Il Documento di Finanza Pubblica 2025, erede diretto del DEF, ha superato il vaglio del Senato con l’approvazione della sola risoluzione unitaria di maggioranza. La sottosegretaria all’Economia Lucia Albano, intervenuta in Aula a nome del Governo, ha comunicato il parere favorevole esclusivamente per l’atto firmato dai capigruppo Lucio Malan (Fratelli d’Italia), Maurizio Gasparri (Forza Italia), Massimiliano Romeo (Lega) e Micaela Biancofiore (Noi Moderati). Escluse, senza possibilità di mediazione, le cinque risoluzioni alternative depositate dalle opposizioni: Partito Democratico, Movimento 5 Stelle, Azione, Italia Viva e Alleanza Verdi-Sinistra.
Documento di Finanza Pubblica 2025: il governo sceglie la linea dell’autosufficienza
Un approccio che segna una linea politica chiara: la maggioranza difende in blocco l’impianto del DFP, respinge le critiche delle minoranze e rivendica l’autonomia delle proprie scelte di politica economica. Ma l’atteggiamento escludente ha riaperto le tensioni nel confronto parlamentare, lasciando aperto il nodo politico del coinvolgimento dell’opposizione nelle grandi scelte di bilancio.
I contenuti della risoluzione accolta
La risoluzione approvata dà copertura politica piena al Documento, rafforzandone i presupposti macroeconomici e le direttrici strategiche. Si conferma l’impegno del governo a contenere il disavanzo, con un deficit al 3,5% del PIL nel 2025, in calo rispetto all’anno precedente, e con una traiettoria discendente del debito pubblico, stimato in riduzione di un punto percentuale. La crescita è data all’1,2%, con stime prudenti in linea con le nuove previsioni internazionali.
Particolare enfasi viene posta sulla necessità di continuare le riforme legate al PNRR, accelerare gli investimenti pubblici e garantire uno spazio fiscale per interventi mirati a favore delle famiglie e delle imprese. Il linguaggio della risoluzione insiste sulla “prudenza responsabile”, una formula che traduce la volontà dell’esecutivo di rassicurare Bruxelles in vista del ritorno delle regole del Patto di Stabilità, senza rinunciare ad alcune leve anticicliche sul piano interno.
Le risoluzioni respinte e il nodo della rappresentanza
Le proposte avanzate dalle opposizioni miravano a integrare il quadro con misure ritenute più incisive sul fronte del welfare, del salario minimo, della transizione ecologica e della fiscalità progressiva. Il Partito Democratico aveva chiesto un’impostazione più redistributiva, puntando su una riforma strutturale dell’Irpef. Il Movimento 5 Stelle ha insistito sulla necessità di un intervento straordinario per il contrasto alla povertà energetica. Azione e Italia Viva hanno chiesto una svolta più espansiva in nome della crescita e della produttività.
Tutte queste impostazioni sono rimaste fuori dal perimetro della risoluzione approvata. Il Governo ha scelto di non aprire nessun canale negoziale, facendo leva sulla propria autosufficienza numerica. Una scelta tecnicamente legittima, ma politicamente divisiva. Il risultato è un voto parlamentare che consolida la linea dell’esecutivo, ma che lascia fuori dalla condivisione larga il 45% dell’Aula.
La strategia di Leo e Albano e l’orizzonte europeo
Al Senato, come alla Camera dove il viceministro Maurizio Leo ha assunto la stessa posizione, si delinea con chiarezza una strategia dell’Economia che punta al rigore selettivo. Il governo vuole evitare fughe in avanti, dare un segnale di disciplina fiscale ai mercati e prepararsi al negoziato autunnale sulle nuove regole UE. Il Documento di Finanza Pubblica diventa così una cornice di contenimento, all’interno della quale sarà giocata la vera partita: quella della prossima legge di bilancio.
Lucia Albano ha difeso con convinzione la coerenza del testo, ma non ha fornito aperture su emendamenti o proposte alternative. La decisione di accogliere solo la risoluzione della maggioranza appare dunque una scelta consapevole: la cornice economica per il 2025 sarà decisa nel perimetro delle forze di governo. Le opposizioni possono contestare, ma non influenzare.
Nel contesto di una politica economica ancora incerta, con un’inflazione che rallenta ma non si azzera, un’economia europea che fatica e una transizione ecologica che richiede nuove risorse, il vero banco di prova sarà nella coerenza tra gli obiettivi dichiarati e le risorse disponibili. Il DFP segna l’inizio di un percorso, ma non scioglie ancora i nodi sul come raggiungerlo. E il fatto che quel percorso sia stato tracciato in solitaria non sarà irrilevante.