Il governo apre una crepa al tetto degli stipendi, ma solo per chi lavora al Ponte

- di: Redazione
 
Chi, in questi anni, ha avuto la pazienza di seguirci, sa benissimo che la nostra testata ha sempre sostenuto il concetto, caro alle società occidentali nate dalla tradizione liberale, che il merito non è un valore astratto, ma qualcosa che deve avere un riconoscimento.
Un concetto che, per comodità, possiamo tradurre nell'opportunità di una remunerazione che sia confacente al valore realmente espresso dal singolo.
Ma, verrebbe oggi da dire, c'é modo e modo. E, in ogni caso, non è possibile, mentre si predica moderazione e nitore dei comportamenti, adottare provvedimenti che hanno applicazione pratica solo per un limitato numero di beneficiari e che tali atti si vogliano fare quasi passare in silenzio. Dando in questo modo l'impressione e generando il sospetto (anche se siamo sicuri che non sia così, fidando sempre nell'onestà e nella correttezza di chi ci governa) di volere introdurre cambiamenti a regole generali, ma alla cosiddetta chetichella, approfittando di un decreto da portare in aula magari per approfittare della distrazione dei parlamentari, che hanno pronte le valigie per andare in vacanza. E' forse il caso della deroga al tetto dei 240 mila euro lordi all'anno per i manager pubblici. Ma non per tutti, soltanto per quelli che lavorano al progetto salviniano del Ponte sullo Stretto, pensiero che monopolizza ogni istante della vita del ministro/vicepremier/segretario leghista.

Il governo apre una crepa al tetto degli stipendi, ma solo per chi lavora al Ponte

Il fatto che la deroga faccia parte del più ampio decreto omnibus, all'attenzione dell'ultimo Consiglio dei ministri prima dello stop estivo, sembra ricalcare lo schema caro a tutti gli esecutivi precedenti, quello di infilare codicilli e glosse ad personam (o, come in questo caso, ad intuitu personae....), fidando che nessuno se ne accorga e sollevi il dito per chiedere il perché e il per cosa.
Che poi la deroga riguardi solo la società incaricata di accompagnare passo passo il progetto e la realizzazione del Ponte è, in effetti, secondario. Perché, avendo molto peso nella nostra organizzazione statuale il principio dell'analogia, si potrebbe aprire una porta - meglio un portone - dove si andrebbero ad infilare altri boiardi di Stato (o che gravitano in società che per esso agiscono), tutti pronti a vedere dilatati i numeri delle loro buste paga. Anche perché la deroga, per quel che ne sa, toglie un tetto, ma non fissa quello successivo, lasciando aperta la possibilità che, in base al ''liberi tutti'', si torni ad una giungla delle retribuzioni, dove chi si sa muovere meglio può guadagnare di più.

La notizia, in effetti, sarebbe potuta passare quasi in sordina, se non fosse arrivata in un delicatissimo momento per il Paese, che vive una situazione di estrema incertezza, perché provvedimenti (spesso solo promesse) vengono pubblicizzati mentre mancano le relative risorse, almeno in questa fase.
Ma, mentre la maggioranza degli italiani è costretta a tirare la cinghia o, quanto meno, a rivedere i progetti personali e delle famiglie per problemi economici, non è certo bello leggere che per qualcuno i cordoni della borsa si apriranno molto, e in ogni caso stiamo parlando di chi, sino a ieri, percepiva 240 mila euro all'anno che, sebbene al lordo, non è che siano da buttare.

E' questo il classico esempio di come la predicazione di valori viene mandata a gambe all'aria da improvvide iniziative che sembrano ignorare brutalmente la condizione di un intero Paese. Che già, pochi giorni fa, aveva dovuto ascoltare un esponente del Pd dire che lo stipendio di un deputato non può essere definito ''d'oro'' trovandosi di poco sotto i cinquemila euro mensili. Che poi ci siano indennità e altri ammennicoli che quasi lo triplicano è stato quasi fatto passare in silenzio.
In ogni caso, quando la deroga, quasi nascosta tra le pieghe del decreto omnibus, è venuta fuori, le opposizioni sono insorte, sostenendo - non senza ragioni - che, mentre si eliminano o ridimensionano forme di aiuto agli indigenti e non si attuano misure concrete per alleviare i problemi di bilancio delle famiglie, c'è chi pensa a gratificare chi alla fine del mese ci arriva senza patemi d'animo.

Per tamponare l'onda di proteste, è arrivata una comunicazione informale (attribuita alle oramai celeberrime ''fonti'' ) della Stretto di Messina in cui si precisa che il decreto rimuoverebbe il tetto dei 240 mila euro solo per il il personale dipendente della Società. Ma il danno è stato fatto e le spiegazioni che non spiegano (perché mai il governo dovrebbe precedere una deroga solo per il personale di una specifica società ad esso legata e non a tutte le altre, impegnate anch'esse in progetti molto importanti?) serviranno solo a dare lavoro ai giornalisti.
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