"Spare", sul mio scaffale, finirà tra "Ulisse" e "Moby Dick"

- di: David Lewis
 
Ci sono dei libri, soprattutto quelli preceduti da un battage pubblicitario spropositato, che sembrano avere un destino segnato, al quale proprio non si possono sottrarre: finire su uno scaffale a prendere polvere senza che mai venga aperto, sfogliato, letto.

"Spare", sul mio scaffale, finirà tra "Ulisse" e "Moby Dick"

Non c'entra il contenuto, che può anche essere interessante o addirittura pregevole, ma proprio perché, volendo esagerare, non si sopportano. Prendiamo 'Spare', il libro di Harry che ha battuto ogni record di vendite per un testo in inglese (lo dice la casa editrice Penguin Random House, che, alla prima tiratura da due milioni di copie, ne sta facendo seguire un'altra per stare dietro alle vendite). Se si gira per le librerie, si vede che la gente o compra. Forse non fa proprio la fila, ma certo traduce il suo interesse in un acquisto. Eppure a me, cittadino medio del Regno Unito, suddito fedele, ma non sempre convinto della Corona, questo libro interessa poco, e non certo per il suo contenuto, abbondantemente annunciato dalle sterminate interviste televisive del principe, di cui, confesso, ignoravo l'animus pugnandi, almeno in un libro. Di cui lui forse non ha scritto nemmeno una riga, ma questo, nel Paese culla dei ghost writer, chissà perché non mi sorprende. No, a rendermelo leggermente difficile da accettare è il clima di parossismo che lo ha circondato prima, durante e dopo l'uscita, quasi che il mondo intero fosse in attesa di conoscere verità nascoste e inconfessabili.

D'altra parte, se davanti ad un microfono, dici che tuo fratello ti ha picchiato, che tuo padre sospetta di non esserlo, che la tua matrigna è cattiva e crudele, non credo che sia una letteratura che possa essere apprezzata da chi ama leggere bei testi e non una elencazione di presunte cattiverie che ti sono state riservate sin dal tuo primo vagito.
Ma questo significa che non lo comprerò? E' probabile, ma potrei anche arricchire quella parte della mia biblioteca in cui finiscono libri che non leggerò mai e che mi spingeranno sempre, guardandoli, a chiedermi perché mai li abbia comprati. A dire il vero, nella stessa parte della mia biblioteca, c'è uno scaffale che considero un rimprovero continuo alla pigrizia e alla incapacità di concentrarsi. C'è 'Ulisse' di James Joyce, c'è ''Moby Dick', di Herman Melville, forse anche 'Agosto 1914', mio personale monumento all'incapacità di resistere alla prosa di Aleksandr Solzenicyn (anche se credo di averlo regalato a qualche amico che non amavo particolarmente).

'Spare' comunque va benissimo e rischia di essere il caso letterario degli ultimi anni. Ma, se devo essere sincero, se capisco chi lo compra in Gran Bretagna (come sorprendersi, guardando quanta gente legge i tabloid) , proprio mi sfugge il senso di chi non è suddito si Sua Maestà eppure si sottopone allo strazio di un ex ragazzo che lucra - diciamolo chiaramente - sul suo passato per puntellare il futuro suo, della moglie e dei figli. C'è da stare sicuri che le cose che Harry ha affidato alle penna di chi l'ha aiutato (J.R. Moehringer, mica uno da nulla, è stato premio Pulitzer) sono vere, nel senso che lui le ha percepite così, ma sono le stesse che, fatte e debite proporzioni, sono presenti in ogni famiglia normale. Certo lui è Harry il principe, mica Conor McBride, elettricista di Edimburgo, che magari ne ha patite più di lui, ma le cui vicende non interessano a nessuno.
Comunque la monarchia ce la farà anche questa volta perché in lei identifichiamo il Paese, come per noi Elizabeth è stata prima giovane regina, madre attenta, nonna amorevole. Come le donne ''normali''.
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