le terre rare sono oggi ciò che il petrolio è stato per decenni: una fonte di influenza globale. E la Cina, pur parlando il linguaggio della cooperazione, mostra di saper esercitare quel potere con lucida determinazione.

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