Piangiamo Indi, ma smettiamo di strumentalizzarne la vita e la morte

- di: Redazione
 
Indi è morta, nel cuore della notte, come era già scritto nel tristissimo e drammatico copione della sua brevissima vita. E' morta perché, applicando la legge, dei giudici britannici, anche basandosi sugli esami condotti dai medici, hanno ritenuto che mantenerla in vita, attaccata a delle macchine, era solo un modo per dilatare i tempi dell'agonia, visto che le sue condizioni avevano per lei solo e soltanto un esito infausto.
Indi è morta e tutti ne piangono la morte. La sua, come quella di ogni bambino (e quanti anche in queste ore stanno morendo per l'insensatezza degli uomini e spesso nell'indifferenza), è una morte che addolora, pensando a tutte le albe e i tramonti che Indi non vedrà, così come non vedrà la pioggia e il sole.

Piangiamo Indi, ma smettiamo di strumentalizzarne la vita e la morte

Il ciclo della vita è questo, e non ci si può sottrarre. Forse ci si può ribellare, ma non sottrarre.
In questi momenti, mentre i genitori della piccola gridano la loro rabbia (dando voce ad un dolore che non si potrà mai estinguere sino a che non giungerà la rassegnazione all'ineluttabilità di quanto accaduto), il circo delle speculazioni e delle strumentalizzazioni ha già piantato il suo tendone nell'agorà della politica.
Anche se, visto il contenuto delle dichiarazioni e il profilo di chi se n'è fatto vessillifero, più che il confronto in un'agorà, sembra un fastidioso cicaleccio da cortile, dove ognuno - soprattutto chi non ha titolo alcuno - si sente autorizzato a dire la sua. Quando, invece, solo il silenzio potrebbe essere il compendio di una storia in cui si sono mischiati il dolore della famiglia, il rigore dei giudici e strane incursioni della politica in una vicenda che doveva restare confinata in un ambito ristretto.

Ed invece i paladini pro vita sono insorti come un sol uomo in difesa della giovanissima e purtroppo già segnata vita di Indi. Ma non solo quelli britannici (cosa comprensibile, visto che il breve ciclo della vita di questa bimba si è svolto nel Regno Unito), anche quelli di casa nostra, cercando di rendersi protagonisti di un contesto in cui non c'entravano e non c'entrano ancora nulla. Eppure sta accadendo che la fine di Indi stia servendo per acuire le divisioni della nostra società, anche se ad alimentare la polemica sono soprattutto coloro che anche oggi accusano i giudici britannici di essere semplicemente dei boia.
Non entriamo in questioni etiche, di cui ci sentiamo alieni.

Cerchiamo solo di sottolineare che nella vita non tutto può essere ricondotto ad uno scontro politico, soprattutto quando gli eventi accadono lontano dall'Italia, in Paesi sovrani che hanno le loro leggi e, soprattutto, intendono farle rispettare. Se, come pure sostiene qualcuno, dovessimo sempre farci travolgere dall'emozione, i tribunali sarebbero dei pulpiti oppure dei palcoscenici, dove ciascuno si fa portavoce delle proprie istanze, che non sempre sono quelle della gente.
Lasciamo che ora i genitori di Indi la piangano, come è naturale e giusto che sia, e limitiamoci a essere loro vicini, nei modi che riteniamo giusti: con un pensiero, una frase o una preghiera.
Ma, per favore, la si smetta di banchettare mediaticamente su un corpicino che troppo presto ci ha lasciato.
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