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Pensioni, stretta graduale: cosa cambia tra età, usuranti e Tfr

- di: Marta Giannoni
 
Pensioni, stretta graduale: cosa cambia tra età, usuranti e Tfr
La manovra ridisegna l’uscita dal lavoro tra addii, rinvii e paletti più morbidi

Una stretta misurata ma diffusa, che tocca quasi ogni snodo del sistema previdenziale italiano. La nuova manovra di bilancio interviene su età pensionabile, lavori usuranti, previdenza integrativa e Tfr, cancellando alcune vie di uscita anticipate e rendendo più graduale l’adeguamento alla speranza di vita. Il risultato è un quadro meno traumatico sul breve periodo, ma più rigoroso nel medio-lungo termine.

Addio definitivo a Opzione Donna

È arrivato il capolinea per Opzione Donna. La misura, che consentiva l’uscita anticipata accettando il calcolo interamente contributivo dell’assegno, non sarà più accessibile dal prossimo anno. Restano ovviamente salvi i diritti già maturati, ma non saranno previste nuove finestre.

Negli ultimi anni Opzione Donna era già stata progressivamente ridimensionata, diventando una possibilità riservata a lavoratrici in condizioni di particolare fragilità: licenziate, caregiver o con invalidità superiore al 74%, con almeno 35 anni di contributi e 61 anni di età, ridotti in presenza di figli.

Il peso del ricalcolo contributivo, inizialmente molto penalizzante, nel tempo si è attenuato. Dal 1996, infatti, il sistema contributivo è diventato la regola e oggi sono pochi gli anni retributivi ancora in gioco. Ma per il governo la misura non è più sostenibile. Secondo fonti parlamentari aggiornate a dicembre 2025, l’obiettivo è razionalizzare i canali di uscita anticipata e concentrare le risorse sulle pensioni più basse.

Aspettativa di vita, aumenti più lenti

Il capitolo più delicato riguarda l’adeguamento automatico dei requisiti alla speranza di vita. Qui la manovra introduce un ammorbidimento significativo. L’aumento di tre mesi previsto in origine dal 2027 viene spezzettato.

Nel dettaglio:

– Nel 2026 resteranno in vigore le soglie attuali: pensione di vecchiaia a 67 anni e pensione anticipata con 42 anni e 10 mesi di contributi, più tre mesi di finestra mobile (un anno in meno per le donne).
– Dal 2027 scatterà un aumento di un solo mese.
– Dal 2028 l’incremento complessivo arriverà a tre mesi.

Una scelta che, secondo analisti previdenziali interpellati da quotidiani economici a fine dicembre 2025, mira a evitare scossoni sociali mantenendo però il legame con l’andamento demografico.

Pensione anticipata e stop alla previdenza integrativa

Cambia anche una regola poco nota ma cruciale: non sarà più possibile sommare la pensione pubblica con la rendita della previdenza integrativa per raggiungere l’importo minimo necessario all’uscita anticipata.

Nel sistema interamente contributivo, la pensione anticipata è consentita solo se l’assegno raggiunge tre volte l’assegno sociale. Nel 2026 la soglia è fissata a 1.638 euro lordi mensili, con uscita possibile a 64 anni. Finora era ammesso il cumulo con la pensione complementare; dal prossimo gennaio questa porta si chiude.

Secondo osservatori del settore, citati da testate specializzate in previdenza a dicembre 2025, la norma potrebbe ridurre l’appeal dei fondi pensione per i lavoratori più giovani, proprio mentre si tenta di rafforzare il secondo pilastro.

Tfr, più aziende obbligate a versarlo all’Inps

La manovra allarga anche la platea delle imprese obbligate a conferire il Tfr all’Inps nel caso in cui il lavoratore non scelga la previdenza integrativa.

La soglia scende da oltre 50 a oltre 40 dipendenti. Un cambiamento tutt’altro che neutro: per molte aziende il Tfr rappresenta una forma di autofinanziamento interno. Con la nuova regola, più imprese dovranno rinunciarvi.

Le associazioni datoriali, in commenti diffusi tra il 26 e il 27 dicembre 2025, parlano di un impatto significativo sulla liquidità, soprattutto per le realtà manifatturiere di medie dimensioni.

Lavori usuranti, meno risorse dal 2033

Infine, un segnale preoccupa i sindacati: dal 2033 verrà ridotto il fondo destinato all’anticipo pensionistico per i lavoratori impegnati in attività particolarmente usuranti.

Rientrano in questa categoria, tra gli altri, gli addetti alle catene di montaggio e chi svolge lavoro notturno per almeno sette anni negli ultimi dieci, o per metà dell’intera vita lavorativa. Le confederazioni sindacali, in prese di posizione pubbliche di fine dicembre 2025, avvertono che la riduzione delle risorse rischia di scaricare il costo della fatica fisica sui lavoratori più anziani.

Un equilibrio fragile

Nel complesso, la riforma disegna un equilibrio fragile: meno scorciatoie, più gradualità, ma anche nuovi vincoli che potrebbero pesare soprattutto su donne, lavoratori usurati e imprese. Come spesso accade con le pensioni, gli effetti veri si vedranno nel tempo. Intanto, una cosa è certa: andare in pensione sarà sempre più una questione di resistenza e pianificazione.

    
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