Le imprese contro il decreto bollette, Regina (Confindustria): “Una pazzia”
- di: Cristina Volpe Rinonapoli

Il decreto bollette, approvato definitivamente dal Senato con 99 voti favorevoli, 62 contrari e un astenuto, non soddisfa il mondo produttivo. L’obiettivo iniziale – intervenire sul costo dell’energia per famiglie e imprese – è stato, secondo le imprese, drasticamente ridimensionato nel testo finale. Confindustria denuncia l’assenza di interventi strutturali per l’industria, definendo il provvedimento “una pazzia” che rischia di minare la competitività dei distretti industriali italiani. Le preoccupazioni sono state espresse in modo netto da Aurelio Regina (nella foto), delegato del presidente per l’energia, che lamenta il mancato ascolto delle proposte avanzate dal sistema industriale.
Le imprese contro il decreto bollette, Regina (Confindustria): “Una pazzia”
Il decreto stanzia complessivamente 3 miliardi di euro, ma destina la quota principale a famiglie vulnerabili – con un bonus da 200 euro per chi ha un Isee sotto i 25 mila euro – e al potenziamento delle tutele per i clienti fragili. L’industria, secondo Regina, è stata ignorata: l’unico provvedimento che la riguarda è la compensazione dei costi indiretti ETS, per 600 milioni, misura già prevista dalla legge di bilancio e applicata in tutta Europa da anni, tranne che in Italia. Le altre richieste avanzate da Confindustria, tutte a costo zero, non sono state accolte. In particolare, non è stata estesa la norma che azzera gli oneri di sistema anche alle utenze in media tensione, lasciando escluse le piccole e medie imprese.
Il peso dell’energia sui settori strategici italiani
La mancata inclusione di questa misura – che avrebbe potuto sostenere migliaia di realtà produttive senza aumentare la spesa pubblica – rischia di mettere in crisi distretti strategici come il tessile di Prato, la meccanica emiliana, l’alimentare del Sud, la farmaceutica del Lazio, l’automotive del Nord e il calzaturiero veneto. “Sono quelle imprese che garantiscono l’export da 626 miliardi di euro che tiene in piedi la nostra economia”, ha dichiarato Regina. Il costo dell’energia per le imprese italiane è in media superiore del 35% rispetto agli altri Paesi europei, con punte che superano l’80% nel confronto con Stati Uniti e Cina. Uno “spread energetico” che riduce la marginalità e mette a rischio la sopravvivenza di interi comparti.
Proposte ignorate e rischi per la tenuta del sistema produttivo
Tra le misure a costo zero non approvate figura anche la possibilità, per le aree produttive, di ottenere autorizzazioni semplificate per la produzione di energia rinnovabile per autoconsumo. Non è stata presa in considerazione nemmeno l’eliminazione del differenziale tra il prezzo del gas italiano e quello del Centro-Nord Europa, che secondo Confindustria avrebbe generato un risparmio annuo di circa 1,3 miliardi. Altre proposte riguardavano il rilascio controllato di gas e biometano per ridurre il prezzo del gas nei prossimi tre anni, sostenendo la transizione energetica dell’industria senza gravare sui conti pubblici.
Una questione strategica trascurata dal Parlamento
Secondo Regina, la mancata attenzione del Parlamento a queste istanze è indice di una sottovalutazione politica della crisi energetica in corso. Le imprese lamentano che non è stata approvata nessuna delle proposte presentate, nemmeno quelle che non avrebbero avuto impatti sul bilancio dello Stato. La componente produttiva del Paese resta quindi esposta, in un momento in cui le guerre commerciali globali e la nuova ondata di dazi rischiano di compromettere l’intera catena dell’export. Le prossime settimane saranno decisive per capire se il governo intenderà convocare un tavolo a Palazzo Chigi, come richiesto, per correggere il tiro e aprire a un confronto strutturale con il mondo industriale.