OpenAI guida l’avanguardia della medicina rigenerativa, vita più lunga di almeno 10 anni

- di: Marta Giannoni
 

La Silicon Valley, celebre per aver rivoluzionato il mondo della tecnologia, punta ora a ridefinire i confini della scienza medica. OpenAI (nella foto il Ceo Sam Altman), la società madre del popolare chatbot ChatGPT, ha annunciato una collaborazione con Retro Biosciences per lo sviluppo di tecnologie innovative destinate a prolungare la vita umana. Al centro del progetto c’è un obiettivo ambizioso: convertire cellule adulte in staminali utilizzando l’intelligenza artificiale.

Un’alleanza per trasformare la medicina
Retro Biosciences, startup californiana che ha già raccolto 180 milioni di dollari di finanziamenti da OpenAI, mira a estendere l’aspettativa di vita di almeno dieci anni attraverso tecnologie avanzate. L’alleanza tra le due aziende si basa sullo sviluppo di un modello di intelligenza artificiale chiamato GPT-4b micro, un’evoluzione delle tecnologie linguistiche già utilizzate da ChatGPT.
Questo modello analizza e ottimizza la formula basata sui fattori di crescita e geni messi a punto dal biologo giapponese Shinya Yamanaka, Nobel per la medicina nel 2012. La tecnica di Yamanaka consente di riportare cellule adulte allo stadio di staminali pluripotenti, offrendo prospettive rivoluzionarie nella rigenerazione dei tessuti, ma presenta anche rischi di mutazioni genetiche. Secondo John Hallman, ricercatore di OpenAI coinvolto nel progetto, il GPT-4b micro ha già dimostrato di essere “50 volte più efficace rispetto ai metodi precedenti”.
Le proteine prodotte sembrano significativamente migliori rispetto a quelle ottenute con tecniche tradizionali”, ha dichiarato Hallman alla rivista MIT Technology Review. Tuttavia, i risultati preliminari non sono ancora stati pubblicati in riviste scientifiche e il modello rimane in fase sperimentale.

Silicon Valley e l’assalto all’immortalità
La collaborazione tra OpenAI e Retro Biosciences è solo l’ultimo capitolo di una più ampia corsa alla longevità che coinvolge i giganti della tecnologia. Google, ad esempio, è attiva da oltre un decennio con Calico Life Sciences, un’azienda dedicata alla ricerca sull’invecchiamento. Più recentemente, Altos Labs, sostenuta da Jeff Bezos, ha fatto passi avanti nella riprogrammazione cellulare.
Non meno ambiziosa è Anthropic, rivale di OpenAI nel campo dell’intelligenza artificiale. In un comunicato del dicembre 2024, l’azienda ha dichiarato che “entro il 2040, i progressi nella biologia computazionale potrebbero portare l’aspettativa di vita a 150 anni”.

Opportunità e sfide etiche
Questi progressi suscitano speranze ma anche interrogativi. La promessa di rigenerazione cellulare porta con sé potenziali rischi, come il rischio di mutazioni indesiderate o l’inevitabile questione dell’accessibilità economica. Chi potrà permettersi queste terapie? Come saranno regolamentate?
Gli esperti invitano alla prudenza. David Sinclair, biologo di Harvard e noto per i suoi studi sull’invecchiamento, ha affermato in una conferenza al World Economic Forum di Davos il 19 gennaio scorso: “L’uso dell’intelligenza artificiale nella medicina rigenerativa è promettente, ma è essenziale condurre studi rigorosi per garantire la sicurezza”.

Un futuro da scrivere
Mentre OpenAI e Retro Biosciences lavorano per perfezionare il loro modello, il mondo osserva con interesse misto a scetticismo. Il progetto rappresenta una frontiera ambiziosa che potrebbe rivoluzionare la medicina e il nostro rapporto con l’invecchiamento. Ma, come spesso accade con le innovazioni, è necessario un equilibrio tra entusiasmo e cautela.
Con la Silicon Valley in prima linea, il sogno di una vita più lunga — e forse migliore — sembra sempre più vicino. Ma sarà alla portata di tutti?


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