Pil, Upb: +1% nel 2023 e +1,1% nel 2025 ma resta incertezza e rischio al ribasso

- di: Barbara Leone
 
Nonostante la battuta d’arresto registrata nel secondo trimestre (-0,3 per cento), il Pil italiano è previsto in crescita dell’1,0 per cento quest’anno e dell’1,1 per cento nel 2024. È quanto emerge dalla Nota sulla congiuntura di agosto, nella quale l’Ufficio parlamentare di bilancio ha aggiornato le sue previsioni. Rispetto a quanto stimato in primavera, in occasione dell’esercizio di validazione del Documento di economia e finanza (DEF) 2023, l’Upb ha rivisto marginalmente (0,1 punti percentuali) al rialzo le attese per la crescita di quest’anno, poiché la sorpresa positiva sui dati del primo trimestre prevale su quella di segno opposto sul periodo successivo; la previsione per il 2024 è stata invece corretta al ribasso (0,3 punti percentuali), per il deterioramento della domanda estera e delle condizioni finanziarie globali.

Pil, Upb: +1% nel 2023 e +1,1% nel 2025 ma resta incertezza e rischio al ribasso

Il quadro macroeconomico dell’Italia resta comunque circondato da un’ampia incertezza e dalla prevalenza di rischi al ribasso. L’economia mondiale mostra segni di adattamento al conflitto in Ucraina. Si assestano i prezzi delle materie prime che nel 2022 avevano risentito di più della guerra; in particolare, le quotazioni del gas naturale sono tornate su valori inferiori a quelli del periodo precedente alle ostilità. Tuttavia il ciclo economico globale sta rallentando; in Europa e Stati Uniti il livello dell’inflazione induce le banche centrali ad aumentare i tassi di interesse, determinando un inasprimento delle condizioni creditizie che frena la domanda aggregata. In Cina l’attività è debole nonostante l’azzeramento dell’inflazione e il sostegno della politica monetaria. A fine luglio il Fondo monetario internazionale (Fmi) ha confermato le aspettative di rallentamento della crescita globale quest’anno. Dopo il netto recupero del primo trimestre, con una crescita congiunturale dello 0,6 per cento, l’economia italiana ha registrato una frenata in primavera; secondo i dati preliminari diffusi dall’Istat a fine luglio, il Pil si è ridotto infatti dello 0,3 per cento, risentendo della contrazione della domanda aggregata interna, in particolare per consumi.

La spesa delle famiglie registra un andamento volatile. Nei primi tre mesi di quest’anno i consumi privati hanno segnato un recupero (0,5 per cento su base congiunturale), dopo il netto calo della fine del 2022, ma nel secondo trimestre si sono osservati segnali di maggiore cautela negli orientamenti alla spesa dei consumatori. Gli investimenti, inoltre, risultano frenati delle condizioni creditizie, anche se nel secondo trimestre le imprese segnalano una leggera attenuazione nelle restrizioni sull’accesso al credito. Sebbene abbiano registrato un calo congiunturale dell’1,4 per cento nel primo trimestre, le esportazioni di beni e servizi restano elevate rispetto a quelle dei maggiori paesi dell’area dell’euro, avendo beneficiato anche di una specializzazione verso settori a limitata intensità energetica. Malgrado il rallentamento del ciclo economico, diminuisce l’incertezza di famiglie e imprese, misurata dall’indice Upb, soprattutto tra i consumatori. Le variabili quantitative mensili tempestive delineano un quadro incerto nel breve termine. Nel periodo giugno-luglio i consumi elettrici si sono collocati sui minimi post-pandemia, nonostante l’incremento nel mese scorso verosimilmente ascrivibile alle temperature sopra la media; il consumo di gas per usi industriali si è pressoché stabilizzato, quasi venti punti percentuali al di sotto dei valori precedenti l’emergenza sanitaria, anche in conseguenza della riconversione operata dalle imprese per fare fronte ai rincari. Il traffico aereo di passeggeri in giugno ha completato la fase di recupero, dopo i minimi raggiunti nella primavera del 2020; le immatricolazioni di nuove autovetture hanno mostrato ulteriori segnali di ripresa, grazie anche all’allentamento delle restrizioni nelle catene di fornitura, ma permangono margini di incremento prima di tornare sui livelli di fine 2020.

Il mercato del lavoro si è rafforzato nei mesi invernali. Nel primo trimestre dell’anno sono aumentati sia le ore lavorate (1,3 per cento rispetto al quarto trimestre del 2022), con una crescita significativa nell’industria, sia il numero degli occupati (0,4 per cento). Nel periodo aprile-giugno gli occupati sono aumentati a un ritmo analogo, al traino dell’occupazione permanente e autonoma. Vi hanno concorso quasi in pari misura le due componenti di genere, i giovani (15-34 anni) e la classe di età più elevata, anche per effetto della dinamica demografica. Il tasso di occupazione (15-64 anni), già nel primo trimestre sul valore massimo dal 2004 (60,9 per cento), è salito ulteriormente. Il divario tra domanda e offerta di lavoro nel primo trimestre è rimasto ampio nell’industria manifatturiera e nei servizi di mercato; nelle costruzioni il tasso di posti vacanti è invece diminuito, per la prima volta dalla crisi pandemica, tornando sui valori medi dello scorso anno. Le retribuzioni contrattuali orarie nel secondo trimestre di quest’anno sono aumentate del 2,7 per cento su base tendenziale (mezzo punto percentuale in più rispetto ai precedenti tre mesi), sostenute dal rialzo nel settore privato (al 2,1 per cento); la dinamica resta sostenuta (al 4,5 per cento) nel comparto pubblico, per via degli incrementi relativi a diversi rinnovi contrattuali per il triennio 2019-2021 (siglati dal maggio del 2022 e corrisposti nella seconda metà dell’anno).

Prosegue il calo dell’inflazione avviato nei mesi precedenti, che si è esteso anche alla componente di fondo; restano peraltro elevate le pressioni sui prezzi dei beni alimentari e di alcuni servizi legati al turismo. L’inflazione (misurata dall’indice NIC) è scesa nel secondo trimestre di un punto e mezzo percentuale, al 7,4 per cento (dall’8,9 del trimestre precedente), in larga parte per la battuta d’arresto significativa della componente energetica oltre che dei beni alimentari, a fronte della sostanziale stabilità nei servizi. In luglio l’inflazione è ancora scesa, al 6,0 per cento (dal 6,4 di giugno). Il calo è differenziato nelle diverse aree geografiche italiane, con valori ancora sopra il sette per cento a giugno in Liguria, Toscana e Umbria, mentre in Basilicata sono sotto il quattro per cento. Il divario tra l’inflazione italiana e quella dell’area dell’euro resta positivo, circa un punto e mezzo nella media del trimestre scorso.

L’inflazione di fondo, che esclude gli energetici e gli alimentari freschi, diminuisce in luglio al 5,2 per cento (dal 5,6 di giugno) sulla spinta dei ribassi dei prezzi dei trasporti e delle utenze dell’acqua ed elettricità. Le attese di inflazione rilevate nelle inchieste sulla fiducia dell’Istat continuano a prefigurare un’attenuazione delle spinte inflazionistiche. Secondo le stime aggiornate dell’Upb, il Pil aumenterebbe dell’1,0 per cento quest’anno, sostenuto in particolare dalla domanda interna, che beneficia dell’incremento dell’occupazione e dell’allentamento dell’inflazione (in virtù del quale sono venute meno alcune misure emergenziali di sostegno ai redditi). Nel 2024 la dinamica del Pil resterebbe sostanzialmente invariata (1,1 per cento), sospinta dalle componenti interne di domanda, in particolare dagli investimenti finanziati con i fondi europei. La marginale revisione al rialzo delle stime sul Pil per il 2023, rispetto a quelle formulate in primavera, è ascrivibile ai dati storici (la sorpresa positiva sul primo trimestre prevale su quella di segno opposto del periodo successivo); la limatura al ribasso per il 2024 è invece dovuta esclusivamente al deterioramento delle esogene internazionali. L’occupazione si incrementerebbe in misura appena superiore a quella dell’attività economica nella media del biennio 2023-24. L’inflazione, misurata attraverso il deflatore dei consumi, è attesa in progressiva riduzione nel biennio 2023-24. Lo scenario macroeconomico dell’economia italiana appare nel complesso soggetto a rischi, nel complesso orientati al ribasso. I rischi principali sono di natura internazionale, con riferimento in particolare al ciclo europeo e alla volatilità dei mercati delle materie prime. Tuttavia, vi sono rilevanti fattori d’incertezza anche all’interno del nostro Paese, in primo luogo sull’evoluzione del Pnrr per il quale il Governo ha recentemente proposto alcune modifiche.

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