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Lega Araba, summit su Gaza verso il rinvio: diplomazia araba alla prova della crisi

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Lega Araba, summit su Gaza verso il rinvio: diplomazia araba alla prova della crisi

La Lega Araba potrebbe rinviare di alcuni giorni il summit previsto al Cairo il 27 febbraio, ufficialmente per "motivi logistici". A confermarlo è l’ambasciatore Hossam Zaki, vicesegretario generale aggiunto dell’organizzazione, che ha spiegato come l’obiettivo principale dell’incontro sia quello di formulare una posizione forte e solidale sulla causa palestinese, con particolare attenzione alla questione dello sfollamento forzato dei civili di Gaza.

Lega Araba, summit su Gaza verso il rinvio: diplomazia araba alla prova della crisi

La notizia, riportata dal sito Al Masrawy, arriva in un momento cruciale della crisi mediorientale, con il conflitto tra Israele e Hamas che continua a mietere vittime e a destabilizzare l’intera regione. Il possibile slittamento del vertice suggerisce che il mondo arabo stia ancora cercando un difficile equilibrio tra diverse posizioni, mentre le pressioni internazionali e gli interessi strategici dei singoli Stati membri rendono complesso trovare una linea comune.

Le fratture nel mondo arabo: tra condanna e mediazione

Dietro la decisione di posticipare il summit si celano tensioni e divergenze che da anni indeboliscono la capacità della Lega Araba di agire come un blocco compatto. La spaccatura tra gli Stati che puntano sulla diplomazia e quelli che chiedono una condanna più netta di Israele e dell’Occidente è sempre più evidente.

Da una parte ci sono l’Egitto e la Giordania, paesi che hanno firmato trattati di pace con Israele e che mantengono stretti rapporti con Washington. Il Cairo, in particolare, è in una posizione delicata: da un lato sostiene la causa palestinese, dall’altro teme un flusso massiccio di rifugiati provenienti da Gaza e cerca di evitare che il Sinai diventi una zona di insediamento permanente per i palestinesi sfollati.

Dall’altra parte ci sono paesi come l’Algeria, l’Iraq e alcune monarchie del Golfo, che chiedono una posizione molto più dura contro Israele e gli Stati Uniti. Per questi Stati, il summit dovrebbe servire a esercitare pressioni concrete, fino ad arrivare a decisioni drastiche, come la sospensione di rapporti diplomatici e commerciali con Israele e una maggiore cooperazione con l’Iran, principale sponsor della resistenza palestinese.

La questione dello sfollamento: un tema esplosivo
Uno dei punti più critici dell’agenda del summit riguarda la questione dello sfollamento forzato dei palestinesi di Gaza. Israele ha intensificato le operazioni militari nel sud della Striscia, costringendo centinaia di migliaia di civili a fuggire verso il confine con l’Egitto. L’ipotesi di un trasferimento massiccio di palestinesi nel Sinai è stata apertamente rifiutata dal governo egiziano, che teme di trasformare la penisola in un’enclave permanente di rifugiati, con il rischio di destabilizzare l’intero paese.

L’Egitto non è il solo a opporsi a questa prospettiva. Anche la Giordania ha espresso preoccupazione per l’eventuale pressione migratoria che potrebbe spingersi fino ai suoi confini, e altri paesi arabi vedono lo sfollamento come una possibile strategia israeliana per ridisegnare la geografia della Palestina, impedendo di fatto la realizzazione di uno Stato palestinese sovrano.

Un summit che può ancora contare?
La Lega Araba si trova così davanti a un bivio. Se da un lato il summit rappresenta un’opportunità per ricompattare il fronte arabo e dare un segnale di unità, dall’altro il rischio è che si concluda con un nulla di fatto, come già accaduto in passato. Le divisioni interne, la mancanza di strumenti reali per esercitare pressioni su Israele e le differenti priorità geopolitiche dei suoi membri rendono difficile immaginare un esito realmente incisivo.

Negli ultimi anni, la Lega Araba ha più volte dimostrato di essere un organismo con poca capacità d’azione. La normalizzazione dei rapporti tra alcuni Stati arabi e Israele nell’ambito degli Accordi di Abramo ha ulteriormente indebolito il suo ruolo, facendo emergere una frattura tra i paesi che mantengono un approccio pragmatico e quelli che invece continuano a vedere Israele come un nemico esistenziale.

Il rischio concreto è che, anche stavolta, il summit si concluda con dichiarazioni di principio, ma senza azioni concrete. In un momento in cui le piazze arabe tornano a mobilitarsi per la causa palestinese e il mondo occidentale fatica a trovare una soluzione diplomatica efficace, il ruolo della Lega Araba appare sempre più fragile e marginale.

Cosa aspettarsi nei prossimi giorni

Il rinvio del summit potrebbe servire a guadagnare tempo per cercare di raggiungere un compromesso tra le varie anime della Lega Araba. Tuttavia, se l’organizzazione non sarà in grado di formulare una posizione chiara e condivisa, il rischio è che la sua credibilità venga ulteriormente erosa.

Mentre la guerra continua e la popolazione di Gaza affronta una crisi umanitaria senza precedenti, la risposta del mondo arabo rimane incerta. Il tempo per le dichiarazioni di circostanza sembra finito: o la Lega Araba riuscirà a trovare un’unità d’azione o rischierà di perdere definitivamente il suo ruolo nella politica mediorientale.

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