Inflazione, CGIA: quella italiana è la più bassa Ue

- di: Barbara Leone
 
Nell’ultimo anno sono state le province italiane più colpite dal caro  vita. Stiamo parlando di Siena, Brindisi e Venezia che hanno  registrato un aumento dell’inflazione dell’1,9 per cento. Seguono  Benevento con il +1,8 per cento, Napoli con il +1,7 per cento, Rimini,  Parma e Trieste con il +1,6 per cento. Sono quasi tutte  realtà territoriali con una grande vocazione turistica che hanno subito  importanti incrementi di spesa delle attività riconducibili ai servizi  ricettivi, di ristorazione e alla persona. Un deciso incremento di costo  ha interessato anche i trasporti, gli affitti di case/negozi e il carrello  della spesa. A dirlo è l’Ufficio studi della CGIA nel sottolineare che il peggio è comunque alle nostre spalle; negli ultimi sette mesi il dato  dell’inflazione a livello nazionale è stato ben al di sotto della soglia del  2 per cento e, secondo la Commissione Europea, quest’anno  dovrebbe attestarsi al +1,6 per cento, contro il +5,9 per cento  registrato nel 2023 e il +8,7 per cento del 2022.

Inflazione, CGIA: quella italiana è la più bassa Ue

Il dato di quest’anno,  inoltre, è nettamente inferiore alla media UE che, invece, dovrebbe  attestarsi al 2,5 per cento. Non solo. Tra i 27 paesi che compongono  l’Unione Europea solo la Finlandia (+1,4 per cento) è destinata a  ottenere un risultato migliore del nostro. Non solo. Se in Germania  l’inflazione è destinata a salire del 2,4 per cento, in Francia del 2,5 per  cento e in Spagna addirittura del 3,1 per cento.

L’inflazione è uno degli indicatori più importanti per capire lo stato di  salute di un’economia. In primo luogo perché una sua presenza  eccessiva contribuisce a erodere il potere di acquisto dei consumatori,  in particolare dei percettori di reddito fisso. In secondo luogo, perché  il suo andamento serve a orientare le politiche monetarie delle banche  centrali. E mai come in questo momento, visto che l’inflazione sta  scendendo in tutta Europa, è necessario che Francoforte riduca il  tasso di interesse. Con i ritocchi all’insù avvenuti tra giugno 2022 e  settembre 2023, quello di riferimento è oggi al suo massimo storico  da quando in UE c’è la moneta unica (4,5 per cento), contribuendo a  ostacolare il ricorso al credito da parte delle famiglie e, soprattutto, delle imprese di piccola dimensione. 

Sebbene la crescita dell’inflazione stia rallentando, la percezione dei  consumatori italiani è che i prezzi dei beni e dei servizi stiano invece  salendo. In realtà alcune voci di spesa che incidono in misura  importante sul bilancio familiare hanno subito delle contrazioni  importanti. Negli ultimi 12 mesi, ad esempio, i prezzi dell’energia  elettrica e del gas sono scesi rispettivamente del 29,2 per cento e del  21,6 per cento, rendendo così le nostre bollette molto più leggere.  Anche i biglietti aerei hanno registrato una decisa diminuzione: quelli  internazionali dell’11,8 per cento e quelli nazionali del 6,9 per cento.  Per contro, è aumentato, in particolar modo, il prezzo delle patate  (+11,9 per cento), i pacchetti vacanza nel nostro Paese (+17,2 per  cento) e l’olio d’oliva (+44,3 per cento).

La recentissima fiammata inflazionistica è costata alle famiglie italiane  4.039 euro in più. Se nel 2021, anno che ha preceduto l’avvento della  crisi sanitaria, la spesa media annuale delle famiglie italiane  ammontava a 21.873 euro, due anni dopo la stessa è salita a 25.913  euro. Soprattutto per le famiglie meno abbienti, l’abitazione e  l’alimentare sono le voci di spesa che hanno contribuito  maggiormente ad incrementare le uscite complessive. Analizzando la serie storica dell’inflazione presente in Italia tra il 1948  e il 2023, riscontriamo che tra il 1956 e il 1972 (gli anni del cosiddetto  “boom economico”), l’inflazione è stata mediamente del 4 per cento.  Con lo scoppio della crisi energetica e a seguito degli effetti  riconducibili all’accordo interconfederale sul punto unico di  contingenza3, tra il 1973 e il 1984 il caro vita medio è stato del 16 per  cento, mentre tra il 1998 e il 2002 (periodo che “battezza” la nascita  della BCE e dell’Euro) è crollato all’1,5 per cento. Solo tra il 2022 e il  2023 (periodo post-Covid), l’impennata dei prezzi dei prodotti  energetici e delle materie prime hanno re-infiammato l’inflazione che  è tornata a salire a un tasso medio del 7 per cento. Un valore,  quest’ultimo, comunque di 11 punti inferiore alla media che avevamo  nella seconda metà degli anni ‘70 del secolo scorso.

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