Asia: protagonisti, strategie, prospettive, scenari: parla l'ambasciatore Maurizio Melani
- di: Leonardo Dini
Maurizio Melani, oggi professore di relazioni internazionali della università Link Campus, è stato direttore generale per l'Africa del Ministero degli Esteri Italiano e precedentemente Ambasciatore Italiano in Iraq e in Etiopia. A lui, Italia Informa ha chiesto il suo punto di vista sugli scenari odierni e di prospettiva dell'Asia.
Asia: intervista all'ambasciatore Maurizio Melani
Ambasciatore Melani, di fronte ai considerevoli movimenti in atto negli equilibri geopolitici internazionali, cosa pensa del ruolo di Cina e India: nasce un nuovo blocco di potere orientale oppure l'Occidente riuscirà a conservare il ruolo storico attuale?
Cina e India possono realizzare convergenze di convenienza, ma sono rivali storici nel continente asiatico. Le convergenze hanno origine in comuni diffidenze nei confronti dell'Occidente dal quale hanno subito le sottomissioni in epoca coloniale: in India il dominio britannico in varie forme per circa due secoli; in Cina l'accerchiamento e il controllo economico e commerciale da parte di europei, americani, giapponesi ed in misura rilevante anche russi. Durante la guerra fredda l'India, tra i maggiori Paesi guida del Movimento dei Non Allineati, aveva rilevanti rapporti politici e militari con l'Unione Sovietica in funzione anti Pakistan, alleato contemporaneamente degli Stati Uniti e della Cina, che tra la fine degli anni cinquanta e l'inizio degli anni sessanta era entrata in rotta di collisione con l'URSS per l'egemonia in Asia e nel movimento comunista mondiale. Successivamente la Cina aveva combattuto con l'Unione Sovietica una breve guerra di confine alla fine di quel decennio. All'inizio di quello successivo aveva raggiunto una intesa con Washington e, dopo l'uscita degli americani dal Vietnam, i due Paesi comunisti avevano sfiorato una nuova guerra per il controllo della penisola indocinese. Il fatto che l'India, in conformità ad una sua consolidata tradizione, non sia disponibile ad una alleanza stabile proposta dagli Stati Uniti (il Quad con Australia e Giappone, accettato soltanto come foro di consultazione) non significa che essa abbia intenzione di farlo con Pechino. Si comporterà in funzione di quelli che riterrà essere i propri interessi tra i quali vi è quello di contenere la Cina, ma senza legarsi troppo all'Occidente, che in un mondo multipolare non è oltretutto una entità omogenea. Il ruolo egemone dell'Occidente non è certamente più quello di alcuni decenni fa.
Taiwan: i cinesi cosa faranno di fronte a una reazione militare o sanzionatoria finanziaria americana verso la Cina e quali conseguenze in caso di invasione cinese dell'Isola?
Mi posso sbagliare, ma non credo che la Cina intenda occupare Taiwan con la forza. Accanto al grado di percezione della credibilità della necessaria deterrenza americana, una guerra avrebbe conseguenze devastanti per l'economia cinese, come per quella mondiale. Xi Jinping si è impegnato a realizzare l'unificazione con Taiwan entro il 2049, centenario della nascita della Repubblica Popolare. Da qui ad allora molte cose potranno accadere in Cina, a Taiwan e negli Stati Uniti. Nel frattempo vi sarà una tensione permanente con alti e bassi che può sfuggire di mano. Ritengo tuttavia che sarà mantenuto un dialogo ai livelli appropriati per evitare o comunque gestire incidenti, come avveniva tra Washington e Mosca durante la guerra fredda. Sta di fatto che l'ambiguità strategica della "One China Policy" e del non riconoscimento di Taiwan come Stato indipendente, accompagnata dall'assunto che non sia usata la forza per realizzare l'unificazione, aveva come corollario il principio "One China Two Systems" implicante il riconoscimento di una diversità da preservare dei sistemi economici e politici delle due entità. La vanificazione di tale principio ad Hong Kong ne ha fatto venire pesantemente meno la credibilità con la conseguenza che a Taiwan prevalgono largamente i favorevoli all'indipendenza per evitare i rischi che comporterebbe una unificazione in base a tale non più credibile principio. E questo malgrado gli stretti rapporti economici esistenti che le due parti stanno peraltro progressivamente riducendo. Un aspetto importante da considerare è che Taiwan è il maggiore produttore nel mondo di microprocessori, indispensabili in tutte le evoluzioni tecnologiche in corso. Riguardo ad eventuali sanzioni che vadano oltre certi necessari livelli (ad esempio restrizioni per salvaguardare sicurezza e autonomia strategica) ritengo che una loro introduzione sarà valutata con molta attenzione tenendo conto delle conseguenze che queste potrebbero avere sull'economia mondiale. Sanzioni generalizzate analoghe a quelle adottate nei confronti della Russia diventerebbero molto probabili, se non inevitabili con le citate conseguenze, nel caso di un effettivo attacco militare cinese a Taiwan.
L'India ha, come la Turchia, un ruolo ambiguamente bipartisan. Da che parte starà in futuro e quali interessi e conseguenze avrà in gioco nelle due opzioni pro Russia e Cina o pro Usa e Europa?
Ho già in gran parte risposto a questa domanda. Quel che posso aggiungere è che, come tra Cina e India, la convergenza attuale tra Russia e Cina ha, nella volontà delle due parti, motivazioni di convenienza reciproca che difficilmente prefigurano però la costituzione di un blocco strutturato e coeso. La Cina ha rancori storici verso la Russia non inferiori a quelli che ha verso l'Occidente fin dalla politica di espansione coloniale degli zar in Asia. Ho già detto dei loro conflitti nella seconda metà del novecento. Tra i due Paesi vi è una forte asimmetria. La Cina ha un numero di abitanti e un PIL dieci volte superiori a quelli della Russia. Questa ha immensi territori vuoti, ma potenzialmente fertili, se ben gestiti, in parte sottratti a suo tempo dagli zar al controllo cinese. La Russia ha ora bisogno dell'aiuto della Cina che (al di là di una retorica riaffermata nell'ambito della Shangai Cooperation Organisation, la Sco ) glielo concede con il contagocce. La Cina acquista idrocarburi dalla Russia, ma i gasdotti costruiti o in costruzione manterranno le forniture ad un livello non oltre un certo limite perché Pechino non vorrà dipenderne troppo. Profittando della debolezza della Russia, che ha crescenti difficoltà di esportazione a causa delle sanzioni di carattere finanziario, è la Cina che fissa il prezzo. E' anche per questo che i due Paesi competono per il controllo delle risorse dell'Asia Centrale. Un "asse" tra i due comporterebbe una posizione di subordinazione della Russia che questa avrebbe difficoltà ad accettare. L'Occidente nel suo insieme trarrebbe comunque un vantaggio dall'evitare di spingere una verso l'altra.
L'Iran sta emergendo a sua volta come stakeholder: farà blocco con Cina e India, o come la Turchia, avrà un ruolo indipendente?
L' Iran, come gli altri, perseguirà quelli che i suoi dirigenti riterranno essere i propri interessi. Aderisce alla Sco per cercare alleati nella sua contrapposizione agli Stati Uniti, e si muoverà tra Russia e Cina anche in funzione delle circostanze e dei comportamenti dei suoi rivali regionali: Turchia, Arabia Saudita e Pakistan. Si sta ricostituendo una realtà simile al Movimento dei Non Allineati, con Paesi apparentemente uniti nel contestare l'ordine mondiale egemonizzato dall'Occidente, ma divisi tra loro da rivalità regionali per le quali cercavano il sostegno a seconda dei casi e dei momenti degli Stati Uniti, delle potenze ex-coloniali, dell'URSS o della Cina.