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Il salario minimo nella Sanità è possibile? Il confronto tra Serena Sorrentino (FP CGIL) e Giovanni Costantino (capodelegazione Aris)

- di: Barbara Bizzarri
 
Il salario minimo nella Sanità è possibile? Il confronto tra Serena Sorrentino (FP CGIL) e Giovanni Costantino (capodelegazione Aris)

Il salario minimo nel settore della Sanità e dell’assistenza: questo uno dei temi presente nel secondo numero della rivista L’Arco, diretta da Maria Rita Gentile, in uscita a fine luglio. Una discussione avviata già dal primo numero, con Giovanni Costantino, Capo Delegazione dell’Associazione Religiosa Istituti Socio-Sanitari (Aris), che si era espresso negativamente nei confronti della misura, ricevendo la risposta della Segretaria Generale della Funzione Pubblica CgilSerena Sorrentino.

Salario minimo nella Sanità: confronto tra Serena Sorrentino e Giovanni Costantino

Nel primo numero del magazine, infatti, l’avvocato Giovanni Costantino, fondatore dello studio Costantino&partners, si era espresso favorevolmente alla scelta governativa in riferimento all’interpretazione della direttiva comunitaria 2022/2041, approvata il 19 ottobre 2022, che chiede ai Paesi UE di assicurare a tutti i lavoratori retribuzioni adeguate: “La scelta italiana di non adottare un salario minimo ma valorizzare la contrattazione è assolutamente in linea con i desiderata europei, ed infatti la mozione di indirizzo approvata a fine anno impegna il Governo a raggiungere l’obiettivo di tutelare i diritti dei lavoratori non per il tramite di un salario minimo, bensì attraverso la valorizzazione dei contratti collettivi firmati dai sindacati più rappresentativi, il contrasto dei contratti pirata, l’attivazione di un confronto con le parti sociali sul tema della riduzione del costo del lavoro e del cuneo fiscale”.

A ciò aveva fatto seguito un focus dedicato al settore produttivo sanitario, sociosanitario e socioassistenziale, un ambito nel quale “assume grande interesse l’impegno governativo all’attivazione di un confronto tra le parti coinvolte nella contrattazione, finalizzato all’individuazione delle ragioni che ostacolano l’applicazione e il puntuale rinnovo dei contratti collettivi”.

Argomentazione cui la sindacalista ribatte che “durante la pandemia abbiamo verificato che, anche nei settori dei servizi, in particolare Sanità e assistenza, a fronte di mercati del lavoro caratterizzati dall’incidenza dei professionisti, le dinamiche retributive modificano l’attrattività di aziende che operano in questi settori, obbligandole a competere e ad adoperarsi per armonizzare le retribuzioni per professionisti e lavoratori che operano nello stesso settore e che si muovono tra pubblico e privato e tra privati in base ad apprezzamento delle retribuzioni e delle condizioni di lavoro”.

Aspetti che si accompagnano a “decorrenze contrattuali che di solito non rispettano mai le scadenze effettive nei rinnovi contrattuali, fiscalità applicata al lavoro alta e soggetta a variazione normativa di legge di bilancio in legge di bilancio, normativa in materia di rapporti di lavoro continuamente manutenuta”. Elementi che, secondo Sorrentino, rendono “ancor più urgente una riflessione tra le parti sociali sulla necessità di razionalizzare i contratti e trovare sistemi di stabilizzazione interni alla contrattazione collettiva sia sui trattamenti economici fondamentali che sull’incidenza della distribuzione della produttività”.

In questo senso, proprio il salario minimo legale avrebbe, ribadisce la sindacalista, un’importante funzione di contrasto del fenomeno del dumping contrattuale, ovvero la proliferazione dei contratti collettivi nazionali che negli anni ha falsato il sistema delle retribuzioni. Inoltre, l'introduzione della misura “avrebbe leffetto positivo di evitare fenomeni distorsivi e di rafforzare la contrattazione collettiva, rappresentando uno strumento idoneo a evitare che i compensi per il lavoro autonomo e le forme flessibili, che non rientrano tra quelle eterodirette ricomprese nei CCNL, oltrepassino la soglia della tollerabilità, così da tutelare il lavoratore e limitare il dumping che queste forme di lavoro potrebbero determinare”.

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