In cauda venenum dicevano i latini. Il veleno è nella coda, cioè che non tutte le cose che cominciano bene, possono finire allo stesso modo.
E' quel che sta accadendo alla fine della prima stagione politica del governo, quella che, tradizionalmente, si conclude con l'inizio delle vacanze estive, brevi o meno che possano essere.
Quando per il governo tutto sembrava andare con il classico vento in poppa, ecco che qualche decisione (o non decisione) del governo ha offuscato la chiusura in bellezza delle porte del Parlamento, magari nella speranza che questo potesse determinare una tregua nelle vicende della politica.
Ed invece non è stato così, anzi, a dirla tutto, è stato l'esatto contrario.
Cronache dai Palazzi - Per il governo sarà comunque una lunga estate
Perché le ultime mosse del governo sono state foriere di ripercussioni che forse non ci si attendeva, a cominciare dalla decisione di tassare parte degli extraguadagni che le banche hanno messo a segno grazie alle scelte della Bce in materia di politica monetaria per combattere l'inflazione. Se questa misura nei mesi scorsi era stata sollecitata dalle opposizioni (Pd, 5S e Sinistra), il governo, che pure l'aveva presa in considerazione, sembrava averla accantonata. Quindi, quando nell'ultimo consiglio dei ministri l'ha adottata, la decisione ha mandato il tilt le banche e anche gli investitori, con una corsa alle vendite solo in parte riassorbita nei giorni che l'hanno seguita.
Fermo restando che il governo assume le decisioni che più gli sembrano a favore della collettività (e una tassa su chi ha più guadagnato sulla stretta al credito deciso dai santoni di Francoforte sembra rientrare in questa logica), le banche hanno lamentato che se la sono ritrovata tra capo e collo senza nemmeno un segnale, né tanto meno un confronto sull'argomento. Mugugni e musi lunghi che non hanno spostato di molto la decisione del governo sull'asse Meloni-Salvini, se non con qualche aggiustamento, fisiologico in casi del genere.
Poi c'è stata la norma che cerca di mettere un freno all'aumento, quasi ormai fuori controllo, dei prezzi dei biglietti aerei, guarda caso con l'arrivo dell'estate e, ancora guarda caso, quando il numero di chi viaggia aumenta in modo esponenziale. Se è chiaro che, in un regime di libero mercato, imporre dei vincoli ai prezzi è una contraddizione in termini, allo stesso modo non si può certo censurare il governo se ha cercato di mettere un freno ad aumenti che hanno toccato vette impensabili, ma soprattutto insostenibili per chi deve o vuole viaggiare.
Le tariffe modificate in tempo reale sono diventate una specie di nodo scorso che, se cerchi di allontanarti, finisce per strozzarti. Che in questo caso significa pagare molto, se non addirittura moltissimo, pur di riuscire a partire.
La reazione furibonda delle compagnie (a cominciare da Ryanair, cui evidentemente il fatto di detenere la porzione maggiore del mercato italiano fa pensare di potere dettare regole e quindi minacciare) era da mettere in conto. Meno quella dell'Ue, che ha chiesto chiarimenti, evidentemente nel timore che le scelte dell'esecutivo intacchino il libero mercato. Che però, per strano che possa essere, visto l'aggettivo ''libero'', ha delle regole, a cominciare da quella elementare di rispettare il cliente. Che, spennato quando c'è da pagare un biglietto, tanto rispetto non è che lo veda. Ora, quindi, quando la valigia delle vacanze era già davanti alla porta, il governo si trova in un clima che certo non voleva, anche se poteva intuire che si determinasse. Con tutte le conseguenza che questa situazione si porta dietro. Nella speranza che le 'feriae Augusti' portino ad una tregua.