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Report svela come TIM spende i suoi soldi in pubblicità

- di: Redazione
 
Report svela come TIM spende i suoi soldi in pubblicità
Chissà come stanno fischiando le orecchie dalle parti della sede di TIM: Report, la trasmissione di Sigfrido Ranucci, annuncia un servizio - che dovrebbe essere molto dettagliato - sulle scelte del colosso telefonico in materia di contratti pubblicitari e cose del genere. In particolare, nel mirino dei mastini di Report, c'è il rapporto tra TIM e Andrea Pezzi, oggi dominus di Mint, ma un tempo conduttore televisivo.
Anche se il suo aspetto è cambiato (un tempo dalla chioma fluente, ora un po' meno), è lo stesso che, cominciando a lavorare per Radio dj, ha bruciato le tappe, presentando anche delle trasmissioni per la Rai. Ha pure all'attivo, da scrittore, qualche libro e una storia con la famosa 'attrice Cristiana Capotondi.

Report svela come TIM spende i suoi soldi in pubblicità

Allora, si chiederà qualcuno, come mai una trasmissione come Report si dovrebbe interessare di un imprenditore privato di successo, specializzato nell'intelligenza artificiale e nella creazione di sofisticatissimi software?
Probabilmente ad attirare l'attenzione è stata la crescita impetuosa del fatturato di Mint che, nel 2020, era di 100 mila euro (quanto una panetteria, un venditore di kebab, una ricamatrice molto ricercata), passando nel giro di pochi mesi a 54 milioni, dice Report. Nessun refuso, proprio 54 milioni e, se padroneggiassimo la matematica, ci potremmo anche cimentare nel calcolare in che percentuale il fatturato odierno si è moltiplicato nel giro di pochi mesi.

Per evitare d'essere male interpretati, è forse meglio riportare quel che Report ha anticipato parlando di Pezzi: ''Guida una società il cui fatturato è passato nel 2020 da 100mila euro a 54 milioni, di cui 28 arrivano da TIM che gli ha affidato diversi contratti, tra cui l'esclusiva della pubblicità digitale (5 milioni l'anno per 5 anni). In pratica è advisor di Vivendi, ma al contempo fa affari milionari con TIM di cui Vivendi è primo azionista".
Ecco qui che spunta TIM, grande elargitrice di contratti pubblicitari che, come le cascate e i fiumi, sono ''monodirezionali'', gratificando sempre i soliti noti. E a fare notizia non è quando TIM sponsorizza questa o quella manifestazione, questo o quel torneo di calcio, freccette, sputo di semi di zucca, ma quando non lo fa. Per questo lo scorso anno ha fatto abbastanza rumore il fatto che TIM, in modo inatteso, abbia fatto un passo indietro sulla sponsorizzazione del festival di Sanremo, manifestazione da sempre targata Rai. E se qualcuno sta pensando ad un collegamento tra l'inchiesta di Report e questo evento (la mancata sponsorizzazione) è bene che cambi idea e subito.

Nella trasmissione si ricostruiscono le vicende della società di Pezzi, che, si fa intendere, certo sa come muoversi e come scegliere gli amici di persone influenti. Fatto sta che Mint entra a pieno titolo tra i giganti della pubblicità online, guarda caso con partecipate dallo Stato.

In attesa di vedere la trasmissione, qualche considerazione bisogna pure farla perché ora si comincia a capire quale sia stata la strategia che TIM ha portato avanti in questi anni, in cui le spese pubblicitarie sono solo un segnale, sebbene importante. Da tempo, Italia Informa suggerisce che TIM chiarisca alcune sue scelte, ricevendo dei rumorosissimi silenzi ai quali oggi risponde Report che, spiegando, pone anche degli interrogativi.
Andrea Pezzi sarà sicuramente un imprenditore illuminato, che sa muoversi, forse per la laurea in psicologia, conseguita presso l'Università statale di San Pietroburgo (sul punto, nel 2003 il sito Vita, in un articolo di Stefano Arduini, lo descrisse così, con chiaro tono ridanciano: ''uno studente trentenne di psicologia all'Università di San Pietroburgo. Non parla una parola di russo, non vive in riva al Baltico, e non fa nemmeno lo studente''). Di strada, evidentemente, Pezzi ne ha fatta tanta e sbaglierebbe chi pensa che l'abbia fatta non rispettando le regole.

Certo, il fatto che TIM abbia scelto lui e non altri per un contratto da 28 milioni di euro - sempre che le cifre di Report siano esatte - non mette in dubbio le sue capacità, ma la spregiudicatezza delle scelte del gigante telefonico, che forse doveva pure intuire che questa scelta prima o poi sarebbe venuta fuori - e sin qui niente di anormale - , ma in momento storico in cui le critiche superano, anzi surclassano le lodi. E non citiamo nemmeno il suicidio dell'intesa con Dazn, costato un'ottantina di milioni. Ma cosa volete che siano ottanta milioni davanti alla soddisfazione di vedere il marchio con la T campeggiare nelle telecronache di calcio, mentre il servizio ai clienti non è che brilli?
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