Rete Unica, Butti (FDI): "Meloni su Open Fiber tende la mano al Governo"

- di: Redazione
 
La lettere inviata dall'On.Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d'Italia, al premier Mario Draghi sul problema di Open Fiber e sulla necessità che l'azienda rimanga ''pubblica'' ha riacceso un dibatto su temi strategici per il Paese, quali quelli ad alta valenza tecnologica. Per saperne di più abbiamo rivolto alcune domande all'On.Alessio Butti, responsabile per FdI del delicato dossier che riguarda questo settore delle infrastrutture.

On.Butti, la lettera che Giorgia Meloni ha inviato al presidente del consiglio, Mario Draghi, sembra avere l'obiettivo di interrompere la "consegna del silenzio" che avvolge il futuro di Open Fiber e, più in generale, del delicatissimo settore della rete unica. Non è la prima volta che Fratelli d'Italia mostra la sua attenzione su questo punto. Cosa vi ha spinti, oggi, ad elevare il livello della vostra presa di posizione investendo direttamente il premier?

Fratelli d’Italia, con la leader Giorgia Meloni, è l’unico partito che da ormai tre anni pungola i governi su temi delicati e strategici quali rete BUL, cloud pubblico, 5G, tecnologie complementari alla fibra e altro. Lo ha fatto con mozioni, proposte di legge, interrogazioni, emendamenti e interventi istituzionali. Abbiamo colto qualche risultato, ma moltissimo resta da fare. La preoccupazione più grossa risiede nel fatto che le nostre infrastrutture strategiche possano cadere in mano straniera con tutto ciò che ne consegue. Da qui la decisione della presidente Meloni di prendere carta e penna e scrivere una circostanziata e accorata lettera al presidente del consiglio che ha già mostrato una qualche sensibilità sul tema. L’obiettivo è che ENEL resti in Open Fiber o non venda le proprie quote al fondo australiano. Open Fiber perderebbe il socio industriale (che peraltro andrebbe ad investire all’estero) e il carattere “pubblico”. Se ci avessero ascoltato già i protagonisti del Conte 1 e 2 non saremmo in queste condizioni. Abbiamo assistito a irrituali interferenze soprattutto del governo Conte 2 nelle dinamiche private di TIM e in quelle pubbliche di ENEL...senza risolvere il problema principale: CDP è presente sia in Open Fiber che in TIM.

Uno dei cardini della politica dell'Europa comunitaria è la salvaguardia del principio di libera concorrenza, che, fate capire, l'operazione che è stata costruita in Italia intorno ad Open Fiber rischia di compromettere. Basta la funzione di 'sentinella' dell'Ue per sventare operazioni che mettono in pericolo la concorrenza o, come fate capire, devono essere i singoli Stati a esercitare per primi e con maggiore rigore la funzione di vigilanza?

L’Europa ha in più occasioni chiesto chiarimenti ai governi succedutisi. Basti pensare che nell’autunno 2018 il Parlamento si era già espresso, seppure in modo molto nebuloso e confuso, a favore di una rete unica, pubblica e non verticalmente integrata incontrando il gradimento dell’Europa che da sempre vede nel modello wholesale only il sistema per rispettare il mercato e le parità di accesso alla rete.

La cessione della quota Enel in Open Fiber è una delle conseguenze - ha scritto l'On.Meloni nella lettera inviata a Draghi - ''delle iniziative del precedente governo'' che ''hanno già generato danni rilevanti al settore, danni che stanno proseguendo per inerzia, senza che alcuno intervenga". L'iniziativa della presidente di Fratelli d'Italia, senza volervi attribuire significati politici particolari che non crediamo abbia, appare comunque una mano tesa al Governo su un tema - scrive ancora Giorgia Meloni - "che investe l'interesse nazionale e chiama in causa, a un tempo, la responsabilità di noi tutti". È una interpretazione corretta?

Giorgia Meloni ha sempre affermato il carattere patriottico della nostra azione politica, siamo all’opposizione ma costruttivi. Se Draghi abbraccia le nostre idee, che servono esclusivamente al paese, noi tifiamo Draghi. Al convegno dell’8 aprile che abbiamo organizzato e che ancora fa parlare per l’ottima riuscita ci siamo confrontati con i due ministri tecnici (Cingolani e Colao) e il sottosegretario Gabrielli. Il confronto è stato utile per tutti perché si è basato, senza pregiudizi, sulle idee. Abbiamo capito che su molte cose non siamo affatto distanti.

Lo scenario che l'On.Meloni ha disegnato, in merito alla vicenda Open Fiber, raffigura, oltre a considerazione di merito, è anche preoccupante, rilevando un "contesto viziato da improprie ingerenze politiche nelle dinamiche di concorrenza tra le imprese, cosa che i mercati internazionali non hanno gradito". Questa, si potrebbe dire, è la denuncia. Ma qual è la proposta? Come ritenete si debba interrompere questo circolo vizioso di interessi che poco hanno a che vedere con l'interesse generale?

Come le dicevo abbiamo assistito a telefonate del governo nel pieno di CdA di società quotate in borsa e all’esercizio di pressioni che ho definito irrituali usando un eufemismo.

L'uscita di Enel da Open Fiber "priverebbe l'Italia di una presenza pubblica importante", in un settore infrastrutturale vitale per il futuro della tecnologia nel nostro Paese, sostiene Giorgia Meloni. Da qui la richiesta che della vicenda venga investito il Parlamento, che dovrebbe pronunciarsi sul futuro di una azienda - Open Fiber - ''ancora pubblica e italiana''. Un ragionamento che potrebbe essere esteso anche ad altri settori strategici che, ci pare di capire, interessi di cui si era fatto portatore il precedente governo avevano oggettivamente indebolito. Cosa chiedete, a questo proposito, al presidente Draghi?

Anche in questo caso Meloni ha ragione. È a FDI che deve andare il ringraziamento se il dibattito su rete BUL è approdata in Parlamento nel silenzio più assordante imposto dai governi Conte. È a FDI che si deve il risveglio di “sovranità digitale “ anche all’interno della maggioranza. È a FDI che si deve la rinnovata volontà di confronto tra mondo politico e impresa. Non è poco. Se non riusciremo a frenare “le forze del male” che vogliono abbattere anche il baluardo pubblico Open Fiber allora chiederemo a Draghi, in ultima ratio, di esercitare la golden power. La legge lo prevede. Sarebbe il minimo sindacale.

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