G20: accordo su tassa minima per le multinazionali ma accordi sul clima ancora troppo vaghi

- di: Gregorio Staglianò
 
Si è concluso il vertice dei Capi di Stato e di governo del G20, tenutosi sabato 30 e domenica 31 ottobre 2021 al "Roma Convention Center - La Nuvola" nel quartiere romano dell’EUR. Il summit giunge al culmine di intensi incontri preparatori e lunghe trattative, per trovare un accordo comune sui numerosi dossier presenti sul tavolo dei leader mondiali: dalla distribuzione dei vaccini alla ripresa economica, dal cambiamento climatico alla riduzione delle diseguaglianze.

Si è concluso il G20 di Roma

Fissati innanzitutto gli obiettivi sul fronte della lotta contro la pandemia: vaccinare almeno il 40% della popolazione in tutti i Paesi entro la fine del 2021 e il 70% entro la metà del 2022. Rimangono fuori dal documento finale però il tema della sospensione dei brevetti e della proprietà intellettuale, due dei punti sui quali gli occhi del mondo e della stampa erano puntati.

Dopo anni di trattative i leader del G20 hanno ratificato all’unanimità il varo di una tassa minima globale del 15% sugli utili delle multinazionali. È il tentativo, questo, di porre un argine allo strapotere delle big corp – soprattutto i colossi del web - evitando che queste spostino le proprie sedi fiscali nei Paesi dove i trattamenti sono più favorevoli che in altri. Secondo le stime dell’OCSE, la misura potrebbe generare introiti per 125 miliardi di dollari a tutti i Paesi del mondo complessivamente. L’accordo sulle multinazionali raggiunto a Roma poggia su due pilastri: il primo prevede che le aziende con entrate per oltre 20 miliardi di euro possano essere tassate anche nei Paesi dove avvengono i consumi; il secondo prevede che i Paesi che ospitano il quartier generale delle multinazionali possano imporre una tassa minima di almeno il 15% in ciascuna delle nazioni in cui operano. Ora, per diventare operativa, la "minimum tax" dovrà tradursi in leggi nei Paesi aderenti all’accordo, e l’obiettivo è quello di implementarla entro il 2023.

Stati Uniti e Unione Europea hanno annunciato poi che a partire da dicembre sospenderanno il reciproco sistema di dazi sull’acciaio e l’alluminio. "Europa e Stati Uniti sono e saranno buoni amici e continueranno a collaborare. Oggi USA e UE stanno inaugurando una nuova era di cooperazione transatlantica di cui beneficeranno tutti i nostri cittadini", ha affermato il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden in una conferenza stampa con la presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen.

Il nodo centrale della lotta al cambiamento climatico era quello da sciogliere. I Paesi del G20 si sono impegnati solennemente a raggiungere "l'obiettivo ambizioso di piantare mille miliardi di alberi, concentrandoci sugli ecosistemi più degradati del pianeta" entro il 2030. L’obiettivo di riduzione delle emissioni però non si assesta sul 2050 ma su un vago riferimento alla "metà del secolo": una soluzione di compromesso rispetto a quella, peggiorativa, del 2060. Pesano, nella dichiarazione finale, le posizioni dei Paesi più recalcitranti a impegnarsi concretamente, come quelle di Cina e India. I leader hanno concordato sulla necessità di raggiungere gli obiettivi dell’accordo di Parigi ma nel documento finale – troppo vago su questo aspetto – mancano le risposte immediate da intraprendere e una roadmap precisa su come correre ai ripari nei confronti della vera sfida del nostro tempo. Il G20 dunque ha confermato l’impegno di limitare il global warming a 1.5 gradi ma non ha indicato i mezzi e gli strumenti immediati per l’azione. Nessun programma specifico per la riduzione delle emissioni di CO2, nessuna data di "scadenza", nessun meccanismo di controllo per gli Stati che non si impegnano a contenere l’aumento della temperatura. Secondo la Fondazione Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC), nei prossimi 80 anni, le temperature medie aumenteranno di circa 4 gradi.

"Molti dicono che sono stanchi del bla bla bla, io credo che questo summit sia stato pieno di sostanza"
ha annunciato nella conferenza stampa finale il premier Mario Draghi, rivendicando il successo del summit di Roma: "Sul clima per la prima volta i Paesi G20 si sono impegnati a mantenere a portata di mano l'obiettivo di contenere il surriscaldamento sotto i 1,5 gradi con azioni immediate e impegni a medio termine. Anche sul carbone i finanziamenti pubblici non andranno oltre la fine di quest'anno". "Il senso di urgenza c'è ed è stato condiviso da tutti e si vede nel fatto che l'obiettivo dell'1.5 gradi è stato riconosciuto come scientificamente valido. C'è stato anche un impegno a non intraprendere politiche di emissioni che vadano contro il trend che tutti si sono impegnati ad osservare fino al 2030. Si può pensare che questo impegno venga mantenuto. Dopo Parigi le emissioni sono aumentate, soprattutto dopo il COVID. C'è una certa preoccupazione e occorre ora dimostrare credibilità attuando le promesse fatte".

L’ultima possibilità concreta di realizzare gli obiettivi dell’Accordo di Parigi passa ora alla COP26, la Conferenza delle Parti sul cambiamento climatico cominciata in concomitanza con la chiusura del G20 a Glasgow. La strada però sembra fin da subito in salita perché alcuni attori chiave come la Cina, la Russia e il Brasile hanno deciso di non partecipare al summit.
Il Magazine
Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
Iscriviti alla Newsletter
 
Tutti gli Articoli
Cerca gli articoli nel sito:
 
 
Vedi tutti gli articoli