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Hamas: “Molto probabile” la liberazione di sei ostaggi sabato

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Hamas: “Molto probabile” la liberazione di sei ostaggi sabato

Il Medio Oriente è ancora una volta attraversato da movimenti diplomatici e militari che riflettono la complessità di un conflitto senza tregua. Hamas ha dichiarato che c’è una “alta probabilità” che sabato vengano rilasciati sei ostaggi israeliani, invece dei tre previsti dall’accordo siglato nei giorni scorsi. Un segnale di apertura, almeno in apparenza, che tuttavia non cancella la realtà sul terreno: le operazioni belliche continuano, mentre Israele avvia un parziale ritiro delle sue truppe dal sud del Libano, mantenendo il controllo di cinque posizioni strategiche.

Hamas: “Molto probabile” la liberazione di sei ostaggi sabato

La questione degli ostaggi resta al centro delle trattative. Israele ha sempre considerato il loro rilascio una priorità, ma non è disposto a scendere a compromessi che possano rafforzare Hamas. Dall’altra parte, il gruppo palestinese gioca la sua partita politica cercando di guadagnare tempo e migliorare la propria posizione nei negoziati.

Secondo l’accordo in vigore, Hamas avrebbe dovuto rilasciare tre ostaggi in questa fase, ma le dichiarazioni delle ultime ore parlano di sei prigionieri che potrebbero essere liberati già sabato. La scelta di anticipare e ampliare la consegna potrebbe essere letta in due modi: da un lato, la volontà di mostrare una maggiore flessibilità per evitare un’escalation israeliana; dall’altro, la ricerca di un vantaggio tattico nelle trattative future.

Israele resta però scettico. In passato, Hamas ha spesso modulato la propria strategia sugli ostaggi in base all’andamento del conflitto, utilizzandoli come pedine di scambio per ottenere concessioni politiche o militari. Se il rilascio dovesse concretizzarsi, sarebbe un passo avanti, ma non significherebbe la fine delle ostilità.

Il ritiro parziale di Israele dal Libano: strategia o necessità?
Parallelamente alla questione degli ostaggi, si registra un significativo movimento militare nel sud del Libano. L’IDF (Israeli Defense Forces) ha annunciato il ritiro da alcuni villaggi prossimi alla frontiera, una decisione che arriva dopo settimane di scontri con Hezbollah. Tuttavia, Israele manterrà il controllo di cinque posizioni strategiche, a conferma del fatto che un disimpegno totale non è nei piani.

Questo ritiro, seppur parziale, potrebbe avere diverse letture. La prima è di natura tattica: il mantenimento di alcune postazioni chiave indica che Israele non vuole perdere il controllo della situazione, ma al tempo stesso evita un confronto diretto su larga scala con Hezbollah, che sarebbe devastante per entrambe le parti.

La seconda interpretazione riguarda il contesto diplomatico. Il ritiro potrebbe essere il frutto di pressioni internazionali, soprattutto da parte degli Stati Uniti e dei Paesi del Golfo, interessati a contenere l’escalation tra Israele e il Libano per evitare il coinvolgimento dell’intera regione.

Il ruolo di Hezbollah e l’ombra dell’Iran

Un fattore chiave in questa equazione è Hezbollah, il gruppo sciita libanese sostenuto dall’Iran. Nelle ultime settimane, la tensione tra Israele e Hezbollah è salita alle stelle, con raid e attacchi reciproci lungo il confine. La decisione israeliana di ritirarsi parzialmente potrebbe essere stata presa per evitare un conflitto aperto con il gruppo armato, che dispone di un arsenale imponente e di una capacità militare superiore rispetto ad Hamas.

L’Iran, dal canto suo, osserva attentamente gli sviluppi. Un conflitto su larga scala tra Israele e Hezbollah avrebbe conseguenze difficili da prevedere, ma Teheran potrebbe sfruttarlo per rafforzare la sua influenza nella regione. La Repubblica Islamica ha già dimostrato di poter intervenire indirettamente in altri scenari, come in Yemen con gli Houthi, e potrebbe fare lo stesso in Libano.

Una tregua che non è una tregua
A questo punto, lo scenario resta instabile. Il possibile rilascio di sei ostaggi e il ritiro parziale dal Libano potrebbero sembrare segnali di de-escalation, ma la realtà è più complessa. Israele continua a mantenere il pugno duro, Hamas cerca di guadagnare tempo, Hezbollah resta una minaccia latente e l’Iran osserva pronto a intervenire se necessario.

Nel frattempo, la popolazione civile resta la più colpita. In Libano, migliaia di persone hanno abbandonato le loro case per paura di un nuovo conflitto. A Gaza, la situazione umanitaria è sempre più critica, con scarsità di beni di prima necessità e un sistema sanitario al collasso.

Come sempre, in Medio Oriente ogni mossa diplomatica è accompagnata da una mossa militare. L’impressione è che la tregua sia più apparente che reale, e che il fragile equilibrio possa spezzarsi da un momento all’altro.

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