Nella foto: John Elkann e Carlos Tavares, rispettivamente Presidente e CEO di Stellantis
Se qualcuno nutrisse ancora dei dubbi su quali siano (al di là delle dichiarazioni di facciata e dalle sperticate profferte d'amore per il nostro Paese e di stime per le sue maestranze) le reali intenzioni di Stellantis per il suo futuro in Italia oggi è arrivata la notizia la carrozzeria di Mirafiori si fermerà nuovamente, per due settimane.
Un annuncio che potrebbe anche non destare preoccupazione, se inserito nel contesto di un progetto realmente mirato al rilancio della casa in Italia e che, invece, sembra essere l'ennesima campana a morto per un settore, nel Paese, non riesce a stare al passo con l'industria automobilistica globale. Anche se, bisogna dire, quello di Stellantis e del suo controverso rapporto con l'Italia è qualcosa che merita attenzione perché è la traduzione in economia del proverbio che stigmatizza chi predica bene e, invece, poi razzola male.
Per Mirafiori altra mazzata firmata Stellantis, in 2000 in cassa integrazione
Perché Stellantis a parole dice di puntare sul sistema industriale italiano, ma poi, nei fatti, prosegue in quello che ha le fattezze di un perseguito sganciamento dallo scenario di casa nostra. E il senso di sgradevole smarrimento si amplia se si considera che tra i vertici di Stellantis, se ricordiamo bene e la nostra memoria non s'è appannata col tempo, ci sono anche quelli espressione di Fiat, che come industria al Paese qualcosa deve.
Ma questo evidentemente il futuro di Stellantis in Italia è problematico, quasi distopico. Come parrebbe confermare l'ennesima doccia fredda per i dipendenti Stellantis, che oggi hanno avuto comunicazione ufficiale che dal 22 aprile sino al 6 maggio i 2000 lavoratori impiegati nella catena di produzione della 500 elettrica e della Maerati dovranno restare a casa, per effetto di una nuova cassa integrazione.
E, tanto per sgombrare il campo da interpretazioni che potrebbero suonare di comprensione per le esigenze dell'azienda, dimenticando quello che stanno subendo i lavoratori, il nuovo stop, come ha sottolineato la Fismic Confsal, ''arriva dopo la cassa integrazione già in corso per i 1.260 lavoratori della 500 elettrica e il contratto di solidarietà in vigore fino a dicembre a rotazione per i 960 dipendenti della linea della Maserati".
Quindi, per come si riesce a capire, tra le fumose affermazioni di Stellantis, qui siamo davanti non a una situazione emergenziale, che impone scelte dolorose quanto necessarie, ma di un percorso ben delineato che sembra preludere all'obiettivo di ridimensionare la presenza dell'azienda in Italia, a tutto vantaggio di altri Paesi. Cioè quelli dove il costo del lavoro è inferiore, dove magari lo Stato di riferimento ha margini per incentivare la realizzazione di nuovi stabilimenti (tra finanziamenti e sgravi fiscali) e, quindi, una intrapresa industriale parte già da un costo inferiore e quindi appetibile. E se questo processo determina lo sganciamento da un Paese per spostare la produzione in un altro, tanti saluti a migliaia di persone che hanno contribuito, con il loro lavoro, a rendere il marchio importante.
Qual è quindi il possibile futuro di Mirafiori?
Sara Rinaudo, della Fismic Confsal, non cerca nemmeno di nascondere il suo pessimismo. Perché, dice, lo stabilimento ''verte in una situazione di stallo costante e di incertezza che sempre di più colpisce tutti i lavoratori. Serve subito, senza più prendere tempo con annunci che rimangono vaghi e nell'etere, un nuovo modello per salvare il sito. Come già affermato, deve essere allocata immediatamente all'interno di Mirafiori l'intera gamma della 500". Parole dure e anche significative, che però sono destinate a cozzare con la determinazione di Stellantis di inseguire solo e sempre il profitto (e fin qui ci sembra normale) e che per esso è disposta a vendere sogni qui, per realizzarli altrove.