Payden & Rygel: "Prospettive su inflazione e politiche monetarie nel 2023: la Fed cesserà i rialzi coi tassi sui Fed funds ancora negativi?"

- di: Daniele Minuti
 
Jeffrey Cleveland, Chief Economist di Payden & Rygel (nella foto), ha analizzato la situazione relativa a inflazione e politiche monetarie degli Stati Uniti e dell'Europa in vista del 2023, tracciando le prospettive per l'anno appena iniziato.

Payden & Rygel: "Prospettive su inflazione e politiche monetarie nel 2023"

"Il dato sull’inflazione USA pubblicato la scorsa settimana" - spiega Cleveland - "ha confermato le aspettative per il 2023: un rallentamento dell'inflazione è, infatti, ampiamente atteso e sembra essere stato già prezzato dai mercati. Per esempio, lo swap CPI statunitense a 1 anno è pari al 2,4%, mentre l'inflazione breakeven a due anni derivata dal mercato dei TIPS è già tornata al 2,1%. Poiché l'inflazione core si colloca attualmente tra il 5% e il 6%, il fatto che il mercato si aspetti una rapida decelerazione dell'inflazione non è affatto un’aspettativa sbagliata. Tuttavia, la storia non fornisce numerose prove di bruschi rallentamenti dell'inflazione. Ad esempio, l'ultima volta che l'indice Fed di Dallas ha registrato un aumento del 5% su base annua, ci sono poi voluti circa 15 anni per ritornare verso il 2%. Anche durante la Grande Recessione del 2008, che ha colpito in modo sproporzionato il mercato immobiliare, l'CPI dei servizi di base ha subito una decelerazione dal 3,3% su base annua all'inizio della recessione al 2,7% su base annua dopo un anno di recessione".

Payden & Rygel stima quindi una deflazione per i beni core e il raggiungimento del picco per i costi dei servizi abitativi nel secondo trimestre dell'anno, per poi arrivare a un calo e al ritorno alla normalità, oltre al mantenimento della solidità per i servizi non abitativi, fino a quando il mercato del lavoro non deteriorerà (quarto trimestre). Si prevede quindi il PCE core attorno al 4% entro la fine dell'anno.

Le stime degli economisti ritengono che la Fed rivedrà al rialzo l'obiettivo dell'inflazione, narrazione che però non viene abbracciata al di fuori dei circoli accademici: il presidente della Banca Centrale Jerome Powell infatti ha smentito e l'ultima modifica del quadro di riferimento della Fed, il Flexible Average Inflation Targeting, è il risultato di un processo pluriennale di revisione pubblica, che, solitamente, dura anni (con la prossima revisione è prevista per il 2025, anno in cui si dovrà quindi convivere con il target del 2%)

"Al momento" - prosegue Cleveland - "l’opinione più diffusa tra gli operatori di mercato è che la Fed non taglierà i tassi di interesse fino a quando l’inflazione non scenderà sotto il livello dei Fed Funds. L'idea alla base di questa narrazione è che l'inflazione non diminuirà, a meno che la Fed non comprima ulteriormente l'economia. Questo è la storia a insegnarcelo! In nessun ciclo storico - nemmeno in quello più mite del 2015-2019! - il tasso terminale sui Federal Funds si è attestato al di sotto del tasso annuo dell'inflazione core. La Fed cesserà la politica di rialzi quando il tasso dei fondi federali sarà ancora in territorio negativo? Non siamo pronti a scommetterci. Powell, infatti, ha dichiarato all'inizio di dicembre che l'obiettivo è di portare il tasso reale dei Federal Funds "in territorio positivo" e mantenerlo "per qualche tempo". Payden & Rygel continuerà a monitorare con estrema attenzione il linguaggio della Fed sul tasso reale dei Federal Funds e le stime sul tasso terminale rispetto al corso effettivo dell’inflazione. Sono questi i due elementi, infatti, che potrebbero portarci a modificare le nostre aspettative sulle politiche della Banca Centrale americana".

Ma qual è la situazione in Europa? Le previsioni vedono una decelerazione del tasso di inflazione meno ripida di quanto ci si attende negli Stati Uniti, a causa dell'impatto legato ai costi di cibi ed energia. "Gli scettici dell'inflazione" - conclude Cleveland - "citano la bassa crescita salariale come un motivo per rimanere ottimisti sul rientro dell’inflazione. Pur non essendo all'altezza degli aumenti visti negli Stati Uniti, anche la crescita dei salari in Europa è accelerata, superando i trend pre-Covid. Solo un rallentamento marcato dell’inflazione trimmed mean (ovvero, che esclude i beni che hanno mostrato le oscillazioni di prezzo più violente) e l’affievolirsi della crescita salariale ci renderebbero meno preoccupati per la situazione europea".
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