Mattarella detta la linea al Paese: "Non cavalcare le paure"
- di: Redazione
C'è voluto l'intervento di Sergio Mattarella, in occasione dell'assemblea di Confindustria, per indicare la direzione che il Paese deve imboccare, con coraggio e senza rintanarsi nella dimensione della chiusura.
Il presidente della repubblica, nel rispetto del suo ruolo della Costituzione, ha detto che ''se c’è qualcosa che una democrazia non può permettersi è di ispirare i propri comportamenti, quelli delle autorità, quelli dei cittadini, a sentimenti puramente congiunturali. Con il prevalere di inerzia ovvero di impulsi di ansia, di paura''.
Due, per lui, i ''possibili errori'' in cui non si deve cadere: 'Una reazione fatta di ripetizione ossessiva di argomenti'', oppure ''ancor peggio - cedere alle paure, quando non alla tentazione cinica di cavalcarle''.
Parole chiare e, nel contempo, di ammonimento alle reazioni che, da parte della politica nazionale - senza distinzione di partito o schieramento - si manifestano davanti alle emergenze.
Ed è difficile non pensare che forse nel discorso, apprezzatissimo dai presenti, non ci sia stata un'eco delle polemiche su eventi epocali che coinvolgono anche il nostro Paese. Come l'arrivo di decine di migliaia di migranti, che stanno mettendo a dura prova, il nostro sistema di accoglienza.
Mattarella detta la linea al Paese: "Non cavalcare le paure"
Davanti alla platea di Confindustria, Mattarella, parlando di economia, ha ricordato come 90 anni fa Franklin Delano Roosevelt, insediandosi alla Casa Bianca, pronunciò una delle sue frasi più famose: ''La sola cosa di cui dobbiamo avere paura è la paura stessa, l’irragionevole ingiustificato terrore senza nome che paralizza gli sforzi necessari a convertire la ritirata in progresso''.
Rivolgendosi soprattutto ai giovani, Sergio Mattarella ha detto che ''la democrazia si incarna nei mille luoghi di lavoro e studio. Nel lavoro e nella riflessione dei corpi sociali intermedi della Repubblica. Nel riconoscimento dei diritti sociali. Nella libertà d’intraprendere dei cittadini. Prima di ogni altro fattore, a muovere il progresso è, infatti, il 'capitale sociale' di cui un Paese dispone. Un capitale che non possiamo impoverire. È una responsabilità che interpella anche il mondo delle imprese: troppi giovani cercano lavoro all’estero, per la povertà delle offerte retributive disponibili''.
Parlando ancora di democrazia il presidente della repubblica ha posto un interrogativo su quale sia il suo principio fondamentale. La sua risposta? ''Evitare la concentrazione del potere, a garanzia della libertà di tutti. Vale per le istituzioni. Vale per le imprese, a proposito delle quali possiamo parlare di concorrenza all’interno di un mercato libero. E la lotta ai monopoli ne rappresenta capitolo importante. L’impresa è una formazione intermedia nella nostra società, un corpo sociale di quelli richiamati dalla Costituzione che contribuiscono alle finalità da questa definite, concorrendo al soddisfacimento di bisogni''. Davanti ai massimi rappresentanti della macchina produttiva del Paese, Mattarella è tornato ad affrontare uno dei temi a lui cari, e che ribadisce ad ogni, spesso purtroppo tragica, occasione, quello della sicurezza sul posto di lavoro che, ha detto, ''interpella, prima di ogni altra cosa, la coscienza di ciascuno. Democrazia è rispetto delle regole, a partire da quelle sul lavoro''.
Da parte sua, il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, ha detto che ''siamo tra coloro che credono che, in un ordinamento come il nostro, che correttamente ambisce a una maggiore stabilità di governo, il Capo dello Stato debba continuare ad essere il garante della Costituzione. Siamo certi" - ha aggiunto rivolto a Mattarella - "che Lei continuerà a far sentire la sua voce ferma e ispirata a tutela dei principi della nostra Democrazia, a sostegno delle scelte internazionali fatte liberamente dall’Italia, per l’osservanza e per l’attuazione dei diritti dei cittadini, a partire dai più fragili''.
Toccando l'argomento del salario minimo legale, Bonomi ha detto che la sua ''mera introduzione'', non accompagnata ''da un insieme di misure volte a valorizzare la rappresentanza, non risolverebbe né la grande questione del lavoro povero, né la piaga del dumping contrattuale, né darebbe maggior forza alla contrattazione collettiva''. Bonomi ha quindi sottolineato che ''la Costituzione ci obbliga a riconoscere al lavoratore un salario giusto" e questa funzione "è affidata alla contrattazione'', e in questo ambito bisogna sottolineare che l’industria ''negli ultimi vent’anni ha avuto dinamiche retributive di gran lunga superiori al resto dell’economia''.