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Istat, fiducia divisa: imprese in risalita, consumatori in affanno

- di: Bruno Legni
 
Istat, fiducia divisa: imprese in risalita, consumatori in affanno

Clima in chiaroscuro per l’Italia: aziende in corsa, famiglie in frenata sulla voglia di spendere.

(Foto: Michele Camisasca, Direttore Generale Istat).

A novembre 2025 l’Italia scopre di avere due umori economici opposti. Da un lato ci sono le imprese, che guardano ai prossimi mesi con una fiducia in netto recupero. Dall’altro ci sono i consumatori, sempre più cauti e preoccupati per il futuro. I dati ufficiali sulla fiducia raccontano un Paese spaccato proprio sul terreno più volatile ma decisivo: le aspettative.

Il quadro è paradossale: fatturato in crescita nell’industria e nei servizi, aspettative positive tra gli imprenditori, un rimbalzo dell’export dopo la fase di incertezza legata ai dazi americani. Ma al tempo stesso il morale delle famiglie scivola ai livelli più bassi da mesi, con un clima futuro in marcato peggioramento. È la fotografia di un’economia che corre con le imprese, ma rischia di essere frenata dal pessimismo di chi dovrebbe comprare beni e servizi.

Imprese in risalita tra industria, servizi e commercio

L’indicatore composito di fiducia delle aziende torna a salire e si porta sui massimi dall’aprile 2024. A migliorare sono praticamente tutti i comparti: industria manifatturiera, servizi di mercato e commercio al dettaglio descrivono un clima più favorevole rispetto ai mesi precedenti.

Nell’industria, oltre ai giudizi sugli ordini, cresce la componente legata alle aspettative di produzione. Dopo il calo di agosto, attribuito da molte associazioni di categoria alle tensioni sui dazi e al conseguente rallentamento delle esportazioni, il fatturato ha registrato a settembre un rimbalzo intorno al 2% rispetto al mese precedente e superiore al 3% su base annua. Le dinamiche risultano positive non solo sui mercati esteri, ma anche sul mercato interno, dove si rileva un miglioramento dei volumi venduti.

Bene anche i servizi, che mostrano una crescita del giro d’affari vicina al 2% sul mese e oltre il 4% su base annua. Si tratta di un settore che intercetta direttamente la ripartenza di turismo, logistica, trasporti, ristorazione e attività professionali. A trainare il morale delle imprese c’è soprattutto l’idea che, nonostante il contesto internazionale instabile, il tessuto produttivo italiano abbia ritrovato una certa capacità di tenuta.

Nel commercio al dettaglio gli operatori segnalano un miglioramento delle attese sulle vendite future, complice l’avvio della stagione degli acquisti invernali. La cosiddetta “Black Week” e la prospettiva delle festività continuano a rappresentare una boccata d’ossigeno per molti negozi, che guardano a fine anno come a un banco di prova decisivo per i fatturati.

Consumatori più pessimisti, rischia la stagione degli acquisti

Se il mondo produttivo guarda avanti con fiducia, sul versante delle famiglie il clima è esattamente opposto. L’indice di fiducia dei consumatori scende ai minimi dall’aprile 2025 e tutte le componenti si deteriorano: il giudizio sulla situazione economica del Paese, quello sulla condizione personale, la percezione del presente e – soprattutto – le aspettative per il futuro.

Il cosiddetto “clima economico” generale arretra, il “clima personale” diventa più prudente e il “clima futuro” subisce il colpo più duro, scivolando di diversi punti in un solo mese. A pesare sono l’incertezza sul lavoro, il timore di vedere erosi i risparmi, l’aumento dei costi fissi e la sensazione diffusa che le prossime mensilità non saranno più leggere.

Le associazioni dei consumatori parlano di segnale d’allarme. Una nota sintetizza così la situazione: “Quando la fiducia cala, la propensione alla spesa si riduce: le famiglie rinviano gli acquisti più impegnativi e si concentrano sull’essenziale, con effetti immediati sull’economia reale”, sottolinea un esponente di una delle principali sigle a tutela dei consumatori.

Particolarmente significativa è la flessione delle opportunità percepite di acquistare beni durevoli, proprio quelli che, in teoria, dovrebbero animare il periodo che va dagli sconti di fine novembre alle feste di fine anno: elettrodomestici, elettronica, arredamento, auto. Se la fiducia resta bassa, la “stagione d’oro” per il commercio rischia di trasformarsi in un test sulla capacità delle famiglie di difendere il proprio potere d’acquisto.

Un Paese a doppia velocità tra imprese e famiglie

Il risultato è un’Italia che corre a doppia velocità. Le imprese, sospinte da fatturati in recupero e da un export che prova a rialzare la testa nonostante i dazi, sembrano pronte a investire e a pianificare il futuro. Le famiglie, invece, tirano il freno a mano, temendo che il quadro economico possa peggiorare nei prossimi mesi.

Questa divergenza non è un dettaglio statistico, ma un problema di fondo. In un’economia come quella italiana, dove la domanda interna pesa in modo decisivo, la salute dei conti delle imprese è legata anche al morale delle famiglie. Se chi produce è fiducioso, ma chi compra non lo è, la ripresa rischia di restare incompleta.

A preoccupare gli economisti è soprattutto il fatto che il calo di fiducia dei consumatori non si limita al giudizio sull’oggi, ma investe in pieno il domani: aspettative più cupe su redditi, occupazione e risparmi possono tradursi in un rallentamento dei consumi anche nel medio periodo, proprio mentre le aziende stanno programmando nuovi investimenti.

Cosa serve per ricucire la fiducia e non sprecare la ripresa

Perché la ripartenza non resti confinata dentro i capannoni e gli uffici delle imprese, servono segnali chiari anche verso le famiglie. Ridurre l’incertezza su lavoro e stipendi, sostenere il potere d’acquisto dei redditi più fragili, stabilizzare il quadro delle politiche economiche sono condizioni essenziali per trasformare i numeri incoraggianti dei fatturati in crescita reale e duratura.

In questa cornice il ruolo delle istituzioni è decisivo. Misure fiscali mirate, interventi su salari e cuneo fiscale, strumenti per proteggere i risparmi e sostenere gli investimenti delle famiglie possono contribuire a ricostruire un clima di fiducia. Allo stesso tempo, anche il mondo produttivo è chiamato a fare la sua parte, investendo in qualità, innovazione e lavoro stabile.

L’impressione è che l’Italia si trovi davanti a un bivio: da una parte la possibilità di agganciare una fase di crescita più robusta, dall’altra il rischio che il pessimismo dei consumatori freni sul nascere il rimbalzo del sistema produttivo. Ricucire questo strappo tra imprese e famiglie non è solo una questione di statistiche: è la condizione per evitare che, ancora una volta, il Paese sprechi una finestra di ripresa.

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