Nella foto, Ermete Realacci e Andrea Prete
Il tredicesimo Rapporto GreenItaly 2022, presentato della Fondazione Symbola e Unioncamere (in streaming sul sito e sui canali social di Symbola), evidenzia che l’Italia è sopra la media europea, soprattutto per la capacità di saper riciclare materiali e avviare processi dove gli sprechi sono davvero pochi, ma con ancora molti settori indietro rispetto ad altri. mostra l'usuale bicchiere mezzo pieno in fatto di economia legata alla transazione ecologica. Quindi i punti di forza ci sono, con alcune debolezze, a cominciare dallo scarso sviluppo delle rinnovabili. A illustrare la ricerca su dati e storie della Green Economy italiana sono stati Ermete Realacci, presidente Fondazione Symbola; Andrea Del Prete, presidente di Unioncamere; Catia Bastioli, amministratrice delegata di Novamont; Agostino Re Rebaudengo, presidente di Elettricità Futura; Luca Ruini presidente di Conai: a coordinare la presentazione, la giornalista Manuela Rafaiani.
GreenItaly, Realacci: "Accelerare investimenti nella transizione ecologica aumenta stabilità finanziaria"
“Sul tentativo di negare o sminuire la portata della crisi climatica, Papa Francesco, con l’esortazione apostolica Laudate Deum, ha detto parole chiare in vista della COP28 di Dubai. Una crisi - dichiara Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola - legata a doppio filo a dinamiche ambientali, economiche, sociali. Non possiamo permetterci le incertezze con cui procede l’attuazione dell’Agenda 2030. Anche in alcune politiche del nostro Paese. Pensiamo al ritardo sulle energie rinnovabili. Sono 510 mila le imprese italiane che negli ultimi cinque anni hanno investito sulla green economy e sono 3,2 milioni i greenjobs. Accelerare gli investimenti nella transizione verde e nelle energie rinnovabili aumenta la stabilità finanziaria come dimostrano gli studi della BCE e della Banca D’Italia, dà forza al made in Italy, riduce i costi a medio termine per famiglie e imprese, rafforza la nostra indipendenza energetica. Siamo una superpotenza europea dell’economia circolare e questo ci rende più competitivi e capaci di futuro. Nel rapporto GreenItaly si legge un’Italia che va verso un’economia più a misura d’uomo che punta sulla sostenibilità, sull’innovazione, sulle comunità e sui territori”.
Sono oltre 531mila le aziende che nel quinquennio 2017-2021 hanno deciso di investire in tecnologie e prodotti green. Nel dettaglio, si tratta del 40,6% delle imprese, valore che sale al 42,5% nella manifattura. Secondo il Rapporto, le realtà che hanno cominciato a puntare su processi e tecnologie più efficienti e maggiormente rispettose dell'ambiente sarebbero più dinamiche sui mercati esteri rispetto a quelle che non investono, il 35% delle prime prevedono un aumento nelle esportazioni nel 2022 contro un più ridotto 26% delle restanti. E percentualmente aumenterebbe il fatturato, 49% contro 39%, e le assunzioni, 23% contro 16%. La Lombardia è in testa per numero di aziende con 90.500, seguita da Veneto con 51.780, Lazio, Campania, Emilia-Romagna, Piemonte, Sicilia, Toscana, Puglia, Marche. In fondo Basilicata, Molise e Valle d'Aosta. Se invece si guarda alle province e al valore complessivo delle realtà che hanno investito in tecnologie o soluzioni green, al primo posto c'è Roma, subito dopo Milano, Napoli, Torino, Bari, Brescia, Firenze, Bergamo, Vicenza e Salerno. Ultime, fra le prime venti, Catania, Monza e Varese.
Come già rilevato, l’Italia è al primo posto nell'economia circolare, non solo nel riciclo dei rifiuti, urbani e speciali: 83,4% (2020). Un risultato ben superiore alla media europea che è del 53,8%, e a quella degli altri grandi Paesi come Germania (70%), Francia (64,5%) e Spagna (65,3%). A sottolineare il potenziale dell'Italia nella valorizzazione di materia a fine vita, anche il quarto posto al mondo come produttore di biogas, prodotto da frazione organica, fanghi di depurazione e settore agricolo, dopo Germania, Cina e Stati Uniti. Nel biennio 2020-2021 si è anche consolidato la capacità di riciclo industriale dell'Italia, specialmente nel comparto cartario, che ha visto in tutti i settori incrementare la quota di materie seconde impiegate. A questo si aggiungono i primati nella produttività nell'uso di materie prime, nel rapporto fra prodotto interno lordo e consumo domestico di materia, nella produttività per consumi energetici e un buon posizionamento relativo all'efficienza delle emissioni.
Nell'ultima classifica Eco-Innovation Index, che illustra i risultati dell'eco-innovazione negli Stati membri dell'Ue attraverso cinque grandi macroaree, i 27 Paesi dell'Unione in tre gruppi numericamente omogenei in base ai risultati: i 9 con la migliore punteggio, altri 9 Paesi che sono nella media e infine i 9 Paesi che hanno fatto segnare in graduatoria i risultati relativamente peggiori.
Il Lussemburgo è primo con 171 punti, seguito dalla Finlandia con 157 punti, poi Austria e Danimarca, entrambe con uno score di 150 punti. Ancora punteggi sopra la media per Svezia, Germania, Francia, Spagna ed Olanda, che chiude il gruppo degli Eco-I Leader. L'Italia, con 124 punti è nel gruppo intermedio, distinguendosi però come l'unico Paese con un risultato migliore della media UE, che è di 121 punti. Scorrendo la graduatoria seguono poi Lituania (88 punti), Croazia (86 punti), Slovacchia (82 punti), Cipro (79 punti), Romania (71 punti), Ungheria (69 punti), Malta (67 punti), Polonia (63 punti) e Bulgaria (50 punti).
“GreenItaly, con i suoi numeri e le sue storie d’impresa - dichiara Andrea Prete, presidente di Unioncamere - pone in chiara evidenza l’impegno del sistema produttivo italiano nella transizione verde. Grazie a un trend di investimenti aziendali nella direzione della sostenibilità ambientale che non si è arrestato neanche nei periodi di maggiori difficoltà - come quelli legati alla crisi pandemica e ai conflitti mondiali - da anni siamo infatti tra i paesi eco leader in Europa. Non sempre però le nostre imprese sono messe nelle condizioni di operare al loro meglio. È il caso del tema delle energie rinnovabili, fondamentali per una riduzione delle importazioni di energia del nostro Paese e per una stabilizzazione dei prezzi, la cui crescita è spesso rallentata da ostacoli burocratici: nel 2022 è stata installata una potenza da fonti rinnovabili pari a 3 GW, contro gli 11 della Germania e i 6 della Spagna, un dato lontano dal target di circa 8-9 GW all’anno da installare entro il 2030”.