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Mediobanca, Nagel e i vertici monetizzano 53 milioni. Dopo le dimissioni, continua la cessione di azioni

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Mediobanca, Nagel e i vertici monetizzano 53 milioni. Dopo le dimissioni, continua la cessione di azioni

La crisi di governance di Mediobanca si intreccia con le mosse finanziarie dei suoi manager. Nel giorno delle dimissioni del cda, in vista dell’assemblea del 28 ottobre, i vertici hanno continuato a vendere azioni ottenute negli anni come remunerazione variabile legata ai risultati.

Mediobanca, Nagel e i vertici monetizzano 53 milioni

L’amministratore delegato Alberto Nagel ha ceduto 465.222 titoli a un prezzo medio di 21,41 euro ciascuno, incassando circa 10 milioni di euro. Una cifra che si aggiunge ai 43 milioni già realizzati in precedenti operazioni, portando il totale a oltre 53 milioni.

Pagliaro e Vinci seguono la stessa rotta
Non solo Nagel. Anche il presidente Renato Pagliaro, in carica fino alla prossima assemblea, ha collocato sul mercato 100.000 azioni a un prezzo medio di 21,37 euro, mentre il direttore generale Francesco Saverio Vinci ha ceduto 112.688 titoli a 21,57 euro l’uno. Tre operazioni che, lette insieme, disegnano il quadro di un management intenzionato a monetizzare una parte rilevante del proprio portafoglio azionario proprio nella fase più delicata della vita della banca.

Le dimissioni del cda
Il contesto è quello di un passaggio istituzionale cruciale. Dopo settimane di pressioni da parte degli azionisti di riferimento e delle fondazioni bancarie, l’intero consiglio di amministrazione ha deciso di dimettersi, aprendo la strada al rinnovo dei vertici nell’assemblea di ottobre. Una scelta che risponde anche alla necessità di gestire in maniera ordinata le tensioni tra storici soci di Mediobanca e nuovi investitori, in un quadro di assetti proprietari in rapida evoluzione.

Le reazioni del mercato
Le vendite non sembrano avere avuto un impatto immediato sul titolo, sostenuto da una fase di relativa stabilità del settore bancario italiano. Tuttavia, la coincidenza temporale tra la decisione di lasciare il cda e le operazioni di cessione ha sollevato interrogativi tra analisti e osservatori. Alcuni leggono nella mossa una normale diversificazione patrimoniale, altri la interpretano come segnale di sfiducia verso l’istituto in una fase di transizione.

Un’eredità controversa
Nagel lascia Mediobanca dopo un lungo mandato che ha contribuito a ridefinire il ruolo dell’istituto nel sistema finanziario italiano. La strategia degli ultimi anni, improntata a rafforzare la posizione in campo assicurativo e nella gestione del risparmio, ha prodotto risultati solidi sul piano reddituale. Tuttavia, le tensioni con alcuni grandi azionisti e la difficoltà di conciliare obiettivi industriali e governance hanno accelerato la fine del ciclo.

Il futuro dell’istituto
L’assemblea di ottobre sarà decisiva per capire quale direzione prenderà Mediobanca. Le dimissioni in blocco del cda aprono la strada a una rinegoziazione complessiva degli equilibri interni, in un momento in cui il settore bancario italiano è attraversato da forti movimenti: dalle operazioni di consolidamento alle sfide poste dalle nuove regole europee sul capitale.

Oltre il caso personale
Le vendite dei manager vanno quindi lette in un quadro più ampio: quello di un’istituzione al centro di una fase di transizione che riguarda non solo la governance, ma anche il ruolo sistemico della banca. Per ora i mercati non sembrano punire l’istituto. Ma il messaggio che arriva dalle cessioni dei vertici è chiaro: dopo anni di creazione di valore, è tempo di incassare.

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