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Scienza e politica: un dialogo in crisi secondo un sondaggio di Nature

- di: Barbara Leone
 
Scienza e politica: un dialogo in crisi secondo un sondaggio di Nature
Un recente sondaggio pubblicato da Nature ha lanciato un allarme sulla relazione tra scienza e politica a livello globale. La ricerca, che ha coinvolto circa 400 esperti nel campo della consulenza scientifica per i governi, rivela un quadro preoccupante: l'80% degli intervistati considera inefficace o inadeguato il sistema di consulenza scientifica nel proprio paese. Ancor più allarmante è il fatto che il 70% dei partecipanti ritiene che i governi ignorino frequentemente i pareri degli scienziati nelle decisioni politiche. Secondo l’editoriale che accompagna il sondaggio, una delle principali criticità risiede nella mancanza di competenze specifiche tra gli scienziati che si interfacciano con i decisori politici.

Scienza e politica: un dialogo in crisi secondo un sondaggio di Nature

Essere esperti in una disciplina non implica automaticamente la capacità di tradurre concetti complessi in un linguaggio comprensibile o di comprendere i meccanismi decisionali tipici delle istituzioni governative. Nature sottolinea l'importanza di una formazione mirata per i consulenti scientifici, con un focus sulla comunicazione e sulla conoscenza delle dinamiche istituzionali. Una sfida particolarmente spinosa riguarda la comunicazione dell'incertezza scientifica. Durante la pandemia di COVID-19, ad esempio, si è discusso molto su come l’incertezza influenzi la fiducia del pubblico. Uno studio ha evidenziato che, se la qualità delle prove è alta, dichiarare l’incertezza non compromette la fiducia del pubblico; al contrario, in situazioni con dati scarsi o opinioni divergenti tra gli esperti, la trasparenza sull'incertezza può minare la credibilità. Questo dibattito riflette la tensione tra approcci diversi, come quello proposto dalla "scienza post-normale", che enfatizza l'importanza di dichiarare apertamente i limiti delle conoscenze disponibili.

Il sondaggio di Nature mette in evidenza una reciproca mancanza di comprensione tra scienziati e politici. Ben il 78% degli intervistati accusa i politici di ignorare le raccomandazioni scientifiche, mentre il 73% riconosce che i ricercatori non comprendono appieno i processi politici. Questa distanza culturale e operativa rallenta la collaborazione tra i due mondi, ognuno geloso della propria autonomia e delle proprie regole. Un ulteriore ostacolo è rappresentato dall’ondata di disinformazione che ha investito la società negli ultimi anni. Secondo oltre il 70% degli intervistati, le fake news compromettono gravemente la ricezione delle raccomandazioni scientifiche, spesso percepite come meno accattivanti rispetto alle narrazioni distorte ma emotivamente coinvolgenti offerte dalla disinformazione.

Le difficoltà non si limitano ai paesi meno sviluppati, dove le strutture istituzionali per la consulenza scientifica sono spesso carenti. Anche nelle nazioni più ricche e avanzate, la pandemia ha evidenziato debolezze significative nei sistemi esistenti. Questo sottolinea la necessità di un ripensamento complessivo dell’approccio alla consulenza scientifica. Secondo Nature, il futuro richiederà un sistema più strutturato, con una formazione approfondita per i consulenti scientifici e una maggiore istituzionalizzazione dei processi di dialogo tra scienza e politica. Come suggerisce Mark Ferguson, ex consigliere scientifico capo dell’Irlanda e attuale direttore del board dell’European Innovation Council, è fondamentale sviluppare la capacità di trasmettere idee complesse in modo chiaro e costruire relazioni di fiducia con i decisori politici.
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