Viviamo più a lungo, eppure restiamo più vulnerabili. Il nuovo rapporto del ISTAT scatta una fotografia in alta definizione del benessere in Italia: da un lato un Paese tra i più longevi d’Europa, dall’altro un Paese dove quasi 1 su 5 è esposto al rischio di povertà. Una doppia faccia che merita di essere raccontata nei dettagli.
Longevità da primato, ma a che prezzo?
Nel 2024 l’aspettativa di vita alla nascita in Italia è stimata a 84,1 anni, rispetto alla media dell’UE-27 di circa 81,7 anni. Questo dato conferma il primato del nostro Paese in tema di durata della vita, grazie anche a fattori come stile alimentare, contesti sociali e diffusione delle cure primarie.
Tuttavia, questo successo demografico convive con ombre rilevanti: vivere di più non significa automaticamente vivere meglio sul piano economico e sociale.
Quasi una persona su cinque a rischio povertà
Il rapporto Bes 2024 registra un dato allarmante: l’incidenza del rischio di povertà in Italia è al 18,9%, superiore alla media europea di 16,2%. In pratica, quasi una persona su cinque rischia di non avere un reddito sufficiente per condurre uno stile di vita minimo.
Parallelamente, il rapporto tra reddito del 20% più ricco e quello del 20% più povero (indice di disuguaglianza) in Italia è pari a circa 5,5, contro una media Ue27 di circa 4,7. Il divario economico è quindi più accentuato nel nostro Paese.
Lavoro, istruzione, ricerca: tre nodi centrali
La fragilità si manifesta in più fronti. Nel mercato del lavoro, il tasso di occupazione in Italia è pari al 67,1%, circa 8,7 punti inferiore alla media Europea. Il lavoro femminile registra perfino un valore più basso (57,4%) rispetto alle donne nell’UE (~70,8%).
Sul fronte dell’istruzione la situazione non è confortante: solo il 31,6% dei giovani 25-34enni italiani è laureato, contro una media Ue del 44,1%. La scarsità di formazione di alto livello condiziona l’accesso a lavori qualificati e ben retribuiti.
Anche l’innovazione è in ritardo: l’Italia investe circa lo 1,37% del Pil in ricerca e sviluppo, rispetto al ~2,22% della media Ue27. Una minore spinta innovativa si traduce spesso in produttività più bassa, salari stagnanti e quindi maggiore vulnerabilità economica.
Ma ci sono anche segnali positivi
Non tutto è negativo. Nel dominio della salute e della sicurezza, l’Italia presenta performance sopra la media europea: ad esempio il tasso di omicidi è circa 0,6 ogni 100.000 abitanti, contro ~0,9 della media Ue. Anche l’onere dell’abitare – ossia la percentuale di famiglie che spendono troppo per la casa – si mantiene al di sotto della media europea, alleviando una delle pressioni economiche sulla famiglia.
Che cosa ci dicono questi numeri sul futuro dell’Italia
Il quadro che emerge è segnato da un forte contrasto: da una parte la capacità dell’Italia di garantire lunga vita; dall’altra la difficoltà sistemica a garantire una vita economicamente dignitosa e stabile. Se la longevità italiana è un patrimonio, per trasformarla in solido benessere servono politiche e investimenti mirati su lavoro, formazione, ricerca, innovazione.
In termini molto concreti: senza un salto di qualità su occupazione femminile, istruzione elevata, sostegno alla ricerca e sviluppo, il rischio è che la lunga vita si traduca in apprensione, più che in opportunità.
L’Italia può vantare un record di vita, ma paga un prezzo alto in termini di vulnerabilità sociale. La vera sfida adesso non è soltanto vivere di più, ma vivere meglio.