A fine dicembre 2024, sono 28 i contratti collettivi nazionali di lavoro ancora in attesa di rinnovo, coinvolgendo circa 6,6 milioni di lavoratori, pari al 50,8% dei dipendenti complessivi. Lo segnala l’Istat nel suo ultimo aggiornamento, evidenziando tuttavia una riduzione significativa del tempo medio di attesa per il rinnovo contrattuale: dai 34,1 mesi registrati a gennaio 2024 ai 21,7 mesi di fine anno. Un trend positivo che segnala una parziale accelerazione delle trattative, ma che lascia aperti interrogativi sulle dinamiche salariali in rapporto all’inflazione e al potere d’acquisto.
Istat: 28 contratti in attesa di rinnovo per 6,6 milioni di lavoratori
Nel panorama dei rinnovi, il settore pubblico continua a pesare in modo rilevante: comparti come scuola, sanità e amministrazioni locali restano in larga parte ancora privi di un nuovo accordo economico. L’ultimo aggiornamento dell’Aran – l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni – indica che le trattative sono in corso per numerosi comparti, ma l’effettiva chiusura dei contratti dipenderà dalla disponibilità di risorse e dalla volontà politica di accelerare il processo.
Nel settore privato, la situazione è più frammentata: alcune grandi categorie, come il commercio e la logistica, hanno ancora margini di negoziazione aperti, mentre per comparti come il metalmeccanico il rinnovo è stato già definito nei mesi precedenti, seppur con rivendicazioni sindacali ancora in corso su alcuni aspetti economici.
Il nodo inflazione e il potere d’acquisto
Un tema centrale nelle trattative è l’adeguamento salariale rispetto all’andamento dell’inflazione. Secondo l’Istat, nel 2024 i salari contrattuali hanno registrato una crescita media del 2,3%, mentre l’inflazione si è attestata intorno al 5% nella prima metà dell’anno per poi scendere al 2,8% a dicembre. Questo significa che, per una parte significativa dei lavoratori, il recupero del potere d’acquisto è ancora parziale e dipenderà dagli accordi futuri.
I sindacati continuano a chiedere incrementi più sostanziosi, specie nei settori con maggiore sofferenza economica, mentre le associazioni datoriali insistono sulla necessità di contemperare gli aumenti con la sostenibilità finanziaria delle imprese, in un contesto economico ancora fragile e influenzato dall’incertezza geopolitica e dalle dinamiche internazionali.
Tempi di attesa in calo, ma il rischio arretrati pesa sulle aziende
La riduzione del tempo medio di attesa per i rinnovi è un segnale positivo che mostra un’accelerazione rispetto agli anni precedenti, quando i tempi di rinnovo superavano spesso i tre anni. Tuttavia, l’accumulo di arretrati salariali derivanti dai lunghi periodi di stallo potrebbe rappresentare una voce di costo significativa per le aziende, che si troveranno a dover riconoscere aumenti pregressi in un’unica soluzione o tramite rateizzazioni.
Un esempio emblematico è quello della scuola, dove il rinnovo contrattuale ha visto lunghe attese e dove gli arretrati hanno pesato in modo rilevante sulle casse dello Stato. Lo stesso vale per la sanità, dove il personale medico e infermieristico attende da tempo un adeguamento che tenga conto non solo dell’inflazione, ma anche della crescente pressione sulle strutture ospedaliere.
Prospettive e scenari futuri
Guardando ai prossimi mesi, la sfida per il governo e le parti sociali sarà quella di garantire un equilibrio tra sostenibilità economica e giusta retribuzione per i lavoratori. Un punto centrale sarà il ruolo della contrattazione decentrata, che in alcuni settori potrebbe diventare il principale strumento per calibrare gli aumenti in base alle specificità aziendali e territoriali.
D’altra parte, il dibattito politico potrebbe influenzare le dinamiche contrattuali, soprattutto in vista delle elezioni europee e delle strategie economiche che il governo deciderà di adottare nel Documento di Economia e Finanza (Def) di aprile.
In definitiva, il 2025 si apre con un quadro in chiaroscuro: da un lato, il calo dell’attesa media per i rinnovi è un segnale positivo, dall’altro, la necessità di chiudere rapidamente le trattative rimane una priorità per evitare ulteriori ritardi e tensioni sociali.