Sanremo 2025: la denuncia del Codacons e l’eterno ritorno della “casta” discografica

- di: Giulia Caiola
 

Anno nuovo, polemiche vecchie. Sanremo 2025 è alle porte e con lui la consueta tempesta di accuse, sospetti e interrogativi che accompagna ogni edizione del Festival. Questa volta nel mirino c’è la presunta concentrazione di firme dietro ai brani in gara. Il Codacons, come spesso accade quando si tratta di grandi eventi mediatici, ha deciso di scendere in campo con un esposto all’Antitrust per chiedere chiarezza su quella che definisce una “casta discografica” capace di influenzare il mercato, limitare la concorrenza e, in ultima analisi, omologare la proposta musicale.

Sanremo 2025: la denuncia del Codacons e l’eterno ritorno della “casta” discografica

Il dato di partenza è semplice: undici autori firmano quasi il 70% delle canzoni che ascolteremo sul palco dell’Ariston. Numeri che, secondo l’associazione dei consumatori, sollevano più di un dubbio sulla reale apertura del Festival alle nuove proposte e alle diverse sensibilità musicali. Federica Abbate, ad esempio, compare come coautrice in ben sette brani, firmando pezzi per artisti di peso come Fedez ed Emis Killa, ma anche per nuove leve come Sarah Toscano. Davide Simonetta non è da meno, con cinque canzoni che portano la sua firma, mentre altri nomi noti della scena autoriale come Jacopo Ettorre e Davide Petrella non si discostano di molto, contribuendo a diversi brani in gara.

Il problema, però, non è solo numerico. Il Codacons punta il dito su quello che definisce un effetto domino che danneggia il settore: da un lato, il rischio di un impoverimento stilistico dovuto alla ripetitività delle firme e delle formule musicali; dall’altro, la difficoltà per autori e artisti fuori da questi circuiti di accedere a una vetrina di primissimo livello come Sanremo, con tutte le conseguenze del caso in termini di visibilità e opportunità lavorative.

Già in passato la questione della “casta” musicale era emersa con forza, tra le critiche di chi vede il Festival sempre più appiattito su logiche di mercato e sempre meno attento alla ricerca musicale. Il rischio, sottolineano gli esperti, è quello di una competizione che diventa vetrina per un ristretto gruppo di professionisti, lasciando poco spazio a chi vorrebbe proporre suoni e linguaggi differenti. D’altra parte, non è un mistero che le case discografiche puntino su autori di fiducia, capaci di garantire brani immediati e radiofonici, con buona pace della varietà e dell’originalità.

Ma il Festival di Sanremo è davvero solo una questione di numeri e potere? O dietro le scelte musicali c’è anche una questione di meritocrazia e talento? Domande destinate a restare aperte, mentre il Codacons insiste sulla necessità di un’indagine per verificare eventuali anomalie concorrenziali. In un mercato in cui i diritti d’autore rappresentano una fetta consistente dei guadagni, il rischio di creare posizioni dominanti non è da sottovalutare.

E mentre l’Antitrust valuterà se accogliere l’esposto, Sanremo andrà avanti come sempre, con la sua liturgia fatta di canzoni, gossip e polemiche. Alla fine, il pubblico decreterà i suoi vincitori, ma il vero interrogativo resta: c’è ancora spazio per il nuovo e l’inaspettato sul palco dell’Ariston, o il gioco è ormai nelle mani di pochi?

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