Le più recenti previsioni della Commissione europea indicano una crescita del commercio mondiale di beni, dopo la stagnazione del 2023. Per l’Italia viene previsto un aumento del 2,0% del volume delle esportazioni di beni, in miglioramento rispetto al più prudente +0,5% stimato ad aprile dal Fondo monetario internazionale. A ricordarlo è uno Studio targato Confartigianato, che sottolinea come l’attesa ripresa dell’export sia in ritardo per la moda. L’analisi dei dati statistici disponibili indica che la ripresa delle esportazioni è in ritardo, in particolare per i prodotti della moda. Nei primi cinque mesi del 2024 ristagna (+0,1%) l’export manifatturiero e il settore dei prodotti tessili e dell’abbigliamento, pelli e accessori, con un calo tendenziale del 3,9%, è quello con la flessione delle vendite all’estero più ampio dopo il -9,2% registrato dai metalli di base e prodotti in metallo.
Confartigianato: "Moda: produzione a -9,3%, sulla crisi pesa la contraffazione"
Nel dettaglio, si registra una tenuta dell’export degli articoli di abbigliamento (+2,5%) mentre sono in territorio negativo i prodotti tessili (-7,6%) e gli articoli in pelle (-8,4%). Per quanto riguarda il volume delle esportazioni, nei primi quattro mesi del 2024 la moda registra un calo del 9,9%, mentre il manifatturiero si ferma a -0,8%. La debole domanda internazionale si ripercuote sull’attività delle imprese manifatturiere che nei primi cinque mesi del 2024 vedono la produzione flettere del 3,1% su base annua. Il settore della moda è quello con il calo più ampio, con una flessione del 9,3% nel tessile, abbigliamento e pelle (divisioni C13-14-15 Ateco 2007), più marcato del -6,8% della media Ue, e a cui si associa una riduzione del 10,1% della gioielleria e lavorazione delle pietre preziose (C321). Nel dettaglio, il calo del 4,9% degli articoli di abbigliamento si amplia al -7,2% per il tessile per arrivare al -15,8% per gli articoli in pelle. La crisi del comparto delinea un livello della produzione del tessile, abbigliamento e pelle che è quasi di un quarto (-23,7%) inferiore a quello del 2019, anno pre-pandemia. A giugno 2024 diminuisce (-3,5) il saldo dei giudizi sugli ordini delle imprese della moda a fronte di un aumento nel Manifatturiero (+1,0) e, in entrambi i casi, si osserva un peggioramento rispetto a maggio (quando i saldi erano rispettivamente +0,3 e +5,5).
Nel 2023 nella moda il fatturato è stimato pari a 97,5 miliardi di euro. Nel primo quadrimestre del 2024 il valore dei ricavi nel tessile, abbigliamento e pelli scende del’8,1% su base annua. Sulla base di questo andamento e incrociando i dati strutturali sul livello del fatturato resi disponibili da Eurostat e l’indice mensile del fatturato dell’Istat, si calcola che nei primi quattro mesi del 2024 le imprese della moda hanno registrato una perdita di ricavi pari di 22 milioni di euro al giorno. Ad aggravare la situazione delle imprese della moda contribuisce l’elevata esposizione alla contraffazione: sulla base dei dati Euipo, l’Italia è uno dei paesi più colpiti dalla contraffazione nel settore dell’abbigliamento, con 1,7 miliardi di euro di mancate vendite e 19mila posti di lavoro persi ogni anno. Inoltre, l’offerta di prodotti contraffatti spiazza le vendite al dettaglio. I prodotti della moda registrano un valore delle vendite al dettaglio che nel 2024 (ultimi dodici mesi a maggio) risulta inferiore al livello del 2019, con un ritardo dell’1,3% per abbigliamento e pellicce e del 2,2% per calzature, articoli in pelle e da viaggio, mentre nel quadriennio in esame il totale delle vendite al dettaglio non alimentari segna un aumento del 10,5%.
Alla fine del primo trimestre del 2024, si contano 82.129 imprese nel settore moda, di cui il 50,8% sono le 41.735 imprese artigiane. Il settore impiega 445.993 addetti, con il 31,1% nell’artigianato ed il 63,8% nelle 52mila micro e piccole imprese con meno di 50 dipendenti. L’Italia si posiziona al primo posto nell’Unione Europea a 27 per numero di occupati nel settore moda, superando Portogallo, Polonia, Romania, Germania, Francia e Spagna. A luglio 2024 la moda è il secondo settore per difficoltà nel reperimento di personale, fenomeno che interessa il 64% delle figure lavorative previste in entrata e supera di ben 15,6 punti percentuali il 48,4% indicato dal totale delle imprese. Il calo di produzione e ricavi per i prodotti della moda genera un impulso recessivo su tutta la filiera, coinvolgendo imprese di altri settori manifatturieri e dei servizi. Al valore aggiunto della filiera, infatti, concorrono il commercio con il 44,6% del totale della filiera, le altre manifatture con il 18,5%, la manifattura specializzata – tessile, abbigliamento e pelli – con il 18,2%, i servizi con il 17,5% e il rimanente 1,2% tra costruzioni, energia e utilities. Nella recente analisi di Confartigianato sulle filiere manifatturiere, quella della moda registra la maggiore vocazione di piccola impresa, con il 48,8% del valore aggiunto della filiera.