De Agostini (Mediolanum): "Una comunicazione coerente per costruire un rapporta di fiducia col pubblico"

- di: Redazione
 
Le nuove frontiere della comunicazione e del suo ecosistema, la centralità della reputation, le caratteristiche e i cambiamenti delle relazioni esterne, gli insegnamenti che lascia la pandemia, l’urgenza di una maggiore educazione finanziaria degli italiani. Questo e molto altro nell’intervista a Roberto De Agostini, Head of Media & Public Relations di Banca Mediolanum.

Banca Mediolanum: intervista a Roberto De Agostini

L’ecosistema della comunicazione sta attraversando un mutamento profondo, caratterizzato sempre più dalla necessità di quella che viene definita ‘comunicazione integrata’. Qual è il suo concetto di ‘comunicazione integrata’? Quali le opportunità e i rischi? E come è cambiata e sta cambiando la professionalità richiesta a un comunicatore?
Si parla di comunicazione integrata da oltre un decennio ormai, con un’accezione però prevalentemente riferita ai mezzi e agli strumenti utilizza-ti. Io sono convinto che oggi sia fondamentale fare un passo avanti, raggiungendo una piena integrazione anche in termini di contenuto. Altrimenti si corre il rischio che, per salvaguardare la peculiarità del singolo mezzo e il relativo pubblico di riferimento, si vada a pregiudicare il messaggio che si vuole veicolare. Per di più io non vedo pubblici così separati e distinti per canale. Per quanto riguarda invece l’evoluzione del ruolo del comunicatore, oggi è richiesto innanzitutto grande buon senso, mente aperta e curiosità verso la società per saperne intercettare i cambiamenti, sempre più frequenti e ravvicinati. Non è strettamente necessario focalizzarsi sui tecnicismi dei singoli media, ma occorre piuttosto avere sempre ben presente la visione di insieme e gli obiettivi di un’azione di comunicazione.

Lei ha affermato che “costruire un rapporto di fiducia con i risparmiatori significa anche farlo attraverso una comunicazione coerente nel tempo.” Ci può esporre brevemente come questo concetto si traduce concretamente in Banca Mediolanum, dato che la comunicazione è stata sempre nel DNA di questa Banca?
Il paradigma base è assicurare coerenza tra la propria identità, le azioni e i comportamenti posti in essere e quello che si comunica. E fare ciò in modo continuativo nel tempo. Questo è l’unico modo per costruire un rapporto di fiducia e credibilità con il pubblico e generare reputazione. Può sembrare semplice e scontato, ma tradurlo nei fatti le assicuro che non lo è. Il nostro famoso claim “Banca Mediolanum, costruita intorno a te”, che ci accompagna da oltre 20 anni, non è un semplice slogan, ma un messaggio coerente con la nostra identità e la nostra storia. Una banca che ha saputo rivoluzionare il servizio bancario, mettendo il cliente al centro e spostando il servizio dalla sua parte. Per farlo, Ennio Doris nel 1997 ha creato una banca nativa senza sportelli dove il cliente ha a disposizione una serie di canali digitali per fruire sempre e ovunque dei servizi bancari. Accanto a ciò, può contare sulla figura del Family Banker, il consulente finanziario che lo affianca nella gestione di tutte le esigenze finanziarie più complesse. In termini di comunicazione poi non si era mai visto un banchiere metterci la faccia in prima persona: una fortissima rottura degli schemi, che permette ai risparmiatori di vedere il volto di colui al quale affidano i propri risparmi. Una scelta che Massimo Doris ha deciso di proseguire in piena continuità con il padre. Una banca che ha dimostrato di saper essere sempre vicina ai propri clienti, ancor più nei momenti di difficoltà: l’operazione Lehman Brothers risale al 2008, il taglio unilaterale degli spread dei mutui al 2010, gli interventi nel terremo-to in centro Italia al 2016. Se guardiamo poi alla strettissima attualità, già a cinque giorni dall’incendio che ha colpito la Torre del Moro a Milano siamo tempestivamente intervenuti con aiuti concreti a favore dei condomini.

Lei, in particolare è quello che una volta si chiamava “capo ufficio stampa”, oltre ad essere responsabile relazioni pubbliche. Come sono queste professioni oggi e quali sinergie ci sono tra questi due mondi?
Oggi chi si occupa di relazioni esterne deve sempre più padroneggiare i contenuti dell’azienda per la quale lavora, condividerne i valori e cono-scerne a fondo il business. Ritorna il tema dei contenuti, oggi importanti quanto un buon portafoglio di relazioni, che rimane ovviamente cruciale. Si deve poi prestare molta attenzione all’interno della propria azienda: se non si gode di credibilità e fiducia internamente, non si può esercitare questo ruolo e “andare in esterno”. In termini generali, credo comunque sia importante sottolineare come si stia generando una sempre maggiore professionalizzazione di queste figure: sempre più spesso se ne coglie il valore strategico e le competenze composite richieste.

Una comunicazione inclusiva rispetta tutti i suoi destinatari. Però, a volte il dialogo tra emittente e destinatario risulta a favore del primo, che cerca di imporre il proprio punto di vista senza valutare peculiarità ed esigenze dell’interlocutore. Cosa rappresenta per lei il concetto di ‘inclusivity’ e come renderlo concreto nel campo della comunicazione?
Anche sotto questo aspetto, è cambiato tutto: guardando al settore bancario, oggi non c’è più quella sorta di sudditanza che per decenni ha contraddistinto la relazione tra risparmiatore e istituto bancario. Un rapporto che spingeva a rimanere clienti della stessa banca in modo quasi inerziale. Oggi il cliente sceglie la banca che meglio risponde alle sue esigenze. Lo stesso vale per la comunicazione. Non c’è più un rapporto unidirezionale tra chi comunica e l’audience di riferimento. C’è una tale pluralità di soggetti nel mondo della comunicazione che, se il pubblico non ti ritiene affidabile e interessante, smette di seguirti e cambia interlocutore. Non c’è un problema di inclusività a monte, oggi c’è un tema di risultare interessante a valle. Il problema maggiore che intravedo, tuttavia, è un altro: in questo mondo di continua iper-informazione, il vero pun-to è saper cogliere contenuti di qualità, saper individuare il valore nel confuso rumore di sottofondo che quotidianamente ci travolge.

Comunicazione e risparmio. Lei in un’intervista ha affermato che in Italia c’è “un grosso problema di educazione finanziaria”. Infatti i depositi a breve, definiti anche ‘risparmio ozioso’, sono aumentati vertiginosamente mentre queste risorse servirebbero al rilancio dell’economia. Cosa fare per scongelare questo enorme iceberg di risparmio ozioso? Un tema che coinvolge a pieno il mondo della comunicazione.
La gestione del risparmio è un tema che ci riguarda tutti, aldilà delle diverse esigenze legate ai progetti e agli obiettivi di vita di ciascuno di noi. In Italia manca però ancora oggi una diffusa educazione finanziaria di base: quali sono i punti chiave di una buona pianificazione finanziaria, il tema della diversificazione e del corretto orizzonte temporale negli investimenti, cosa significa vivere nell’epoca dei tassi negativi… Tutto ciò in un Paese che, paradossalmente, si contraddistingue da sempre per un’enorme capacità di risparmio privato. Una inefficienza sistemica: circa € 1.800 miliardi di liquidità parcheggiata sui conti correnti che non rendono nulla ai risparmiatori e potrebbero invece essere enormemente utili al nostro Paese se messi in circolo a favore dell’economia reale. E un ottimo strumento per farlo esiste già: i PIR che, oltre ad essere ideali per investire in un’ottica di lungo periodo nel nostro Paese, prevedono anche importanti esenzioni fiscali per i sottoscrittori. E’ evidente quindi che c’è un problema di educazione finanziaria e, strettamente collegato, un problema di comunicazione. E’ sempre mancato un approccio semplice e diretto a temi che, seppur impattanti per le vite di tutti, vengono percepiti come lontani e per addetti ai lavori. Banca Mediolanum è da sempre impegnata su questo fronte e, seppur in un contesto complesso come quello attuale, siamo tornati a parlare di questi temi anche sul territorio per essere vicini ai nostri clienti.

Cosa ha insegnato e insegna, nell’ottica degli argomenti che abbiamo finora toccato, la pandemia da Covid-19?
La pandemia rappresenta uno spartiacque in questo senso, perché ha accelerato esponenzialmente l’utilizzo del digitale nella nostra vita quoti-diana. In brevissimo tempo abbiamo dovuto imparare a lavorare quasi esclusivamente in remoto e abbiamo scoperto che, sotto certi aspetti, il lavoro può risultare più comodo ed efficiente. Lo stesso vale per lo shopping con lo smartphone, l’intrattenimento su Netflix, la visione del calcio. Oggi l’instant messaging è il principale strumento di comunicazione e, per certe professioni, addirittura di lavoro. E non è più raro fare una video-chiamata ad un amico anche se non risiede dall’altra parte del pianeta. Nel settore bancario, sempre più grande è il bacino di utenti che ha sostituito la filiale fisica con gli strumenti digitali, fruendo della “banca a distanza” per svolgere le operazioni più comuni. In sintesi, quelli che era-no fenomeni parziali, dopo la pandemia sono diventati comportamenti di massa. E le aziende dovranno tener conto di un ulteriore elemento di novità: in questo nuovo ecosistema prevalentemente digitale è l’utente che sceglie. Nello strumento che utilizza, vuole trovare utilità, valore, velocità e facilità d’uso. Altrimenti cambia. Lo stesso vale per la comunicazione: oggi bisogna essere credibili, coerenti, autentici e interessanti. Al-trimenti, si viene sostituiti.

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