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Chi comanda davvero in Libia: Almasri, lo scandalo italiano e la nuova guerra interna a Tripoli

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Chi comanda davvero in Libia: Almasri, lo scandalo italiano e la nuova guerra interna a Tripoli

Il colonnello Almasri era scomparso dai radar. In Italia lo avevamo conosciuto male: come il capo della polizia giudiziaria libica coinvolto in uno dei dossier più imbarazzanti degli ultimi anni, tra trattative sporche, foto con ufficiali italiani, e intercettazioni che parlavano di migranti come “merce umana”. Poi il silenzio. Ora ricompare, ma in un ruolo completamente diverso: da apparato colluso a oppositore. Da uomo del sistema a suo nemico. E nel mezzo, una lotta per il potere in Libia che racconta molto più di quanto appare.

Chi comanda davvero in Libia: Almasri, lo scandalo italiano e la nuova guerra interna a Tripoli

Chi indagava sulla rotta libica lo sapeva: Almasri era uno snodo. Teneva i contatti con l’intelligence italiana, faceva da garante – così lo definivano – nei rapporti tra il Viminale e la mezzaluna dei centri di detenzione in Tripolitania. I documenti mostrano foto con funzionari italiani, promesse di cooperazione, pacche sulle spalle. Ma nel 2020 un’indagine della magistratura ha rivelato altro: inchieste parallele, testimonianze di abusi, e il sospetto che lo stesso Almasri fosse coinvolto nella gestione opaca – e violentissima – dei migranti fermati nel deserto o riportati in porto. Il caso finì sotto silenzio. E lui sparì.

Oggi: opposizione armata e ribaltamento di ruoli
Ora Almasri è riemerso. Fonti libiche lo indicano come uno degli ufficiali che stanno organizzando l’opposizione militare contro il governo di Tripoli, guidato da Abdulhamid Dbeibah. Una riorganizzazione che parte da Misurata e punta a costruire una nuova base di potere, in parte appoggiata da segmenti tribali, in parte alimentata dal fallimento della gestione centrale. Una mossa che non è passata inosservata nemmeno ai servizi occidentali, preoccupati da quello che potrebbe trasformarsi in un nuovo conflitto intestino.

Uno sviluppo imbarazzante anche per Roma
Il ritorno di Almasri costringe l’Italia a fare i conti con i suoi fantasmi. L’uomo che solo pochi anni fa era un interlocutore “utile” – e persino accreditato – è oggi una variabile impazzita, potenzialmente armata e ostile. Non solo: conosce le dinamiche, i nomi, le trattative. Conosce anche i dossier. È stato in grado di osservare da dentro la macchina che gestisce i flussi migratori nel Mediterraneo centrale. E ora potrebbe usarla come arma politica o come merce di scambio. A Roma, i palazzi della sicurezza non commentano. Ma si teme che possa emergere materiale sensibile.

Le vere crepe del governo Dbeibah
L’ascesa di Almasri sul fronte dell’opposizione racconta anche di quanto fragile sia il governo di unità nazionale sostenuto formalmente dalla comunità internazionale. A Tripoli, le tensioni interne si moltiplicano, e l’autorità centrale è sempre più debole. Milizie rivali, interessi economici divergenti, e una politica incapace di affrontare la corruzione o di redistribuire le ricchezze petrolifere stanno creando il terreno perfetto per una nuova frattura armata. E in tutto questo, il nome di Almasri – così ingombrante, così scomodo – torna a fare paura.

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