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Crescita ferma, produttività in affanno: il bilancio ISTAT sul decennio economico italiano

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Crescita ferma, produttività in affanno: il bilancio ISTAT sul decennio economico italiano
Il decennio 2014-2024 per l’economia italiana si chiude con un bilancio in chiaroscuro. L’Istat, nel suo rapporto annuale, definisce il profilo di crescita del Paese come “positivo ma con ritmo piuttosto modesto”. Un giudizio che fotografa fedelmente l’andamento del Pil e della produttività, su cui pesano tanto le incertezze del contesto internazionale quanto le fragilità strutturali del sistema economico interno. La produttività del lavoro è cresciuta in media dello 0,3% annuo, mentre la produttività totale dei fattori si è attestata a un +0,7%. Un progresso lento, frenato dalla debolezza della domanda interna, erosa dalla perdita di potere d’acquisto delle famiglie e da una struttura produttiva che non ha saputo innovarsi con sufficiente vigore.

Crescita ferma, produttività in affanno: il bilancio ISTAT sul decennio economico italiano

Il quadro tracciato dall’Istituto di statistica parte dalla recessione 2011-2013 legata alla crisi del debito sovrano, cui ha fatto seguito un periodo di stagnazione e poi una moderata ripresa, già in esaurimento prima della pandemia. Il biennio 2021-2022 ha visto un recupero rapido dei livelli pre-Covid, ma il ritmo si è poi assestato su livelli contenuti, con la crescita concentrata in settori poco dinamici. Il rallentamento si lega a dinamiche inflazionistiche e a un sistema produttivo composto da imprese piccole, settori a basso contenuto tecnologico e investimenti ancora troppo fragili in innovazione.

Produttività in calo nel 2024

Il 2024 segna un’inversione di tendenza negativa per tutti gli indicatori di produttività. La produttività del lavoro, considerando solo il settore delle imprese (escluse amministrazioni pubbliche, servizi domestici e locazioni), è diminuita del 2%. Il calo è attribuito all’aumento delle ore lavorate più rapido rispetto alla crescita del valore aggiunto, in particolare nei servizi ad alta intensità di lavoro come il turismo. La produttività del capitale ha registrato una flessione dello 0,2%, a fronte di un incremento medio annuo dell’1,6% nel decennio, mentre la produttività totale dei fattori ha segnato un calo dell’1,3%, in contrasto con il +0,7% medio degli anni precedenti.

Il ruolo dei fattori produttivi

Scomponendo la dinamica del valore aggiunto – cresciuto in media dell’1,6% annuo tra il 2014 e il 2024 – l’apporto della ptf si attesta a 0,7 punti percentuali. Si tratta di un dato in discesa rispetto al quinquennio pre-Covid, in cui la ptf contribuiva per 0,9 punti. Negli ultimi due anni il rallentamento del valore aggiunto si spiega con una stagnazione degli investimenti in capitale e una ptf negativa, che ha sottratto 1,3 punti alla dinamica dell’output, vanificando l’effetto positivo dell’incremento del lavoro.

Le leve per invertire la rotta

Secondo l’Istat, la chiave per rilanciare la produttività risiede in tecnologia, innovazione e digitalizzazione. Questi elementi agiscono attraverso la ptf e il capitale, in particolare nelle sue componenti ict (hardware, software, telecomunicazioni, database) e non-ict (ricerca e sviluppo, capitale immateriale). Entrambe le componenti hanno beneficiato negli ultimi anni degli incentivi del Pnrr e dei programmi di sostegno agli investimenti industriali. Anche il settore delle costruzioni ha beneficiato di incentivi specifici, che hanno alimentato la crescita del capitale materiale non-ict.

Tecnologia e crescita, un binomio ancora debole

Malgrado gli incentivi e le politiche attivate, l’incidenza delle attività ad alta tecnologia sul tessuto economico resta limitata. Nel settore manifatturiero rappresentano circa l’8% del valore aggiunto e il 4,5% degli occupati, mentre nei servizi si fermano al 6% del valore aggiunto e al 3% degli occupati. Un divario che conferma la necessità di rafforzare il legame tra tecnologia e competitività, anche per le imprese non alla frontiera dell’innovazione. Per l’Istat, solo una decisa spinta verso la conoscenza potrà garantire un’accelerazione strutturale della produttività italiana.
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