Immigrazione: l'Europa ha bisogno di nuovi strumenti, anche contro il terrorismo
- di: Diego Minuti
Il ciclico manifestarsi in Europa dell'integralismo islamico armato sta portando la gente ad una colpevole assuefazione davanti ad un fenomeno che comunque sarebbe esiziale considerare come non contrastabile. Per il semplice, banale motivo che, così facendo, si accetterebbe una inanità di Stato che certificherebbe l'impossibilità di difendersi da un terrorismo che colpisce con la massima libertà e pressoché ovunque, senza che si possa prevenirne le mosse.
L'attentato di Parigi, da questo punto di vista, è paradigmatico perché l'assassino era arrivato in territorio francese da poche ore e, nonostante ciò, è stato messo (rifiuto l'ipotesi di una cellula terroristica mononucleare) nelle condizioni di agire e quindi uccidere prima d'essere fermato. Il terrorismo confessionale (che, ad eccezione di esplosioni di violenza islamofobiche da parte di estremisti indù, è pesantemente connaturato all'integralismo musulmano) è ormai una piaga che, inizialmente epidermica, è andata peggiorando, assumendo il profilo di una malattia incurabile.
Ma, come tutte le malattie definite tali, ha una causa ben definita ed è su quella che bisogna lavorare, per prevenirne (resto nell'ambito della terminologia medica) la purulenza. Le intelligence occidentali da almeno due decenni (comunque ben prima dell'11 settembre 2001) stanno cercando di contrastare l'integralismo islamico, creatura da loro nutrita in funzione anti-sovietica, ma sfuggita di mano quando a prevalere sullo spirito nazionalistico è stato quello transnazionale di una religione che non ammette, non accetta alternative e quindi si accredita del diritto di contrastare con la violenza chi non sottostà alle sue regole.
Se qualcuno vuole dialogare con i cattolici deve bussare al Vaticano; se si cerca un momento di comunione di intenti con gli ortodossi, le alternative possono portare tra Mosca e Costantinopoli (uso, per meri motivi religiosi, questa antica definizione); se ci si vuole confrontare con gli anglicani, si va dalle parti di Canterbury. Con l'islam questo non c'è perché chiunque si senta investito del ruolo di esegeta della parole di Maometto può parlare, interpretare, incitare, aizzare.
Nelle moschee, almeno quelle tradizionali, il predicatore, per rivolgersi ai fedeli, parla dal minbar, il pulpito come quelli che, fino ad alcune decine di anni fa, si usavano anche nelle chiese cattoliche e che poi sono stati abbandonati, forse per evitare che chi da lì parlava si sentisse troppo vicino a Dio.
Dal minbar possono udirsi frasi che si appellano alla fratellanza ed alla solidarietà (concetti molto presenti nei testi sacri), ma anche delle veementi predicazioni in cui si rivendica per l'islam il ruolo di sola religione, appellandosi ad un proselitismo che non si deve fermare davanti ad un diniego, punendo chi non vi si assoggetta, comunità o singolo che sia.
Ma il proselitismo è un passaggio intermedio verso l'indottrinamento integralista che è alla base del problema dell'Europa. Quando, su barconi come attraversando i confini, giungono in Italia, come nel resto d'Europa, centinaia di persone che devono essere '"catalogate" per provenienza per poi deciderne la sorte, di fatto si aprono le porte a coloro che, approfittando dell'altrui dolore e disperazione, vi si mischia con il solo obiettivo di diventare uno strumento dell'islam terrorista. Si incorre in un errore se si pensa che l'immigrazione clandestina riguardi solo la Tunisia e l'Italia, perché flussi di clandestini partono anche dall'Algeria ed hanno come meta soprattutto la Spagna.
Solo nelle ultime ore i guardacoste algerini hanno intercettato tre barconi sui quali, complessivamente, c'erano 53 "candidati all'emigrazione clandestina". Anche se il termine gergale con il quale vengono etichettati è harragà, mentre le imbarcazioni - spesso vere e proprie carrette - sono chiamate pateras. Tutti partiti dalla stessa spiaggia deserta
(quella di Oued Bagrat, nel comune di Seraidi) sono stati intercettati in mare, portati a riva, visitati e quindi processati. Perché in Algeria tentare di emigrare clandestinamente è un reato. Ma i 53 harragà arrestati sono una parte minima del fenomeno. Se il Ministero della Difesa, alla fine di settembre, ha annunciato l'arresto di un migliaio di ''candidati all'emigrazione clandestina'', nello stesso periodo, secondo Frontex, l'agenzia europea di controllo della frontiere, nel nostro continente ne sono arrivati cinquemila.
Ma il problema che resta irrisolto è che, alla luce delle leggi vigenti, gli Stati hanno pochissime possibilità di arginare l'immigrazione clandestina. E appaiono senza alcun appiglio giuridico le tesi sostenute, sistematicamente, da Fratelli d'Italia, secondo cui il solo modo per fermare l'immigrazione clandestina è la forza, ovvero un blocco navale, che non trova alcuna giustificazione in una condizione di non belligeranza. Ora, posto che le leggi e il codice del mare hanno confini ben determinati, lo strumento che resta ai Paesi (oltre ad una ardua velocizzazione delle procedure per l'istruzione delle pratiche dei richiedenti asilo) è quello della prevenzione, disinnescando, ove possibile e grazie all'intelligence, i focolai del terrorismo islamico. Ma è una guerra difficilissima perché tante saranno le battaglie da affrontare prima di arrivare all'epilogo. Il nemico che ci troviamo davanti si può nascondere ovunque e di esso conosciamo solo il volto dei suoi soldati, fantaccini mandati a morire mentre chi li comanda e dirige è al sicuro in trincea. Noi conosciamo chi uccide, ma non chi lo guida, anche perché spesso quest'ultimo agisce sotto il mantello assolutorio della sua religione.
Forse, più di mille concetti, bastano alcune considerazioni di Antonio Baudi, uno dei magistrati più preparati che io abbia mai incontrato. ''La paura è generata dal covid, mostriciattolo invisibile e diffuso ma individuabile. Il terrore no, è generato in maniera inaspettata ed imprevedibile con conseguenze nefaste. A quanto pare quello viennese è di genesi religiosa e guai ad offendere un dio perché la reazione è morte. Dichiarata e inferta. Ancor più preoccupante è che i moderati musulmani nulla facciano al loro interno. A parole ogni religione è non violenta e ci mancherebbe, ma cristianesimo e buddismo sono autenticamente spirituali e pacifici, fino all'autolesionismo''.