Allarme INPS: "Bassa fecondità, pochi lavoratori, fra meno di 10 anni bilancio in rosso"

- di: Barbara Bizzarri
 
Il presidente dell’Inps, Gabriele Fava, presentando i dati sul lavoro domestico in Italia ha dichiarato che nel 2050 i cittadini over 65 rappresenteranno fino al 35% della popolazione nazionale, e questo determina la necessità di ripensare al sistema del welfare, dato che “la silver economy sarà vista sempre più come grande opportunità occupazionale del Paese”, sottolineando che “i nonni sono oggi una forma di welfare ma allo stesso tempo un indicatore di cosa servirà in futuro”. Dati che unitamente all’allarme lanciato dal Civ (Comitato di indirizzo e vigilanza) dell’Istituto, ascoltato in audizione alla commissione di controllo sugli enti previdenziali, non lascia presagire nulla di buono: infatti, l’invecchiamento della popolazione e il calo demografico graveranno sul bilancio dell’Inps, la cui situazione patrimoniale girerà nel corso di 10 anni in passivo, passando da +23 miliardi nel 2023 a -45 miliardi nel 2032, con risultati di esercizio negativi che peggiorano nel decennio da -3 miliardi a -20 miliardi.

Allarme INPS: "Bassa fecondità, pochi lavoratori, fra meno di 10 anni bilancio in rosso"

Nella sua relazione il presidente del Civ, Roberto Ghiselli, ha nominato la “combinazione di due tendenze, l’aumento della longevità e la bassa fecondità, che provocano la cosiddetta inversione nella piramide delle età. Il saldo positivo dei flussi migratori non è sufficiente a bilanciare il saldo negativo della dinamica naturale. Il tendenziale calo demografico già ora determina uno squilibrio notevole fra le coorti interessate o prossime al pensionamento, e quelle in ingresso nel mercato del lavoro, con una contrazione tendenzialmente crescente della popolazione attiva”. Lo scorso anno la spesa pensionistica è stata pari a 304 miliardi, con un incremento rispetto all’anno precedente del 7,4%, incremento determinato sostanzialmente dalla rivalutazione delle pensioni a fronte dell’impennata inflazionistica che si era registrata l’anno precedente. “L'incertezza riguarda in particolare 'l'adeguatezza delle future prestazioni pensionistiche' principalmente legata alle condizioni lavorative e reddituali maturate nel corso della carriera lavorativa più che al sistema di calcolo pensionistico”, ha spiegato ancora Ghiselli. La proposta di rendiconto rileva un ammontare delle entrate complessive pari a 536 miliardi di euro di cui 269 miliardi di entrate contributive (+5,1% sul 2022) e 164 miliardi di trasferimenti correnti dalla fiscalità generale (+3,3%). Le uscite complessive ammontano a 524 miliardi, di cui 398 mld per prestazioni istituzionali (+4,55%). Il costo degli interventi sostenuti dai trasferimenti Gias (Gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali) a consuntivo è cresciuto di 7,4 miliardi, in particolare per l'incremento delle uscite a favore dei percettori dell'Assegno unico universale, l'incremento dei trasferimenti per sgravi contributivi e l'incremento delle coperture degli oneri pensionistici della Ctps, la gestione separata dei trattamenti pensionistici ai dipendenti dello Stato. Il saldo della gestione finanziaria di competenza ammonta a +12,18 miliardi, di cui 7,66 di parte corrente e 4,52 in conto capitale.

Continua Ghiselli: “Il rischio di una diffusa inadeguatezza dei futuri trattamenti pensionistici potrà dipendere dalla discontinuità nel lavoro e quindi nella contribuzione, dai bassi livelli di reddito, dall'irregolarità nei rapporti di lavoro”. A proposito di quest’ultimo, secondo il report dell’Osservatorio Inps, il lavoro domestico “coinvolge prevalentemente stranieri”: nel 2023 i lavoratori domestici contribuenti all’Inps sono stati 833.874, con un decremento rispetto al 2022 pari a -7,6% (-68.327 lavoratori), analogo a quello registrato nel 2022 rispetto ai dati 2021 (-7,3%), dopo gli incrementi registrati nel biennio 2020-2021, dovuti a una spontanea regolarizzazione di rapporti di lavoro per consentire ai lavoratori domestici di recarsi al lavoro durante il periodo di lockdown e all’entrata in vigore della norma che ha regolamentato l’emersione di rapporti di lavoro irregolari. Nel 2023 l’Europa dell’Est continua ad essere la zona geografica da cui proviene la maggior parte dei lavoratori domestici, con 297.373 operatori, pari al 35,7% del totale. Al secondo posto i cittadini italiani, in totale 259.689, corrispondenti al 31,1% del totale, seguiti dai lavoratori del Sud America (8,1%) e da quelli provenienti dall’Asia Orientale (5,8%). Intanto spicca un aumento di forza lavoro italiana rispetto agli anni precedenti, dato che dieci anni fa, la quota dei lavoratori di cittadinanza italiana era pari a 23,4% contro il 45,5% dei lavoratori dell’Est europeo.

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