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ONU, la frattura sull’asse Palestina-Israele ridisegna gli equilibri globali

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
ONU, la frattura sull’asse Palestina-Israele ridisegna gli equilibri globali

L’Assemblea Generale dell’ONU si apre con un gesto che segna una svolta: Gran Bretagna, Canada, Australia e Portogallo hanno annunciato il riconoscimento ufficiale dello Stato di Palestina. Una scelta che rompe decenni di cautela diplomatica e sposta l’asse delle relazioni internazionali su un terreno scivoloso. Per Londra e Ottawa, in particolare, il passo rappresenta un tentativo di riaccreditarsi come potenze morali in un contesto in cui il consenso internazionale si frammenta.

ONU, la frattura sull’asse Palestina-Israele ridisegna gli equilibri globali

Durissima la risposta di Benjamin Netanyahu: «Così ricompensate Hamas», ha tuonato il premier israeliano, ribadendo che «uno Stato palestinese non ci sarà mai». La reazione israeliana non è solo un riflesso politico, ma la riaffermazione di una strategia esistenziale: la sicurezza come fondamento stesso della sopravvivenza nazionale. Hamas, dall’altra parte, ha accolto la decisione parlando di “Stato sovrano con Gerusalemme capitale”, alimentando la contrapposizione simbolica e politica.

L’Europa divisa, Macron tenta la mediazione
Emmanuel Macron ha provato a dare un senso politico alla frattura: la Francia condizionerà l’apertura di un’ambasciata palestinese alla liberazione degli ostaggi israeliani. È una proposta che cerca di legare i due binari del conflitto, quello umanitario e quello politico, ma rischia di essere percepita da entrambe le parti come insufficiente. Ursula von der Leyen ha insistito sulla necessità di “unire le forze per la pace e la stabilità nel mondo”, ma l’Unione Europea resta divisa: alcuni stati membri, come Germania e Ungheria, rimangono contrari a un riconoscimento unilaterale.

Meloni all’ONU: tra Gaza e Ucraina
Nella cornice newyorkese è attesa anche la premier Giorgia Meloni, che porterà sul tavolo due dossier caldi: Gaza e Ucraina. L’Italia si trova in una posizione delicata: da un lato l’alleanza storica con Israele e Washington, dall’altro la necessità di mantenere un dialogo con gli stati arabi e con l’Unione Europea. Per Roma, il rischio è di apparire marginale in una dinamica che riguarda i futuri equilibri mediterranei.

La partita geopolitica oltre il Medio Oriente
Il riconoscimento palestinese da parte di quattro paesi occidentali non è solo un atto simbolico. È un messaggio indirizzato a Washington e a Pechino. Gli Stati Uniti, pur sostenendo Israele, devono ora calibrare la loro posizione con maggiore attenzione, per non alienarsi il consenso del Sud globale. La Cina, dal canto suo, sfrutta ogni frattura dell’Occidente per consolidare la propria immagine di potenza mediatrice.

Effetti economici e riflessi sui mercati
Dal punto di vista economico, la mossa ha un effetto immediato sul mercato energetico. Ogni segnale di instabilità in Medio Oriente porta tensioni sui prezzi del petrolio e del gas, con ricadute dirette sull’inflazione globale. Gli investitori guardano con preoccupazione alle possibili ritorsioni diplomatiche di Israele, che potrebbe irrigidire i rapporti con alcuni partner occidentali. Al tempo stesso, i paesi arabi che sostengono la causa palestinese potrebbero rafforzare i legami commerciali con Londra e Ottawa, creando nuove traiettorie di investimento. Per l’Italia, fortemente dipendente dalle rotte energetiche mediterranee, la sfida è duplice: contenere la volatilità dei prezzi e trasformare la crisi in un’opportunità per accelerare la transizione energetica e ridurre la dipendenza dalle forniture extra-UE.

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