Il cuore di Khan Younis batte in un caos di polvere, macerie e bandiere verdi e nere. È qui, nel sud della Striscia di Gaza, che sta avvenendo uno dei momenti più attesi e più carichi di tensione dell’intero conflitto: il rilascio di tre ostaggi israeliani e cinque lavoratori thailandesi, sequestrati il 7 ottobre. In mezzo a questa scenografia spettrale, le immagini diffuse dalla Jihad islamica mostrano due volti simbolici della prigionia: Arbel Yehuda, 29 anni, e Gadi Moses, un uomo che ha compiuto 80 anni in cattività, che si abbracciano mentre attendono di essere consegnati.
Il rilascio degli ostaggi a Khan Younis: la folla, le armi e la propaganda della Jihad
La macchina della propaganda è in pieno movimento. I video dei prigionieri rilasciati, che Hamas e la Jihad islamica usano per rafforzare il proprio consenso, scorrono sui canali Telegram delle milizie e sui social media filo-palestinesi. È un rituale crudele, un messaggio di potenza che passa attraverso il controllo delle vite e della narrazione. La scena è quella di una folla accalcata tra i palazzi sventrati, decine di uomini arrampicati sulle rovine, in bilico tra la curiosità e il rischio. Miliziani in passamontagna e in divisa militare controllano la situazione: fucili imbracciati, dita sul grilletto.
La guerriglia e il rilascio tra il fumo delle bombe
Khan Younis è ormai una città ridotta a un campo di battaglia. Gli scontri tra l'IDF e Hamas continuano, eppure, nel cuore di questo inferno urbano, l’operazione di rilascio degli ostaggi procede. Le immagini satellitari mostrano quartieri devastati, edifici collassati, mentre sul terreno, video e testimonianze descrivono una città spaccata tra la guerra e la vita quotidiana.
L'IDF ha già confermato il rilascio di Agam Berger, una giovane soldatessa israeliana, nel nord di Gaza. È stata fatta entrare in territorio israeliano, al sicuro. Intanto, la consegna degli ostaggi a Khan Younis avviene sotto il vigile sguardo delle fazioni armate. Per Hamas e la Jihad, questi momenti sono opportunità di consolidamento del potere: mostrarsi come l'unico interlocutore possibile, come un attore legittimo in un mondo che li ha relegati tra le organizzazioni terroristiche.
La partita politica e il peso della Thailandia
Tra gli ostaggi che stanno per essere rilasciati ci sono anche cinque cittadini thailandesi. La loro presenza è una delle chiavi di lettura geopolitiche meno raccontate di questa guerra: Gaza non è solo il teatro di uno scontro israelo-palestinese, ma anche un nodo di interessi più ampi. Migliaia di lavoratori thailandesi sono impiegati nei kibbutz israeliani, spesso in condizioni dure. La Thailandia ha negoziato direttamente con Hamas per il rilascio dei suoi cittadini, muovendosi con una diplomazia silenziosa ma efficace.
Nel frattempo, le immagini che arrivano da Khan Younis continuano a scorrere: le bandiere sventolano, le raffiche di spari in aria scandiscono la tensione, i volti dei prigionieri raccontano storie che ancora non si conoscono. Sono vivi, sono fuori dall’ombra delle celle sotterranee. Ma la guerra continua, e con essa la certezza che questa non è una fine, ma solo un altro capitolo della lunga tragedia di Gaza.