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Caso Almasri: Nordio e Piantedosi si difendono, ma pesa l’assenza di Meloni

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Caso Almasri: Nordio e Piantedosi si difendono, ma pesa l’assenza di Meloni

L'Aula di Montecitorio colma, la tensione palpabile e un governo che si compatta attorno ai suoi ministri, mentre l’opposizione attacca con forza. Il caso Almasri, con le sue implicazioni giuridiche, politiche e diplomatiche, è arrivato ufficialmente in Parlamento. Carlo Nordio e Matteo Piantedosi hanno fornito una lunga informativa per spiegare le scelte dell’esecutivo, ma a dominare il dibattito è stata l'assenza della Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni.

Caso Almasri: Nordio e Piantedosi si difendono, ma pesa l’assenza di Meloni

Mentre in Italia infuria la polemica, il caso sta avendo ripercussioni a livello internazionale. L’ambasciata libica in Italia si è detta “irritata” per l’arresto del generale, figura vicina al leader della Cirenaica Khalifa Haftar, segnalando una possibile frizione nei rapporti tra Roma e Tripoli. Inoltre, la gestione della vicenda ha sollevato interrogativi tra gli alleati europei e nella comunità internazionale, che osserva con attenzione il ruolo italiano nello scacchiere mediterraneo.

Nordio: "Non siamo passacarte, la magistratura sia più attenta"
A prendere la parola per primo è stato il ministro della Giustizia Carlo Nordio, che ha difeso l’operato del governo con toni perentori. Il Guardasigilli ha spiegato che il mandato d’arresto della Corte Penale Internazionale (CPI) presentava numerose criticità: il documento era stato trasmesso in lingua inglese, senza una traduzione ufficiale, e riportava incongruenze sulle date e sui capi d’accusa.

"Non possiamo limitarci a essere passacarte. Ogni richiesta di estradizione va esaminata con scrupolo, e in questo caso mancavano le condizioni per un’azione immediata", ha dichiarato Nordio, accusando una parte della magistratura di "scarsa attenzione" nella gestione delle procedure.

Uno dei punti centrali della sua informativa è stata la conferma che nelle carte trasmesse al governo non c’era alcun riferimento all’immigrazione clandestina. Questo smentisce le voci che avevano insinuato un coinvolgimento di Almasri nei traffici di esseri umani lungo la rotta libica.

"Mi si accusa di difendere un criminale, ma il mio dovere è garantire che la giustizia segua il suo corso secondo il diritto, non secondo la pressione dell’opinione pubblica o delle speculazioni politiche", ha ribadito Nordio.

Piantedosi: "Espulsione necessaria per la sicurezza nazionale"
Dopo Nordio, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha sottolineato che la scelta di espellere Almasri è stata dettata da esigenze di sicurezza nazionale.

"Non ci possiamo permettere la presenza in Italia di soggetti potenzialmente pericolosi. La decisione di allontanarlo è stata presa per tutelare l’ordine pubblico e la sicurezza dello Stato",
ha spiegato Piantedosi, negando che vi siano state pressioni esterne da parte della Libia o di altri attori internazionali.

Come Nordio, anche Piantedosi ha confermato che nei documenti ricevuti dal governo non si parlava di traffico di migranti, ribadendo che le accuse a carico del generale riguardavano altri reati.

L'assenza di Meloni e l'attacco dell'opposizione
Se i ministri hanno tentato di placare il clamore con spiegazioni tecniche e giuridiche, l’opposizione ha affondato il colpo sulla mancanza di leadership da parte della premier.

"Quando c’è da fare proclami sull’immigrazione, Meloni è sempre in prima fila. Ma quando si tratta di rispondere su un caso così grave, non si presenta in Aula"
, ha attaccato la segretaria del Pd, Elly Schlein.

Giuseppe Conte ha rincarato la dose: "Non ci vengano a dire che questo governo è sovranista quando nei momenti cruciali si piega agli interessi di altri Stati e non sa spiegare le proprie azioni ai cittadini".

L’assenza della Presidente del Consiglio ha lasciato un vuoto pesante, amplificando la percezione di un governo in difficoltà su un caso che si sta rivelando sempre più ingombrante.

La posizione dell’Italia nel contesto internazionale
Mentre il dibattito infuria a livello nazionale, il caso Almasri sta assumendo una dimensione geopolitica. L’Italia si trova ora sotto i riflettori degli alleati europei e della comunità internazionale, che guardano con preoccupazione alla gestione del dossier libico.

Parigi e Berlino osservano con attenzione le mosse italiane, mentre Washington resta in attesa di chiarimenti sulla reale portata della vicenda. La scarcerazione e successiva espulsione di Almasri, infatti, potrebbero avere ripercussioni nei rapporti con la Libia, già segnati da equilibri precari tra il governo di Tripoli riconosciuto dall’ONU e le forze di Haftar, sostenute da potenze come Egitto, Russia ed Emirati Arabi.

L’Italia, tradizionalmente attore chiave nei dossier nordafricani, rischia di perdere peso diplomatico proprio mentre cerca di rafforzare il suo ruolo nel controllo dei flussi migratori e nella sicurezza energetica del Mediterraneo.

Cosa faceva Almasri in Italia?
Al di là delle dispute giuridiche e delle implicazioni internazionali, resta un interrogativo di fondo: cosa ci faceva il generale Almasri in Italia?

I dettagli emersi aggiungono un ulteriore alone di mistero: Almasri è stato arrestato con tre carte di credito in tasca e aveva appena acquistato un Rolex da 30mila euro.

Era venuto per affari? Per motivi personali? Oppure la sua presenza era legata a operazioni ancora non chiarite?

L’acquisto di un orologio di lusso solleva interrogativi su quali fossero le sue reali intenzioni nel nostro Paese. Non si trattava di un semplice soggiorno turistico, e il fatto che un individuo sotto mandato d’arresto internazionale potesse muoversi con tale disinvoltura nel nostro territorio getta ombre sull’efficacia dei controlli e sulla trasparenza di alcuni circuiti finanziari.

Il caso Almasri, insomma, è tutt’altro che chiuso. Mentre il governo cerca di contenere la tempesta, le domande senza risposta continuano a moltiplicarsi. E il ruolo dell’Italia in questa vicenda resta tutto da chiarire.

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