Il Messico contro il traffico di armi dagli Usa: alimenta le stragi dei narcos
- di: Emanuela M. Muratov
È ormai una querelle diplomatica quella che vede contrapposti Stati Uniti e Messico su un terreno comune, quello della lotta al crimine organizzato, ma che i due Paesi vogliono risolvere sulla base di un ragionamento che potrebbe sembrare, e non lo è, meramente speculativo.
Cosa è accaduto? Il Messico sta cercando di applicare un criterio di reciprocità con gli Stati Uniti, che nel tempo hanno ottenuto l'estradizione di trafficanti di droga messicani, ai quali ora chiedono di fare lo stesso con coloro che contribuiscono alla violenza dei "cartelli" vendendo loro armamento, anche pesante, tutto "made in Usa".
La nuova strategia del governo di Andrés Manuel López Obrador è stata resa nota una settimana dopo che il Messico ha approvato la riforma della legge sulla sicurezza. In base alle modifiche approvate a questa legge, è stato istituito uno stretto controllo sugli agenti stranieri - quasi esclusivamente americani, appartenenti alle agenzie che lottano il crimine organizzato, quali Dea, Fbi e Customs and Immigration Office - che compiono operazioni nel suo territorio. In questo modo - limitando oggettivamente la libertà d'azione e movimento degli agenti americani - si metterà a dura prova un rapporto di cooperazione, che va avanti da molti anni, con gli Stati Uniti.
Se, ragionano a Mexico Cty, i trafficanti di droga messicani sono responsabili dell'invio di tonnellate di droga negli Stati Uniti con le quali migliaia di americani muoiono per overdose (soprattutto di fentanyl), lo sono anche coloro che forniscono ai "cartelli" artiglieria pesante, principalmente prodotta e spedita dagli Stati Uniti. Una marea di armi che provocano in Messico più di 100 omicidi al giorno.
La misura rappresenta una rottura nella cooperazione tra i due governi, incentrata per più di un decennio sulla cattura dei signori della droga messicani, poi estradati verso gli Stati Uniti.
In Messico, secondo le ultime stime riferite da un recente rapporto preparato dal Segretario alla Sicurezza, circolano più di 15 milioni di armi illegali. Un arsenale sufficiente per armare un abitante su otto, in un Paese dove è vietato portare armi senza uno specifico permesso.
Il 70% di queste armi illegali proviene dagli Stati Uniti, secondo lo stesso rapporto.
"Insieme al traffico di esseri umani e al traffico di droga, il traffico illecito di armi rappresenta una delle attività con il più grande movimento di capitali al mondo", si legge nel testo firmato dall'ex ministro della Sicurezza, Alfonso Durazo.
Secondo gli investigatori messicani, gran parte delle armi illegali giunge nel Paese grazie al traffico dei suoi valichi di frontiera, da cui transitano giornalmente circa 25.000 persone.
Una parte delle armi, di loro componenti o di munizioni, arrivano nascoste in borse, giocattoli, veicoli o nelle spedizioni di corrieri. Per un pacchetto da 50 proiettili, il corriere riceve sino a 100 dollari, che salgono a fino a 2.000 dollari per un fucile automatico.
L'azione di contrasto contro questo fiume di armi che arriva in Messico non ha sempre avuto successo. Anzi.
C'è stato, infatti, anche un fiasco clamoroso, quello dell'operazione clandestina "Fast and Furious", intrapresa dall'Office of Alcohol, Tobacco, Firearms and Explosives (ATF) degli Stati Uniti - con il permesso dell'amministrazione Obama, ma senza avvisare il Congresso -. L'idea era quella di favorire l'ingresso di oltre 2.500 armi illegali, tra 2009 e 2011 in territorio messicano, seguirne il cammino e quindi rintracciare, grazie ad esse, i grandi signori della droga del Messico. Ma la traccia delle armi si è persa e l'operazione è fallita.
A rendere delicata l'attuale fase dei rapporti tra Messico e Stati Uniti in materia di lotta al grande crimine è l'idea di Washington che la corruzione si è infiltrata a tutti i livelli di governo del Paese vicino. La vicenda di Joaquín "El Chapo" Guzmán è emblematica perché il narcotrafficante, poi estradato negli Stati Uniti, per due volte era riuscito ad evadere dalla carceri messicane.
Ora, l'amministrazione López Obrador fa un ulteriore passo avanti e chiede che il Messico possa perseguire anche i criminali statunitensi. Una sfida importante per un Paese che registra una impunità superiore al 90% dei casi e dove, su 233 criminali etichettati come i più ricercati durante la guerra alla droga, solo 13 hanno ricevuto una condanna.