Il Presidente e CEO di Suzuki Italia, Massimo Nalli, analizza le difficoltà del mercato automobilistico italiano, segnato da incertezze normative e incentivi poco efficaci. L’ingegnere ribadisce che il full electric imposto dall’alto non incontra le reali esigenze dei consumatori, i quali chiedono vetture compatte, sicure e accessibili. Suzuki punta su una gamma ibrida flessibile, capace di rispondere alla domanda di auto adatte al traffico cittadino e sostenibili nei costi di esercizio.
Suzuki Italia, Nalli: "Auto, una rivoluzione imposta dall'alto non può vincere"
Secondo Nalli, i dazi non fermeranno i marchi più competitivi, mentre in Italia serviranno vetture simili alle KEI car giapponesi per rilanciare il settore. Il futuro, a suo avviso, sarà un mix di ibrido ed elettrico, con la ricerca pronta ad aprire nuove frontiere, come l’idrogeno prodotto direttamente a bordo delle vetture.
Ing. Nalli, in che modo Suzuki Italia sta fronteggiando le difficoltà del mercato auto italiano e quali strategie ritiene indispensabili per invertire la tendenza del comparto automotive?
Il mercato italiano è confuso. Le leggi che annunciano la fine dei motori termici, gli incentivi annunciati mesi prima della loro erogazione, la sensazione che le norme europee ci spingano dove non desideriamo, ovvero verso l’elettrico, creano uno stato di incertezza che rallenta le decisioni di acquisto. In Suzuki ascoltiamo il Cliente, come è sempre stato nella storia ultracentenaria iniziata ad Hamamatsu sulla costa sud del Pacifico oltre cento anni fa.
Suzuki ha infatti iniziato la sua attività realizzando telai in legno per la tessitura per aiutare le tessitrici nel loro complesso lavoro, all’inizio del secolo scorso, crescendo poi nelle bici motorizzate nel 1953 per aiutare i contadini a pedalare nella ventosa costa giapponese, nelle auto compatte nel 1954, adatte alle strade strettissime del Giappone rurale del dopoguerra, fino ai motori marini nel 1965 a supporto dei coltivatori di alghe alimentari del lago Hamana. Ascoltando le esigenze del Cliente, registriamo una domanda crescente sul mercato italiano di vetture dei segmenti cittadini, sicure, ben equipaggiate, magari con vantaggi tangibili sui costi di acquisto e di esercizio. Se introducessimo sul mercato una tale categoria, in analogia alle KEI car giapponesi, che sono vere automobili (e non quadricicli), sicure, confortevoli e performanti, si assisterebbe alla ripresa di una domanda spontanea, non drogata da incentivi, peraltro costosi e inefficaci come quelli degli ultimi anni.
Lei ha detto che “una rivoluzione imposta dall’alto non può vincere”. Si riferiva al passaggio forzato all’elettrico: come crede possano essere equilibrate le politiche pubbliche che puntano solo sul full electric con le esigenze reali dei consumatori italiani?
Oggi i consumatori italiani chiedono a gran voce veicoli adatti al traffico e alle difficoltà di parcheggio nei centri abitati, ecologici per rispondere alle esigenze del pianeta, ben equipaggiati per il comfort e adeguati a un potere di spesa che negli ultimi anni è stato messo sotto pressione da un costo della vita in crescita, non bilanciato dagli introiti delle famiglie. La norma europea impone dal 2035 vetture elettriche che invece costano in media di più di una corrispondente vettura termica, sono assai più pesanti delle vetture termiche e per ora non risolvono la necessità di compattezza e di livello di equipaggiamento elevato. Da qui la scarsa propensione degli italiani ed europei ad acquistare auto elettriche, ferma al 6% e 20% rispettivamente: come dire che 94 italiani su 100 non sono attratti dalle auto elettriche e in Europa 80 su 100 comprano vetture ibride. Un insuccesso clamoroso della politica di Bruxelles sulle auto elettriche. Si raggiungerebbe l’equilibrio affiancando alle elettriche altre soluzioni che garantiscano la progressiva riduzione della CO2 non più con un approccio a scalino dal termico all’elettrico, ma rendendo la transizione sostenibile utilizzando una rampa che permetta al grande mercato di avvicinarsi all’elettrico gradualmente, permettendo la presenza contemporanea di veicoli ibridi ed elettrici anche a lungo termine, oltre il 2035.
Qual è il ruolo degli incentivi (statali, regionali, locali) nella strategia Suzuki per sostenere la domanda, soprattutto nei modelli ibridi e mild hybrid, in un momento di forte pressione sui costi?
Gli incentivi andrebbero erogati non solo sulle vetture elettriche ma a ogni tipologia di vettura in modo proporzionale al miglioramento delle emissioni inquinanti o climalteranti. In altre parole, se una vecchia auto viene rottamata e sostituita con una nuova, il cittadino andrebbe supportato in misura proporzionale alla diminuzione delle emissioni. Suzuki è pronta in modo flessibile a fornire con la tecnologia Suzuki Hybrid, da un lato automobili come Swift (che ha emissioni che consentono di entrare in area C a Milano gratuitamente come le auto elettriche), Vitara, S-Cross, efficienti, leggere e robuste, dove le batterie ridotte al minimo necessario non tolgono spazio e non aggiungono peso, dall’altro lato proponiamo Across, un’ammiraglia plug-in con capacità di muoversi in elettrico per ben 98 km nel ciclo urbano e con 55 litri di benzina nel serbatoio per i lunghi viaggi: il compromesso ideale, anzi il meglio dei due mondi, ibrido ed elettrico.
Quale peso avranno nel breve, medio e lungo periodo nel mercato italiano ed europeo i dazi sulle auto imposti dagli Usa per le produzioni realizzate fuori dagli Stati Uniti?
I dazi purtroppo (o per fortuna) non otterranno l’obiettivo di fermare la crescita delle vendite delle automobili più competitive e quindi più apprezzate. Nel tempo, i costruttori di automobili più competitive sono sempre stati premiati dal mercato. È sempre stato così: ricordo che in Italia i marchi giapponesi erano contingentati fino al 1993, quando nacque il mercato unico europeo. Tali contingentamenti non impedirono la loro crescita, gradualmente, grazie alla qualità e alla ricchezza degli equipaggiamenti. Suzuki per esempio ha ora il 2% di quota di mercato. Non credo dunque che i dazi europei sulle auto cinesi basteranno a sancire la buona salute dei marchi europei, giapponesi, coreani e americani, che devono invece concentrarsi a vincere la battaglia nelle preferenze spontanee del cliente.
Quali sono, oggi, le caratteristiche che un’auto Suzuki deve avere per essere davvero competitiva in Italia, dove i clienti sono molto attenti al costo totale di proprietà?
Suzuki è esperta di produzione di auto compatte, sicure, efficienti, ben equipaggiate. Nel mercato giapponese Suzuki infatti ha la leadership della produzione di KEI car, le auto compatte che hanno raggiunto ben il 30% del mercato. Questa unicità ne ha decretato il successo sul mercato italiano, molto sensibile a questi valori. Se in futuro una nuova classe di vetture compatte venisse introdotta e regolamentata con vantaggi tangibili per i Clienti in termini di costi di esercizio, Suzuki sarebbe pronta a mettere a disposizione del mercato europeo la propria competenza.
In che misura la flessibilità dell’offerta può fare la differenza in un mercato in crisi?
In un momento di grandi cambiamenti della domanda e dell’offerta automobilistica, concentrarsi su ciò che è importante per il Cliente è una chiave di lettura vincente. Ad esempio, se il cliente chiede l’ibrido, così come i dati di vendita stanno confermando, aggiungere oggi una variante elettrica della stessa auto potrebbe non aggiungere valore all’offerta, aggiungendo però i costi di sviluppo che peserebbero anche sulle vetture non elettriche, esattamente ciò che sta avvenendo sul mercato da qualche anno. Il risultato di non concentrarsi con attenzione su ciò che il Cliente richiede è stato, specialmente per alcuni marchi, un aumento dei prezzi generalizzato che ne ha depresso la domanda. Suzuki ha seguito una strategia prudente, con un solo modello elettrico, eVitara, fortemente caratterizzato dalle capacità di mobilità in fuoristrada, come da tradizione Suzuki, un segmento abbandonato dalla gran parte dei nostri concorrenti.
Come vede l’evoluzione delle richieste dopo le restrizioni Covid, con la mobilità individuale che ha guadagnato importanza? Sono cambiati i bisogni dei clienti finali, e come si adatta Suzuki a questi cambiamenti?
A mio parere siamo oggi, nel post Covid, molto più sensibili al prezzo e siamo meno influenzati dall’immagine e dallo status suggerito dal singolo brand, specie se premium. La rendita di posizione, ovvero nel mercato auto il prezzo in più che un Cliente è disposto a pagare per possedere un dato marchio, non rappresenta più un valore come nel passato. Un brand trova la sua credibilità nella consistenza della sua offerta nel tempo. Se un brand cambia strada, influenza la propria eredità, rischia di tradire la sua storia e far sentire i suoi Clienti abbandonati.
Guardando ai prossimi anni, quale mix di motorizzazioni pensa sarà più adatto a un’auto “di massa” Suzuki in Italia, considerando infrastrutture, costi e accettazione del pubblico?
La domanda spontanea dei Clienti, non dunque quella guidata dalle leggi che impongono l’elettrico, immagino possa gradualmente crescere fino al 70% per l’ibrido e quindi arrivare al restante 30% per l’elettrico, fino al 2035. Cosa succederà dopo? Nella mia visione ingegneristica la ricerca consentirà di produrre idrogeno direttamente in automobile dall’umidità presente nell’atmosfera e di poterlo usare come combustibile senza necessità di costosi e pericolosi serbatoi di idrogeno liquido. Ma per ora è solo una visione o al limite qualche prototipo ancora troppo immaturo per il mercato.