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Salvini, ancora più a destra, lancia la crociata contro gli immigrati

- di: Redazione
 
Salvini, ancora più a destra, lancia la crociata contro gli immigrati
Con il metro della politica, da quando il governo di Giorgia Meloni si è insediato, Matteo Salvini ha spostato sensibilmente l'asse della Lega verso l'estrema destra, creando, seppure indirettamente, un problema per il presidente del Consiglio e gli altri componenti la coalizione, che ora si ritrovano a sedere allo stesso tavolo con chi si sta caratterizzando per una islamofobia che, in un mondo globale, resta difficile da comprendere.
Nella sua continua ricerca di scavalcare a destra Giorgia Meloni, Matteo Salvini sta intessendo legami ed alleanze con partiti e formazioni che fanno dell'esclusione la cifra centrale della loro azione politica. Partiti che non disdegnano di rispolverare le aberrazioni del nazismo, che cercano di rivalutare alla luce del timori del fondamentalismo islamico.

Salvini, ancora più a destra, lancia la crociata contro gli immigrati

Su questo Matteo Salvini non sembra volere indietreggiare e mischia due argomenti che male si acconciano l'un con l'altro: il primo, quello della democrazia, per il quale, giustamente, chi prende più voti deve avere l'aspirazione di governare; il secondo, ideologicamente inaccettabile, è dare patenti di democratici a coloro che, flirtando con il nazionalsocialismo, ne diventano l'esatta antitesi.
Ma queste sono questioni che riguardano solo Salvini che, da Pontida, ha spostato ancora più a destra un movimento che certamente non è più quello libertario d'un tempo, celebrando come un eroe chi oggi si fa vanto d'essere "difensore dei confini patri"; i confini di una patria che lui stesso stentava ad accettare come la sua, montando.

Così oggi Salvini - che, da ministro e da parlamentare, facendo parte di due dei tre poteri dello Stato (esecutivo e legislativo), si scaglia contro il terzo (quello giudiziario) - ha fatto della sua vicenda processuale, per la storia di Open Arm, una lotta del suo popolo, cooptato nel meccanismo di difesa di piazza che ha messo su.
Pontida, che un tempo era l'occasione per la Lega di ribadire i concetti alla base della sua nascita - a cominciare dal federalismo, prima ancora dell'autonomia -, per volontà di Salvini è diventata altro.

Non più la celebrazione di un partito che era portatore di idee nuove, sulle quali comunque confrontarsi, ma un mero strumento messo al servizio del suo segretario che di problemi ne ha tanti, anche se a suo dire non ne esistono.
Mettere al servizio tutta la macchina organizzativa del partito per raccogliere adesioni intorno alla sua linea di difesa ("rischio il carcere per avere difeso i confini nazionali") è un modo per creare un clima pesante intorno ai giudici di Palermo e più in generale intorno alla magistratura; un clima che rischia di allargare il già ampio fossato tra politica e giudici. Anche perché non si dovrebbe dare per scontato che le attestazioni di stima arrivate a Salvini dagli alleati, nella vicenda Open Arms, siano state realmente sincere. A volere essere pignoli, di recente i rapporti tra Lega e il resto della coalizione, semmai possibile, sono ulteriormente peggiorati, sia in materia di politica interna che di quella internazionale. A chi esprimeva la sua avversione verso il vincitore delle elezioni austriache (il partito che mutua molto dell'armamentario verbale dei nostalgici delle camicie brune) Salvini ha diagnosticato una cattiva alimentazione, con tanti saluti all'eleganza che ci si aspetta dal capo di un partito.

E dietro lui i piccoli Salvini crescono, come i giovani leghisti che hanno insultato Antonio Tajani (bollato in uno striscione esibito a Pontida come "scafista" per avere proposto uno ius scholae) in modo così greve da costringere il segretario a scusarsi. La contestazione a Tajani, solo apparentemente cancellata dalle scuse di Salvini, è l'ennesimo segnale di un crescendo di tensioni dentro la maggioranza, alle quale Giorgia Meloni deve trovare soluzione, perché il rischio reale è quello di arrivare alle prossime scadenze - come la legge di bilancio e la stagione delle misure potenzialmente sventurate da adottare - con il fiato corto. Anche se, ormai, la cosiddetta opposizione si è disintegrata.
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